Nonostante alcuni passi avanti rispetto al passato, le giornaliste continuano a scontrarsi con scogli che caratterizzano pressoché ogni salotto, programma o giornale: la mancanza di ruoli apicali (sono rarissimi i casi) e il paternalismo che le relega a spalla della controparte maschile. Spesso nel giornalismo la professionalità femminile viene sminuita (e la retribuzione è inferiore).
Non a caso la maggior parte delle telecronache sono maschili e, quando la partita finisce e arriva il momento del commento tecnico, in studio si vedono solo – o per lo più – uomini. Esistono ovviamente delle eccezioni meritevoli, certo. Ma solo quando il caso non sarà più un’eccezione potremo smettere di discutere di maschilismo. Basta parlare di “quote rose” che sono un punto di sconfitta, non di arrivo. La disparità di genere all’interno delle redazioni – siano esse televisive, giornalistiche, o radiofoniche – è purtroppo un problema ancora di grande rilevanza.Valentina Cristiani, giornalista pubblicista bolognese, genovese di adozione, classe 1981. Ha due amori martellanti che formano un’unica colonna sonora: le parole e lo sport. Scrivere è parte del suo DNA fin dalla tenera età. Ama fotografare con la penna le emozioni che colorano lo sport. Lavora per la Federvela, è Responsabile di un portale calcistico, scrive articoli di giornale per quotidiani, ha lavorato come redattrice, conduttrice e opinionista in TV e in Radio. Questa è la sua terza fatica letteraria, dopo Calciatori? No, grazie! e Goal a 4 zampe, presentati a La vita in diretta, La Domenica Sportiva, TG3, 7Gold, Sportitalia, Rai Radio1 e con interviste dedicate sui settimanali GENTE e VISTO.
È difficile capire come si diventi giornalista. I sogni da bambino di norma sono il medico, l'astronauta, una professione che abbia anche solo vagamente quel sapore speciale che solo un atto eroico può avere. Io no. Sono sempre stata un po' fuori dal coro. Da sempre avrei voluto essere una persona che bramava per raccontare il mondo che la circondava. Quando ero al liceo le mie amiche andavano in discoteca, io se ci andavo mi addormentavo sul divanetto o scappavo a mezzanotte, nemmeno fossi cenerentola, con un solo pensiero: pensando di arrivare puntuale la mattina successiva su quel piccolo campetto della periferia romana per poter scrivere di calcio sul giornale locale. Qualche anno dopo ho scelto giurisprudenza ma dentro di me sapevo che il giornalismo, il calcio, sarebbero state le mie strade, senza alcun dubbio. E dai campetti sono passata a Roma Channel, un primo grande successo, una luce per una ragazza come me che amava il calcio grazie al nonno o al papà ma che sapeva che nessuno, allora, avrebbe pienamente compreso il suo percorso. Fare l'avvocato sarebbe sicuramente stato meglio per tutti. L'aspetto estetico mi ha aiutata, sarei ipocrita a dire il contrario in un panorama televisivo, e io ipocrita non lo sono affatto. Ma è un qualcosa che non ho mai utilizzato come arma anche perché, se devo fare una confessione, tutt'ora quando mi dicono quanto sei bella, io qualche dubbio ce l'ho. Ma alla fine sono donna, si sa, non siamo quasi mai soddisfatte di noi. La determinazione invece è stata la mia chiave. Crederci sempre contro tutto e tutti, spesso purtroppo anche contro tutte. Già le colleghe. Se fossimo veramente amiche forse qualcosa potrebbe cambiare ma, essere donna nel mondo del giornalismo di oggi, non è semplice. Non perché sia un ambiente maschilista ma perché la competizione spesso nasce proprio tra donne e diventa un boomerang. Avete mai visto una conduttrice sportiva over sessanta, Paola Ferrari è forse l'unica eccezione, essere ancora in onda su un tg sportivo o in una trasmissione di calcio? Persino una fuoriclasse come Ilaria D'Amico oggi non è sul piccolo schermo. Ma nessuna di noi si scandalizza, anzi. Alla fine le citiamo come miti ma per carità, perché preoccuparci che i nostri miti mediamente a 45 anni vengano tolte dallo schermo. Io sono molto più amica di uomini proprio per questo, perché trovo tanta ipocrisia nel giudizio ma nessuna voglia di cambiare le cose. Va tutto bene ed è giusto così, purché noi possiamo avere il nostro piccolo spazio dopo di loro, i nostri miti. Il mio punto più alto è stato a Mediaset nel 2018, un'esperienza incredibile, un qualcosa per la quale posso solo ringraziare Mediaset. Milioni di telespettatori, una vetrina che nessuna donna nello sport ha mai avuto nella tv in chiaro. E gli effetti si sono visti. Colleghe che al trucco e parrucco dicevano chissà quella che combina per essere lì, chissà a chi l'ha d…a. Sì ci siamo tristemente capite, perché quello alla fine è sempre il tema. Mai un complimento femminile tranne qualche rara eccezione. Come è successo con Valentina, per la quale scrivo con il cuore sperando di esserne all'altezza di questa prefazione. Una cosa, proprio per lei, vorrei dirla. La determinazione è l'unica chiave, gli altri riconoscono la bravura e magari la bellezza. Ma solo noi siamo in grado di lottare davvero per un obiettivo che possa essere il più meritocratico e rispettabile possibile. Quanto rispettabile noi lo sappiamo bene, per il resto tappiamoci le orecchie. La vera vittoria sarà quando questo verrà riconosciuto con tutta l'onestà che merita. Si può cadere e non solo dai tacchi a spillo, ma ci si deve rialzare. Perché abbiamo scelto che la nostra vita è raccontare il calcio. Un mondo nel quale, se anche si perde brucia ma, domani, si può comunque arrivare ad essere campioni proprio come nella vita.
Valentina Cristiani Non chiamateci quote rosa ISBN 9791255231684 Formato 14 x 21 cm Prezzo 16,00 Pubblicazione 8/12/2024 Disponibile online e prenotabile in libreria