Foto Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala
Il 10, 14 e 16 febbraio il
Maestro milanese propone il capolavoro incompiuto del compositore
nel completamento di Deryck Cooke.
Lunedì 10, venerdì 14 e domenica 16 febbraio per la
Stagione Sinfonica del Teatro alla Scala Daniele
Gatti dirige la Sinfonia n° 10 di Gustav Mahler. La Sinfonia, lasciata
incompiuta dal compositore alla sua morte nel 1911, è presentata nel
completamento di Deryck Cooke. L’Andante-Adagio viene eseguito nella
versione originaria di Gustav Mahler.
Gatti, che è tornato nella buca scaligera per Falstaff di Giuseppe
Verdi (sette rappresentazioni dal 16 gennaio al 7 febbraio 2025) nella ripresa
dello storico allestimento del 1980 di Giorgio Strehler e Ezio Frigerio, è
impegnato in questi giorni anche a Dresda, dove è Direttore Stabile della
gloriosa Staatskapelle, per il Requiem di Verdi in memoria delle vittime
del bombardamento del 13 febbraio 1945.
La Sinfonia n° 10 non è mai stata eseguita alla Scala. Solo l’Adagio, di cui Mahler completò anche l’orchestrazione, è stato inserito ripetutamente nei programmi, a partire dagli impaginati di Giuseppe Sinopoli e includendo un concerto diretto da Daniel Barenboim con la Divan nel 2011 e un recital di Igor Levit che nel 2023 ne ha eseguito una trascrizione pianistica. Lo stesso Gatti aveva eseguito Andante e Adagio nel 2023 con la Gustav Mahler Jugendorchester. A Milano l’Orchestra Verdi, ora Sinfonica di Milano, ha spesso eseguito il completamento di Rudolf Baršaj e una sola volta, nel 2011, quella di Cooke con Junichi Hirokami.
Di seguito la presentazione della Sinfonia curata da Luca Ciammarughi per il numero di febbraio de “La Scala - Rivista del Teatro”.
L’incompiuta
Sinfonia n.10 di Gustav Mahler è stata oggetto di ampi dibattiti relativi alla
liceità o meno di un completamento. Fra le posizioni più intransigenti nella
difesa di un manoscritto da preservarsi nel suo stato originale e intoccabile,
ci fu quella del grande direttore d’orchestra mahleriano Bruno Walter, che fece
pressione su Alma Mahler per convincerla a non accettare un intervento spurio.
Già dagli anni Venti, però, qualche ritocco era stato fatto: quando Ernst
Krĕnek preparò l’edizione in facsimile dell’Andante-Adagio
iniziale e del terzo movimento Purgatorio,
eseguiti a Vienna il 14 ottobre 1924 sotto la direzione di Franz Schalk, alla trascrizione
del manoscritto a opera di Krĕnek misero mano, per le aggiunte, lo stesso
Schalk e Zemlinsky, dopo che Walter aveva rifiutato di occuparsene (e infatti, a
differenza di quanto avvenuto per Das
Lied von der Erde e la Nona, anch’esse eseguite postume, non diresse la Decima). Lunga è
comunque la lista dei nomi illustri che declinarono l’invito a preparare
un’edizione ricostruita: innanzitutto Schönberg, a cui Alma aveva mostrato
l’intero manoscritto nel 1949, e Šostakovič, che rifiutò un invito al
completamento da parte dello studioso Jack Diether. Ad accettare l’incarico fu
finalmente nel 1959 il musicologo inglese Deryck Cooke, a cui dobbiamo il
completamento più plausibile, quello proposto nella Stagione Sinfonica
scaligera il 10, 14 e 16 febbraio con Daniele Gatti sul podio della Filarmonica
della Scala. Lo storico e musicologo Gastón Fournier-Facio, curatore nel 150°
anniversario della nascita del volume Gustav
Mahler. Il mio tempo verrà (Il Saggiatore) e
del più recente Tutto Mahler. La vita e le opere
raccontate dai grandi esperti italiani (Zecchini),
ci aiuta a comprendere il senso e il valore dell’operazione di Cooke: “Performing Version è,
significativamente, il sottotitolo che Cooke pone nella copertina della sua
versione. Egli afferma con chiarezza che si tratta di una ‘versione per
l’esecuzione’, il cui scopo è quello di far ascoltare questo lavoro incompiuto
mahleriano nella versione più completa e attendibile possibile. Chiaramente,
per arrivare a una versione integrale della Sinfonia, Cooke è dovuto
intervenire sull’orchestrazione, le dinamiche, i fraseggi, oltre ad aver dovuto
completare alcune parti mancanti.
Ma
l’attendibilità è legata allo studio profondo che il musicologo ha fatto prima
di giungere alla versione definitiva di questo completamento: si tratta di un
processo che parte dal 1959 e arriva fino alla grande edizione della partitura
uscita nel 1976, anno della morte di Cooke”.
