Venerdì 28 marzo 2025
alle ore 18, presso Palazzo dei Musei a Reggio Emilia, inaugura Acacia, un intervento
artistico di Marco Maria Zanin che intreccia arte
contemporanea, archeologia, antropologia e memoria personale. Il progetto,
realizzato dal Comune di Reggio Emilia - Musei Civici, sostenuto dal PAC2024
- Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale
Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, si sviluppa
all’interno del Museo Gaetano Chierici di Paletnologia, proponendo
un dialogo tra epoche diverse attraverso una metodologia che combina pratica
artistica e artigianale.
I Musei Civici di Reggio
Emilia, grazie alla lunga collaborazione con Italo Rota, si collocano come
esempio di sperimentazione e di riflessione sul ruolo e sul significato del
museo contemporaneo, in un processo che avvicina, attraverso allestimenti complessi
e stratificati, i linguaggi del passato e del presente per costruire un’idea di
futuro.
Il progetto nasce da una storia
personale dell’artista: la perdita della sorella gemella prima della nascita,
da lui chiamata, affettuosamente, Acacia. Attraverso un linguaggio visivo che
intreccia scultura, fotografia, ceramica, bronzo, vetro e tessitura, l’artista
costruisce un corredo funebre contemporaneo, in cui i manufatti si relazionano
con i reperti archeologici della collezione. Il progetto si fonda su un'idea di
passaggio e trasformazione, dove la memoria del corpo, le emozioni e il lutto
diventano materia viva, in grado di generare nuove possibilità di relazione con
il passato e con il futuro. La collezione si trasforma così in un archivio
dinamico, capace di stimolare connessioni inedite tra il pubblico e il
patrimonio, aprendo spazi di riflessione e nuove prospettive di
interpretazione.
La metodologia di lavoro di
Zanin è profondamente radicata nel rapporto tra arte e antropologia,
con un approccio che concepisce l’opera come un processo di risignificazione
della memoria collettiva e della tradizione attraverso la creazione artistica.
L’arte diventa un mezzo per attivare nuove letture del patrimonio culturale,
interrogando il passato e rielaborandolo nel presente. Acacia si
colloca così in uno spazio di tensione tra il personale e il collettivo, tra il
simbolico e il tangibile, esplorando la capacità trasformativa degli oggetti e
dei materiali.
La mostra si articola
attraverso elementi realizzati in collaborazione con artigiani
selezionati insieme alla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, istituzione
non-profit la cui missione è proprio la tutela dell’artigianato artistico,
partner culturale del progetto. La firma di ogni pezzo riporterà anche il
nome del maestro d’arte, riconoscendo così il contributo fondamentale degli
artigiani nella creazione delle opere e sottolineando il carattere corale del
processo artistico. Le sculture in ceramica, realizzate con
Antonino Negri (Lodi), riecheggiano le urne funerarie antiche e custodiscono le
memorie delle eredità invisibili. I manufatti in bronzo, frutto del
lavoro con Tuorlo (Padova), emergono come tracce di un’infanzia non vissuta,
evocando una memoria stratificata nel tempo. I tessuti, realizzati
su telai storici presso l’Atelier Giuditta Brozzetti (Perugia), raccontano una
storia mitica di separazione e ricerca, mentre le opere in vetro,
realizzate con Simone Crestani (Vicenza), si ispirano agli strumenti alchemici
della trasformazione, evocando un processo di sublimazione e rinascita.
La fotografia, infine, completa
il percorso espositivo con un racconto visivo che ripercorre il ciclo della
vita e della perdita, muovendosi tra ricerca scientifica, documentazione
antropologica e immaginario poetico.
Acacia si
inserisce nel più ampio dibattito sulla funzione del museo contemporaneo,
proponendo un modello di produzione artistica relazionale. Il
progetto si configura come un atto collettivo, in cui il museo si
trasforma in un luogo di sperimentazione e creazione condivisa. È
accompagnato da un ciclo di incontri interdisciplinari, che
coinvolgeranno studiosi e curatori, tra cui Anna Castelli, Alberto Cavalli,
Matteo Lucchetti, Sara Ricciardi, Marco Scotini, Andrea Staid per approfondire
il ruolo dell’arte nell’attivazione delle collezioni archeologiche, da
un catalogo bilingue che raccoglierà contributi critici e
immagini della mostra. Il progetto grafico di mostra e catalogo è a
cura di Giulia Boccarossa. Il video sul processo di realizzazione delle opere è
prodotto da Stefano Rizzato.
