L’AMORE È COSTRUZIONE MA ANCHE RAZIONALITÀ: Intervista allo psicologo Federico Dibennardo

di Mariano Sabatini

Stiamo bene e decidiamo di incasinarci la vita con l’amore. Stiamo male e pensiamo di migliorarla con l’amore. Niente di più sbagliato. L’amore non può essere né peggiorativo né, obbligatoriamente, migliorativo della vita. E la verità è che nessuno sa bene cosa sia, questo sentimento irriducibile, misterioso, capriccioso. Ma più semplice, in realtà, di quanto potremo supporre. “L’amore è per pochi, tutto il resto è coppia” ha sintetizzato quella genia di Barbara Alberti, per anni curatrice della posta del cuore per un settimanale femminile. Lo psicologo formatore, esperto di benessere mentale e seguito influencer con 35mila follower su Instagram (@strizzacervelli), Federico Dibennardo ha scritto invece L’amore è una tragedia (Sperling & Kupfer), un titolo ironico ma anche realistico, che corrisponde a un bel viaggio nelle relazioni umane. L’ha scelto: “Perché nelle commedie i personaggi restano sempre uguali, mentre nelle tragedie evolvono, cambiano, si scontrano con sé stessi. L’amore è il sentimento che ci trasforma di più, quello che ci insegna chi siamo davvero, a volte nel modo più brutale possibile” afferma Dibennardo.

Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce, sosteneva Pascal. Eppure nel suo libro sembra che le scelte sentimentali possano, e forse debbano, essere anche razionali.

Dovremmo smettere di contrapporre sentimento e razionalità, come se fossero due entità separate. In realtà, ogni emozione ha una logica e ogni scelta razionale è guidata da ciò che sentiamo. Se comprendiamo le dinamiche affettive, capiamo anche molto di noi stessi.

Semplificando, potremmo dire che siamo tutti bravi nell’innamoramento ma ci perdiamo nel passaggio all’amore?

Sì, potrebbe essere così. Ci insegnano che l’amore è fuochi d’artificio, l’ebbrezza dell’inizio. Nessuno ci dice cosa fare quando il rumore svanisce, quando restano la realtà, la costruzione e la scelta quotidiana di esserci.

Un tempo si rimaneva insieme per necessità sociali e leggi restrittive. Oggi, invece, siamo "consumatori di cose veloci" e questo porta molta solitudine. Qual è il giusto compromesso?

La libertà non può essere un prezzo da pagare per la stabilità. Piuttosto, dovremmo imparare a vivere le relazioni con consapevolezza, scegliendole ogni giorno senza bisogno di catene, ma neanche di continue fughe. La vera sfida è stare, ma con libertà.

Tutti  in cerca di leggerezza e disimpegno sui social, le app di dating, supermarket degli incontri fugaci.

Il problema non è il desiderio di leggerezza, che anzi è legittimo, ma il fatto che spesso le persone non sanno nemmeno cosa vogliono davvero. C’è chi dice di volere una relazione stabile senza essere disposto a costruirla, e chi cerca leggerezza ma finisce per sentirsi perso. Il dating online ha amplificato l’illusione che ci siano infinite possibilità, ma è un inganno: l’abbondanza di scelta non significa qualità, e questo porta solo a maggiore insoddisfazione.

A fronte di questa leggerezza, si registra tanta insoddisfazione per i cosiddetti "casi umani". Ma con questo andazzo, ognuno sarà il caso umano di qualcun altro.

Sì, perché alla fine siamo tutti il caso umano di qualcuno. Non esistono persone perfette, solo persone con fragilità diverse che non sempre si incastrano. Il problema è che tendiamo a osservare gli altri con un giudizio spietato, piuttosto che chiederci cosa ci spinga ad attrarre sempre lo stesso tipo di relazioni. Nel libro cerco di spostare lo sguardo dall'esterno all’interno, perché etichettare gli altri è facile, ma guardarsi dentro è un lavoro ben più complesso.

