Due tra i maggiori musei italiani: Mart e Fondazione Luigi Rovati
Tre storiche dell’arte: Lucia Mannini, Università di Firenze,
Presidente Museo Stibbert, Anna Mazzanti, Politecnico di Milano, Alessandra
Tiddia, Mart di Rovereto
Un etruscologo: Giulio Paolucci, Fondazione Luigi Rovati, direttore
Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona
Due mostre in due città: dal 7 dicembre al 16 marzo Rovereto, dal 2 aprile al 3 agosto a Milano.
Oltre 200 opere esposte: un dialogo tra grandi capolavori dell’arte moderna e reperti archeologici a cui si aggiungono decine di documenti, libri, fotografie, riviste.
Il metodo: i confronti in mostra non si limitano agli aspetti stilistici o alle
somiglianze, al contrario sono basati su documenti e dichiarazioni degli
artisti stessi che furono influenzati, parteciparono a “tour etruschi”,
visitarono musei e zone archeologiche, scrissero, studiarono o si dedicarono
alle “etruscherie”.
Se tra gli artisti del primo Novecento sono numerosi i rimandi al mondo “classico”, greco o romano, gli Etruschi ispirano coloro che prediligevano una posizione artistica “anti-classica”, alla ricerca di un linguaggio espressivo differente, originale.
Al Mart Etruschi del Novecento si inserisce nel filone di progetti che confrontano e propongono dialoghi tra periodi storici differenti. La mostra inoltre conferma la mission stessa del museo che tutela, studia e valorizza un patrimonio di opere e materiali d’archivio che guarda con particolare attenzione alle vicende dell’arte italiana nel XX secolo.
Alla Fondazione Luigi Rovati Etruschi del Novecento conferma l’identità e l’eclettismo della Fondazione che incrocia le epoche storiche e le categorie artistiche, partendo dal nucleo originario della collezione etrusca per arrivare ad opere commissionate ad artisti viventi
Il progetto espositivo
Etruschi del Novecento racconta di come la civiltà etrusca abbia influenzato, a più riprese, la cultura visiva del secolo breve: a partire dai ritrovamenti archeologici e dai tour etruschi, organizzati a cavallo tra il XIX e il XX secolo, fino alla Chimera di Mario Schifano, eseguita durante una performance a Firenze nel 1985, in occasione dell’inaugurazione del cosiddetto anno degli etruschi
L’eco di scoperte sensazionali come quella dell’Apollo di Veio (del
IV secolo a.C. la scultura in terracotta dipinta, alta quasi due metri, fu
ritrovata nel 1916 ed è oggi conservata al Museo di Villa Giulia a Roma) portò
alla diffusione di numerosi studi e pubblicazioni e alla ripresa di stili,
forme, temi, materiali.
Il sorriso arcaico, gli animali
fantastici, la vita e la morte, il culto del popolo misterioso ammaliarono i moderni,
affascinati dallo stile denso, sintetico, sincero, “primitivo”.
Tra gli altri, contribuì al “mito etrusco” l’intellettuale di riferimento del primo Novecento, Gabriele d’Annunzio. Negli anni dei suoi viaggi a Volterra, dove ambientò il suo romanzo Forse che si, forse che no, d’Annunzio lavorò all’opera drammaturgica La città morta che andò in scena a Parigi (1898) e a Milano (1901) con l’interpretazione di Eleonora Duse. Nel generale clima di interesse verso l’archeologia e gli scavi, il Vate mise in scena una tragedia ambientata in un tempo sospeso, nel mondo delle ombre, nel quale i protagonisti si muovono tra un repertorio indistinto di copie di opere archeologiche.
Oggi Mart e Fondazione Luigi Rovati offrono per la prima volta una visione complessiva del vasto e articolato fenomeno che fu la riscoperta della civiltà etrusca nel secolo scorso, attraverso un progetto in due tappe diverse e complementari, da inizio dicembre ’24 a inizio agosto ’25, a cura di un unico team curatoriale.
Nelle due mostre l’arte visiva dialoga con
le arti applicate e grafiche: dalla pittura all’arte orafa, passando per la statuaria
e documentando il ritorno di forme, di tecniche e di materiali come la
terracotta dipinta, i metalli, la pittura parietale e vascolare, il bucchero (la
tradizionale ceramica nera utilizzata dagli Etruschi per realizzare vasi).
I confronti tra antichi e moderni vengono approfonditi in maniera puntuale grazie a riproduzioni fotografiche, pubblicazioni e una preziosa selezione di straordinari pezzi archeologici.
Commenta Vittorio Sgarbi, Presidente del Mart: Tutto il Novecento è percorso da una “febbre etrusca” che va da Martini a Serafini e che indica un percorso non classico, ma espressionistico, deformante dell’arte del Novecento, una vera e propria estetica della deformazione senza tempo.