La mostra, curata da Irene
Biolchini, Alessandro Gazzotti e Giada Pellegrini, resterà
visibile fino al 27 luglio, trasformando il Museo Gaetano
Chierici di Paletnologia in uno spazio di sperimentazione e confronto,
in cui l’arte contemporanea si fa strumento di dialogo tra passato e presente,
memoria e creazione. Con Acacia, il museo diventa un luogo
di rielaborazione collettiva, capace di dare nuova vita al patrimonio e
nuove possibilità di lettura alla storia umana.
Marco Maria Zanin (Padova,
1983) è artista, ricercatore e attivista. Si laurea prima in Lettere Moderne e
poi in Relazioni Internazionali, attualmente è dottorando in Antropologia
presso ISCTE/NOVA di Lisbona con una tesi dal titolo Potenzialità nella
frontiera tra arte e artefatto. Sviluppa attività di ricerca sulle forme di
relazione tra l’essere umano e la terra, mettendo in luce, con un approccio
interculturale, pratiche e rituali utili a rinsaldare il legame tra i membri
della comunità umana e tra essi e il territorio, in una forma che metta al
centro la vita in tutte le sue forme. Tra le mostre personali recenti si
ricordano: Soil Kinships (2021) a cura di Matteo Lucchetti, presso la
Galleria Spazio Nuovo di Roma; Strati di tempo nella Chiesa di Sant’Agnese (2021)
presso la Casa dei Tre Oci, Venezia; Le Opere e i Giorni (2019) a
cura di Antonio Grulli, presso i Musei Civici di Bassano; As Obras e os
Dias (2017) a cura di Jacopo Crivelli Visconti, presso Pivô Arte e
Pesquisa di San Paolo; Dio è nei frammenti (2017) a cura di Daniele
De Luigi, presso la Galleria Civica di Modena; O Lado Direito do Avesso (2015)
a cura di Paulo Miyada, presso la Oficina Cultural Oswald de Andrade di San
Paolo. Sue opere sono contenute in Collezioni private e pubbliche tra cui MART,
Museo Morandi, Fondazione Modena Arti Visive, Fondazione Brodbeck, Fondazione
Alberto Peruzzo, MAM Rio de Janeiro, Salsali Museum Dubai.
Il Museo Gaetano
Chierici di Paletnologia, con sede presso il Palazzo dei Musei di Reggio
Emilia, rappresenta un raro esempio di museo ottocentesco rimasto intatto.
Ideata nel 1870 da Gaetano Chierici, pioniere della Paletnologia italiana, la
collezione offre un racconto cronologico della preistoria e dell’archeologia
reggiana, dal Paleolitico al Medioevo. Ordinata per cronologia, materia e
tecnica, riflette un approccio scientifico rigoroso, integrato da una visione
estetica e democratica che valorizza ogni reperto senza gerarchie. La disposizione
originaria, pensata per trasmettere una percezione corale del passato, si apre
al dialogo con culture di altre regioni italiane, rispecchiando gli ideali
risorgimentali di un’identità nazionale condivisa. L’eredità di Chierici
continua nei nuovi allestimenti curati da Italo Rota, dove gli oggetti
diventano strumenti di connessione tra memoria storica ed esperienza
contemporanea.
Marco Maria Zanin. ACACIA
A cura di: Irene
Biolchini, Alessandro Gazzotti e Giada Pellegrini
Date: 28
marzo-27 luglio 2025
Sede: Museo
Gaetano Chierici di Paletnologia | Palazzo dei Musei, via Lazzaro Spallanzani 1, Reggio Emilia
Progetto realizzato da: Comune
di Reggio Emilia - Musei Civici
Sostenuto da: PAC2024
- Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività
Contemporanea del Ministero della Cultura
In collaborazione con: Fondazione
Cologni dei Mestieri d’Arte
Progetto grafico: Giulia
Boccarossa
Video documentario: Stefano
Rizzato
Orario di apertura da settembre
a giugno: martedì, mercoledì e giovedì > 10-13; venerdì,
sabato, domenica e festivi > 10-18.
Orario di apertura luglio: martedì, giovedì, domenica e festivi
> 10-13; mercoledì, venerdì e sabato > 10-13.00 / 21-24.
Ingresso: gratuito
Sito web: www.musei.re.it