"In ginocchio fin da piccoli: l’infanzia piegata sull’altare del dogma"

 


"L'infanzia è il suolo sul quale cammineremo per tutta la vita." - Lya Luft

Milano – Una moschea di periferia, un giorno qualunque, una scena che scuote le coscienze. Decine di bambini, anche molto piccoli, inginocchiati, schiene dritte, fronti che toccano il tappeto. Un'immagine che avrebbe potuto passare inosservata, ma che, finita sui social, ha acceso un dibattito scomodo e necessario.

Per alcuni è normale educazione religiosa, per altri è un’allarmante forma di addestramento spirituale. Ma la verità non sta nelle reazioni sui social: sta negli occhi assenti dei bambini, nella ripetizione meccanica dei gesti, nella totale assenza di spontaneità. Non si percepisce gioia, né partecipazione autentica. Solo disciplina e silenzio.

È legittimo domandarsi cosa spinga adulti a imporre a bambini così piccoli rituali rigidi, posture fisiche di sottomissione, e parole che non possono comprendere. Non si tratta di trasmettere valori o identità: si tratta di piegare l’infanzia a una forma. Una forma che spegne il dubbio, che reprime l’istinto, che insegna la paura del dissenso sotto la maschera dell’obbedienza religiosa.

La religione, in una società democratica, dovrebbe essere una scelta. Ma questi bambini non scelgono. Non possono. Obbediscono. E lo fanno con il corpo, ancora prima che con la mente. Ogni prostrarsi, ogni inginocchiarsi diventa così un piccolo addestramento all'annullamento del sé. È l’avvio precoce di un percorso che insegna a sottomettersi senza discutere.

Il problema non è il gesto in sé, ma il contesto in cui avviene. Un bambino inginocchiato per gioco non desta allarmi. Un bambino inginocchiato in un contesto religioso rigido, osservato da adulti, costretto a ripetere gesti e parole che non capisce, invece sì. Perché quello non è gioco. È imprinting.

Il principio di laicità dello Stato non riguarda solo la separazione tra Chiesa e istituzioni: riguarda anche il diritto dell’individuo — e dunque del bambino — a non essere immerso in una dottrina prima ancora di avere gli strumenti per comprenderla, valutarla, accettarla o rifiutarla. Quando si educa alla fede, lo si deve fare con libertà. Ma qui non c’è libertà: c’è imposizione, automatismo, conformismo.

Le neuroscienze e la psicologia dell’età evolutiva ci dicono chiaramente quanto siano delicati i primi anni di vita. È in quegli anni che si forma l’identità, che si impara a distinguere il bene dal male, la realtà dalla finzione, il rispetto dalla paura. Inserire la religione in questa fase in modo rigido, dogmatico, significa lasciare cicatrici invisibili ma profonde. Cicatrici che si porteranno dietro per tutta la vita.

Non si tratta di demonizzare una fede specifica, ma di denunciare un metodo. Lo stesso metodo che, con altri simboli e altre parole, viene usato anche altrove, in altre religioni, in altri contesti. Il nodo è sempre lo stesso: il controllo del pensiero attraverso il corpo. L’educazione alla sottomissione attraverso la ritualità.

In una società che si dichiara libera, progressista, attenta ai diritti dell'infanzia, certe immagini non dovrebbero esistere. E invece esistono. E vengono anche difese, normalizzate, persino celebrate da chi confonde la trasmissione dei valori con l’addomesticamento precoce.

Ma un bambino ha diritto a esplorare, a correre, a disobbedire. Ha diritto al dubbio, al gioco, all'errore. Ha diritto a una spiritualità che non sia un copione imposto, ma una scoperta libera e consapevole. Insegnargli fin da piccolo che inginocchiarsi è giusto, che tacere è meglio, che obbedire è un dovere, non è educazione: è coercizione culturale.

L’infanzia è un terreno fertile. Se si semina paura, crescerà il silenzio. Se si semina obbedienza cieca, crescerà la dipendenza. E se si semina sottomissione, crescerà l’incapacità di scegliere.

La libertà di culto è un diritto. Ma non può mai valere più della libertà di un bambino a restare tale: libero, curioso, in piedi.

Chi piega un bambino oggi, domani troverà un adulto incapace di alzarsi.

Carlo Di Stanislao

Fattitaliani

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