Chi critica le coppie aperte o il poliamore sostiene che siano scelte facili, ma lei sottolinea come la monogamia sia solo una forma più legittimata socialmente. Esistono studi sulla tenuta delle relazioni non monogame?

Sì, ma sono studi recenti, perché per molto tempo la non-monogamia è stata così stigmatizzata da non essere nemmeno considerata un oggetto di ricerca. Quello che sappiamo oggi è che non esiste un modello unico: le relazioni monogame e non-monogame hanno sfide diverse, ma la solidità dipende più dalla comunicazione e dalla gestione delle emozioni che dalla struttura del rapporto. La monogamia non è l’unico modo per costruire un legame profondo, è solo il più socialmente accettato.

Invece di lavorare sull’attenuazione del desiderio, si cerca soddisfazione all’esterno. Non si rischia così di scindere affettività e sessualità?

La sessualità e l’affettività non sono sempre la stessa cosa, e il problema è che per anni abbiamo romantizzato il sesso come se dovesse necessariamente contenere un valore sentimentale. Per alcune persone è così, per altre no. Immaginare che il desiderio sia un nemico da combattere è un’idea che ha generato più danni che soluzioni: il punto non è negarlo, ma capire come lo viviamo e come incide sul nostro modo di stare in relazione.

La nostra capacità di amare si struttura fin dall’infanzia con l’attaccamento ai genitori. La psicoterapia può modificarlo o siamo condannati ai rapporti disastrosi?

La terapia non cancella il passato, ma ci aiuta a dargli un senso. Riconoscere i pattern che ripetiamo e collegarli alla nostra storia di attaccamento ci permette di fare scelte più consapevoli. Quindi sì, con un lavoro adeguato possiamo cambiare il nostro modo di relazionarci alle persone e ai nostri bisogni. Il punto non è diventare "perfetti", ma imparare a scegliere davvero per noi.

Anche la gelosia, scrive, dipende più dalla nostra insicurezza che dai comportamenti del partner. Come si gestisce, allora, un compagno infedele o una moglie troppo disinvolta?

La gelosia non si risolve controllando l’altro, perché il controllo non genera sicurezza, ma solo ansia e distanza. Se qualcuno tradisce i patti della relazione, la questione non è inseguire, spiare o restringere la libertà dell’altro, ma capire cosa è successo e cosa è sostenibile per entrambi. L’amore non è fatto di guardiani e prigionieri, ma di accordi chiari e rispetto reciproco. Se invece la gelosia diventa pervasiva e ci consuma, è qualcosa che riguarda noi: non si supera cercando continue rassicurazioni, ma comprendendo cosa la alimenta e imparando a gestirla.

In sostanza, l’amore non deve essere un completamento, ma l’incontro tra due individualità già complete. Giusto?

L’amore non deve colmare un vuoto. Può arricchirci, certo, ma non può essere la soluzione a un’identità fragile o incompleta. Due persone intere si scelgono con lucidità, non per bisogno, e questo cambia radicalmente il modo di vivere un rapporto. L’amore come “fusione” è un’idea poetica ma rischiosa: non siamo metà di nessuno, siamo interi, e possiamo decidere con chi camminare.

Mi consenta una provocazione: se amare è così faticoso, chi ce lo fa fare? Non è meglio viaggiare da soli con occasionali soste piacevoli?

L’amore è l’unico sentimento che non è mai cambiato dall’inizio della specie umana. Non si può scegliere di non amare, possiamo solo decidere come farlo. Possiamo costruire relazioni che ci arricchiscono o finire in dinamiche che ci consumano, ma la solitudine non è una fuga dall’amore, è solo un altro modo di stare al mondo. L’importante è scegliere con consapevolezza, senza farsi intrappolare da miti romantici o da paure di restare soli.

Fattitaliani

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