© Jean-Louis Fernandez |
All'Opéra National de Lorraine, L'Elisir d'Amore di Donizetti conquista il pubblico con una messa in scena vivace e curata, capace di valorizzare la leggerezza e l'umanità di questa amatissima partitura.
Il regista firma uno spettacolo di grande freschezza, puntando su un lavoro attoriale minuzioso: ogni interprete incarna il proprio personaggio con naturalezza, attraverso un uso calibrato delle espressioni e dei gesti. Le interazioni tra Adina, Nemorino, Belcore e Dulcamara sono costruite con intelligenza teatrale, alimentando un gioco scenico sempre chiaro e coinvolgente, che arricchisce la trama senza appesantirla. Fattitaliani ha intervistato il tenore sardo Matteo Desole, che veste i panni di Nemorino.
Che si prova ad interpretare un ruolo iconico come Nemorino? tieni presente interpretazioni del passato?
Nemorino è senza dubbio un ruolo che porta con sé un
importante fardello di responsabilità. Se da un lato sono più che entusiasta di
portare in scena questo spassosissimo personaggio, dall’altro non posso che affrontare
con il dovuto timore reverenziale alcune delle pagine globalmente più note dell’intero
repertorio operistico. Una furtiva lagrima, in particolare, è forse il
brano più famoso e delicato di tutta l’opera, puntualmente atteso dal pubblico
con grande aspettativa.
Ad ogni modo, per questo così come per altri ruoli, cerco di
non avere come riferimento specifiche interpretazioni del passato. Esse sono
fondamentali, soprattutto per entrare a pieno nella prassi esecutiva di stile,
fraseggio e tradizioni, ma ho come obiettivo quello di portare avanti una
visione scenica e musicale che sia allo stesso modo fedele alla partitura e
quanto più personale possibile. Tutto all’insegna del rispetto per i grandi del
passato, senza i quali non potremmo neanche sperare di proporre freschezza e
innovazione.
Hai già interpretato questo ruolo. In che cosa cambia l'approccio in una nuova produzione?
È appunto a mio avviso una solida visione personale ciò che permette di poter “saltare” da una produzione all’altra della stessa Opera: tempi di prova sempre più serrati e messe in scena sempre più concettualmente distanti tra loro richiedono a noi artisti di avere già chiaramente delineata la nostra idea di personaggio, in modo da poter plasmare, in sintonia con le idee di registi e direttori d’orchestra, la nostra interpretazione da un punto di partenza il più stabile possibile. Per cui direi che, di produzione in produzione, il mio approccio rimane lo stesso: un bel foglio di carta bianca, ma con già disegnato un ritratto del personaggio ben preciso, seppur a matita.
Come bilanci la vulnerabilità e la determinazione di Nemorino nella sua dichiarazione d'amore "Una furtiva lagrima"?
La chiave di quella che vuole essere la mia interpretazione
è una: la semplicità, in un contesto che è tutt’altro che semplice.
Nemorino, neo-arruolato, ubriaco e “assediato” poco
prima da donne e ragazze del villaggio, ha potuto dare importanza a una sola
cosa: alla sua Adina a un tratto dispiaciuta e triste di non essere
apparentemente più al centro del suo mondo. Da qui la furtiva lagrima di
cui ci parla Nemorino, che altro non è che la fortissima presa di coscienza di
un amore che non è più a senso unico ma che finalmente è corrisposto, un amore
così grande da far sì che non si possa chiedere niente di meglio dalla vita. E
ce lo racconta con poche parole, dette con un’ingenuità quasi infantile, con
cui fa vivere la grandezza dei suoi sentimenti.
È da queste riflessioni che parte il mio punto di vista, in questo caso fortunatamente condiviso a pieno dal regista David Lescot, in cui a fare da padrona della celebre romanza debba essere la potenza di emozioni pure e sincere. Come ottenerla? Dando spazio alla semplicità dei sentimenti, privandosi di sovrastrutture non necessarie di movimenti e atteggiamenti forzati, facendo parlare le emozioni e la musica.
Come avete lavorato con il regista per gestire la tensione tra la
comicità e la malinconia del personaggio?
L’idea del regista era quella di un Nemorino che non fosse
né stupido né una macchietta comica. Alla base delle emozioni del personaggio
doveva essere una sofferenza autentica per un amore non corrisposto. Potremmo
paragonarla ai patimenti amorosi adolescenziali, che per quanto a volte
immaturi non sono certo meno intensi.
La goffaggine e l’ingenuità da cui scaturiscono le
connotazioni comiche del personaggio risultano quindi valorizzate e rese più
efficaci da quanto il personaggio viva ciò che gli accade nella maniera più
seria possibile: lui soffre davvero dei rifiuti di Adina, crede davvero
nella magia dell’elisir, è davvero disposto a rischiare la vita
nell’esercito pur di avere una possibilità in più.
Una volta impostata questa chiave di lettura, le tensioni tra momenti comici e malinconici del personaggio vanno da sé e risultano automaticamente credibili, perché sincere e credibili vogliono essere tutte le emozioni da lui provate.
