“Vietato l’ingresso ai gatti”: Anna Bellini ci guida nella sua Venezia segreta

Non la Venezia da cartolina, ma quella delle calli nascoste, dei palazzi dimenticati, delle storie che si intrecciano dietro ogni portone socchiuso. Con Vietato l’ingresso ai gatti, Anna Bellini ci accompagna in una città sospesa tra realtà e immaginazione, dove ogni dettaglio diventa occasione di scoperta e ogni personaggio è una voce che reclama ascolto.

Nel cuore di questo racconto corale c’è Ca’ Saraghi, palazzo nobile e cadente, carico di mistero e memoria. Attorno a lui si muovono vite diverse, accomunate da fragilità e desideri, paure e speranze. E ci sono i gatti, presenze quasi magiche, catalizzatori di incontri e cambiamenti, creature silenziose che si insinuano nella quotidianità per scuoterla delicatamente.

Abbiamo intervistato Anna Bellini per esplorare insieme a lei le origini del romanzo, il legame profondo con Venezia e il significato di questa storia così ricca di sfumature e umanità.

 

“Vietato l’ingresso ai gatti” è ambientato in una Venezia surreale e viva. Da dove nasce l’idea di raccontare una storia così corale proprio in questa città?

L'idea di raccontare questa storia ambientandola a Venezia fa parte di un progetto iniziato con il precedente romanzo "Un Airone a Venezia".

La mia è un'idea "montessoriana". Far sì che il lettore leggendo il romanzo abbia la possibilità di imparare qualcosa o almeno sia colto dalla curiosità di andare a verificare sul posto se ciò che è scritto nel libro sia vero oppure no.

Purtroppo, la gente conosce poco Venezia e cerca sempre le stesse cose. Rialto, San Marco, il Ponte dei Sospiri.

Io uso Venezia come ambientazione per far conoscere tutto quello che c'è di "altro " in questa città. Dai monumenti, all'arte, alla storia.

I gatti diventano un elemento destabilizzante, ma anche catalizzatore di cambiamento. Che ruolo hanno per te, simbolicamente e narrativamente?

I gatti sono comparsi nel libro in maniera autonoma. Io avevo in mente una trama e loro ci si sono infilati dentro. In realtà sono un ottimo soggetto narrativo per fare interagire gli altri personaggi facendo intersecare le storie di coloro che abitano il vecchio palazzo. Sono impiccioni e magici quindi perfetti per l'atmosfera surreale che a tratti aleggia in quel luogo un po' strano.

Ca’ Saraghi è quasi un personaggio del libro: cosa ti ha ispirata nel creare questo vecchio palazzo in rovina?

Cà Saraghi è il vecchio palazzo veneziano nobile e in rovina per definizione. Io vado a Venezia molto spesso e amo girare la città che ormai conosco abbastanza bene: dalle calli ai campielli, passo i ponti, piglio un mezzo, navigo il Canal Grande e cerco pure di perdermi perché solo così scopro nuovi percorsi.

L'invenzione del palazzo è frutto di tutto quello che ho visto nei miei vari giri.

Il fatto di averlo collocato nei pressi di Ca' Dario, la Ca' maledetta per eccellenza, dove la leggenda vuole che i proprietari muoiano o finiscano in rovina, aggiunge un po' di noir che non guasta.

Il romanzo intreccia molte voci e storie: come hai lavorato sulla struttura narrativa per far emergere ogni personaggio senza perdere il filo principale?

Non è stato facile intrecciare le varie narrazioni ma volevo che tutti i personaggi avessero  spazio per la loro storia. Per questo alcuni parlano in prima persona mentre per altri ho introdotto alcune comprensibili frasi dialettali, perché impossibile farli parlare in lingua. Ammetto di aver vissuto la scrittura di questo romanzo come la stesura di un copione teatrale o di una sceneggiatura, influenzata dalla mia altra vita che spesso mi vede sul palcoscenico.

Venezia per una donna di teatro è difficilmente scindibile da Goldoni e alcuni dei caratteri dei miei personaggi fanno pensare alle sue commedie.

C’è un messaggio che speri arrivi al lettore al termine del romanzo?

Spero che il lettore, il giorno che andrà a Venezia, si renda conto della bellezza che lo circonda e vorrei anche che chi legge capisse che condividere paure e problemi con chi ci vive accanto è una ricchezza da non perdere. Cercare soluzioni e rimedi ai mali della vita insieme a chi fa la nostra stessa strada è una magnifica opportunità. Quindi vale sempre la pena uscire dai nostri personali isolamenti.


Fattitaliani

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