Il
completamento della Decima di Mahler creò un vero e proprio “caso”: i contrari, basandosi
sul veto di Walter e sul fatto che ne Schönberg ne Berg ne Webern ammisero mai
la possibilità di completare gli abbozzi mahleriani, facevano capo a Erwin Ratz; tra i favorevoli,
il grande musicologo mahleriano francese Henry-Louis de La Grange e altri
studiosi concordi nell’affermare che grazie al lavoro di Cooke il pubblico ha
avuto la fortuna di poter udire la Decima
come suono nella sua integrità, nella
versione più verosimile che fosse dato di realizzare. Cooke si difese
affermando che l’intero manoscritto è eseguibile al pianoforte - e, come
ricorda Quirino Principe nella sua monografia su Mahler, “pare infatti che
Gustav lo abbia suonato una volta ad Alma, da cima a fondo”. La questione, ci
racconta Fournier-Facio, “è scegliere se privarsi del tutto di questa
possibilità di ascolto o prendere atto che il completamento è necessario per
ascoltare quello che è in ogni caso un unico grande sketch della Decima”. La prima
esecuzione di una ricostruzione ancora incompleta, a carico il 19 dicembre 1960
della Philharmonia Orchestra di Londra diretta da Berthold Goldschmidt, che
aveva collaborato strettamente con Cooke e un’equipe di musicologi, fu
presentata da Cooke come “conferenza con esempi musicali”. Grazie alla
mediazione di Alma Mahler e di Henry-Louis de La Grange, Cooke poté vedere
altre 44 pagine di manoscritto fino a quel momento ignote, che confluirono
nell’esecuzione della London Symphony del 13 agosto 1964.
Un’ulteriore
revisione fu eseguita il 15 ottobre 1972 dalla New Philharmonia diretta da Wyn
Morris. La versione definitiva della ricostruzione, afferma Fournier-Facio, “lascia
comunque aperta l’ipotesi che Mahler avrebbe potuto cambiare qualcosa anche
nell’ordine dei movimenti”.
Le
prime tre cartelle sono numerate (1, 2, 3), la quarta è senza titolo e
sull’ultima sta scritto “Finale”: se l’ordine appare chiaro, bisogna fare i
conti con i possibili ripensamenti di Mahler, evidenti da un manoscritto in cui
la quarta cartella vede sovrapposti un IV su III e l’ultima reca un V a matita
blu sovrapposto a un IV a penna.
Inoltre,
Mahler scrisse “Finale” anche sulla seconda cartella, dimenticandosi
probabilmente di cancellarlo. Al di là dell’ordine dei movimenti, il problema
principale rimane l’orchestrazione, che in Mahler è determinante: se l’Adagio appare completo,
lo Scherzo della seconda cartella presenta un’orchestrazione abbozzata solo
per archi (talora solo i primi violini) e ottoni, il Purgatorio della
terza cartella è orchestrato solo per le prime trenta misure (ma presenta
successivamente molte indicazioni per la strumentazione), la cartella senza
titolo e insufficiente nella sezione centrale e la cartella indicata Finale presenta poche
indicazioni sulla futura orchestrazione.
Per quanto riguarda le indicazioni di tempo, i segni d’espressione, di
dinamica e le legature, perfino l’Adagio
introduttivo ne difetta. “Sappiamo -
chiosa Fournier - quanto per Mahler queste indicazioni fossero importanti, ma
siamo anche coscienti della particolare devozione con cui Cooke e la sua equipe
hanno svolto il loro lavoro”. Del resto, se la Decima appare come un
“non ancora”, il musicologo Ernesto Napolitano sottolinea nel suo recente Forme dell’addio. L’ultimo Gustav Mahler (EDT) che questa Sinfonia incompiuta condivide un destino con il Canto della terra e la Nona, ovvero il fatto
che mancano soprattutto “le correzioni che Mahler era solito apportare,
insistenti e a volte non meno che ossessive, dopo le esecuzioni”. Se è vero,
dunque, che la Nona e il Canto della terra sono opere complete, il fatto che non siano state eseguite mentre
il compositore era ancora in vita allarga la questione del “rispetto della
volontà definitiva dell’autore” anche a queste opere.
Come
ci ricorda ancora Fournier-Facio, Boulez affermava che “la Dixieme de
Mahler n’existe pas” (“la Decima di Mahler non esiste”). L’affermazione è vera se si adotta un
punto di vista di estremo (e forse eccessivo) purismo. Più pragmaticamente,
possiamo dire che essa esiste in una forma che è completa a livello di
concezione globale e che è incompleta nei dettagli. La domanda cruciale è pero
un’altra: quest’opera, in cui Cooke legge complessivamente un ritorno alla vita
e all’amore rispetto al pervasivo clima di morte della Nona, è incompiuta -
si chiede Napolitano - “per una morte temuta ma in fondo inaspettata” oppure
porta con sé “lo stigma del frammentario”, ovvero l’incompiutezza come frutto
di una volontà dell’autore? Questo non lo sapremo mai.