Conoscere i colleghi durante le prove quanto aiuta nell'interazione in
scena?
A meno che non si faccia parte di qualche ensemble stabile,
noi cantanti lirici siamo dei liberi professionisti, abituati ad andare in
scena spesso con perfetti sconosciuti.
È un grande vantaggio poter avere il giusto tempo da
dedicare alla costruzione di uno spettacolo, avere il modo di approfondire lo
sviluppo dei personaggi e le interazioni fra di essi, ed è uno dei modi
migliori per costruire il proprio bagaglio di esperienza professionale e
artistica da cui attingere di volta in volta.
Detto questo, fa parte del nostro mestiere saper usare quel
nostro bagaglio personale nella maniera adeguata. Ciò ci permette, e mi è
capitato più volte, di andare in scena con colleghi mai conosciuti prima, e
ciononostante di sentirsi nelle interazioni con loro anche più a proprio agio
che non con colleghi con cui si era provato per settimane.
Direi quindi che avere modo di conoscere i propri colleghi può essere arricchente e molto utile, ma non sempre fondamentale.
In che modo la tua esperienza personale influenza la tua interpretazione
di Nemorino?
Può sembrare strano, ma credo che influisca in modo
piuttosto marginale. Se posso trovare un punto di incontro tra me e il Nemorino
che porto in scena, potrebbe essere appunto la semplicità e l’onestà dei sentimenti,
mi ritengo un pessimo bugiardo. Per il resto è anzi stato a tratti difficile
per me rendere credibili certi atteggiamenti che mai nella vita assumerei, non
nascondo infatti di aver avuto dei piccoli momenti di crisi creativa durante le
prove.
Nemorino è davvero tanto diverso dal Matteo Desole della realtà, scettico, spesso taciturno e molto categorico nelle sue scelte. Credo che ciò che mi salva sia una forte immaginazione, che mi permette di immedesimarmi in azioni e comportamenti a me totalmente estranei, e con la fantasia dare vita ai personaggi che il pubblico vede in scena.
Come affronti la sfida di rendere credibile la trasformazione di Nemorino
da timido a sicuro di sé?
Qua entra senza dubbio in gioco la ricerca della sincerità
dei sentimenti di cui parlavo nelle domande precedenti, combinata appunto con
la necessaria immaginazione che permetta di entrare nei panni del personaggio. In
più, è necessario conoscere a priori tutto il percorso narrativo ed emotivo che
andrà ad affrontare, in modo da avere presente sia i momenti chiave che la
gradualità con cui la trasformazione può avvenire.
Come qualsiasi forma d’arte, perché magia, poesia e
sentimento emergano è necessario padroneggiare quegli strumenti tecnici che permettono
al personaggio di prendere vita. Come fa un artigiano in bottega.
Ad ogni modo, per quanto questo processo possa sembrare tecnico e calcolato, vi assicuro che è uno degli aspetti più interessanti e divertenti di questo mestiere.
Qual è l'elemento più importante della tua preparazione vocale e scenica
per interpretare Nemorino? Esiste un Elisir per questo? :)
L’Elisir è il duro e costante impegno. È mettersi
costantemente in discussione senza accontentarsi mai, cercare di offrire prima
di tutto a sé stessi un livello di qualità e profondità più alto possibile,
puntare a migliorarsi, sempre nei limiti del possibile, e non stancarsi mai di
esplorare territori sconosciuti e apparentemente troppo lontani. Questo per
questa Opera come per tutto nella vita, è un po’ un mio mantra.
Nemorino in particolare è un ruolo relativamente recente per me, l’ho debuttato nell’estate del 2023, per cui mi preparo a una nuova produzione de L’Elisir d’Amore sempre con rispetto e cautela. Sono solito affrontare un repertorio più lirico dal canto più intenso e spiegato, diciamo che mi ci vuole una attenta preparazione tecnica a priori per affrontare con naturalezza i passaggi più leggeri e belcantistici della partitura. Detto questo, è un ruolo in cui mi trovo molto a mio agio e che affronto con immenso piacere.
Chi è Matteo Desole quando sveste i panni di un
personaggio? Che cosa ama fare nel tempo libero?
Matteo Desole è un appassionato di musica rock, di
videogiochi e di bei film. Questa vita un po’ nomade mi ha permesso di capire
quanto sia importante viaggiare per capire meglio la nostra cultura e le altre
culture del mondo, è per me il modo migliore di crescere e arricchirsi. Adoro
leggere libri e fumetti, cibarmi in genere di arte di ogni tipo, ma anche
gastronomicamente parlando la curiosità non mi manca affatto!
Musicalmente nasco pianista e compositore. Ritrovarmi sul
palco come cantante lirico mi ha permesso di unire la musica con la mia
passione infantile per la recitazione, per cui ho sempre considerato l’Opera
come una delle esperienze artisticamente più complete che esistano.
Ho una passione smodata per le risate e le battute orribili,
e non disdegno le pennichelle pomeridiane. Soprattutto però mi piace avere del
tempo da dedicare agli affetti, alle amicizie quelle poche ma durature, alla
famiglia e al mare della mia bellissima Sardegna.