Commenta Giovanna Forlanelli, Presidente della Fondazione Luigi Rovati: Abbiamo accettato con entusiasmo questa collaborazione con il Mart che consolida la nostra costante ricerca di dialoghi fra il mondo etrusco e gli artisti che nel tempo ad essa si sono ispirati.
Il catalogo
Etruschi del Novecento è anche un catalogo, pubblicato da Johan & Levi Editore contenente i saggi delle curatrici e del curatore e testi di esimi studiosi e studiose come Matteo Ballarin, Fabio Belloni, Martina Corgnati, Alessandro Del Puppo, Maurizio Harari, Claudio Giorgione, Mauro Pratesi, Nico Stringa.
La mostra si avvale dalla collaborazione del FAI con Villa Necchi Campiglio e del Museo del Novecento che arricchiscono il percorso di mostra con L’amante morta di Arturo Martini e il Popolo di Marino Marini, per ragioni conservative non sono esposti nelle sedi della mostra ma sono inseriti nel progetto e nel catalogo.
La prima tappa
Mart Rovereto, 7 dicembre 2024 − 16 marzo 2024
La mostra si snoda lungo un percorso tematico costituito grazie a prestiti
provenienti da prestigiose collezioni pubbliche, come la Galleria Nazionale di
Roma, Ca’ Pesaro, la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, lo Stedelijk
Museum di Amsterdam e il Musée Picasso di Parigi, e da i più importanti musei
archeologici: il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, il Museo Archeologico
Nazionale di Firenze, l’Accademia Etrusca di Cortona, il Museo Archeologico
Nazionale di Arezzo, il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, il Parco
Archeologico di Cerveteri e Tarquinia e il Museo Civico Archeologico di
Bologna.
In mostra anche opere appartenenti ai patrimoni degli
organizzatori del progetto, il Mart e la Fondazione Luigi Rovati.
A questi si aggiungono opere provenienti da collezioni private e fondazioni.
Il display allestitivo, coinvolgente e scenografico, è di Officina delle idee, Torino.
Convivono insieme a reperti archeologici e preziosi documenti quasi 200 opere, tra cui si segnalano quelle di Massimo Campigli, Marino Marini, Arturo Martini, Alberto e Diego Giacometti, Pablo Picasso, Michelangelo Pistoletto, Gio Ponti, Mario Schifano, Gino Severini.
La seconda tappa
Fondazione Luigi Rovati Milano, 2 aprile 2025 − 3 agosto 2025
Nel Museo d’arte la mostra si sviluppa in entrambi i piani espositivi: accanto
alla collezione permanente, i capolavori esposti seguono il percorso tematico
della prima tappa al Mart, con la scelta a Milano di proporre solo artisti
italiani.
Con l’occasione vengono esposte alcune opere inedite della collezione di arte moderna e contemporanea della Fondazione.
Il 20 febbraio, alla Fondazione Luigi Rovati si terrà un’importante Giornata di Studi per approfondire ulteriormente i contenuti delle mostre.
Etruschi del Novecento a Rovereto.
Il percorso di mostra nei testi di sala.
Il Mart e la Fondazione
Rovati offrono per la prima volta una visione complessiva del vasto e
articolato fenomeno che fu la riscoperta della civiltà etrusca nel secolo
scorso, attraverso un progetto composto da due mostre complementari, a Rovereto
e a Milano.
L’esposizione racconta
come l’arte etrusca abbia influenzato, a più riprese, la cultura visiva del XX
secolo, in particolar modo a partire da clamorosi ritrovamenti come l’Apollo di
Veio, scoperto nel 1916, e dallo sviluppo della moderna Etruscologia negli anni
tra le due guerre. Sono gli stessi archeologi a parlare di “rinascenza etrusca”
e a contribuire alla divulgazione degli studi sull’antico popolo italico, il
cui mistero affascina anche il grande pubblico. A visitare i musei e i siti
archeologici e a consultare gli ampi repertori di immagini pubblicati in quegli
anni sono soprattutto gli artisti, attratti dallo stile sintetico ed espressivo
dell’arte etrusca, contrapposta alla classicità greca e romana.
La storia di questa
fascinazione è raccontata accostando una selezione di reperti antichi alle
creazioni di artisti e manifatture del Novecento. Dalla pittura all’arte orafa,
dalla scultura alle arti grafiche, la mostra documenta la rielaborazione di forme,
tecniche e materiali di origine antica nelle opere moderne.
Un dialogo simboleggiato
dall’opera di Michelangelo Pistoletto L’Etrusco (1976) che, come un portale,
introduce al percorso espositivo. Una copia dell’Arringatore, raro esemplare
integro di scultura in bronzo etrusco-romana, è collocata davanti a uno specchio,
che nelle opere di Pistoletto rappresenta “l’alternativa alla vecchia
prospettiva”. Come spiega l’artista, il braccio teso indica “la strada che
porta al di là del muro su cui l’umana individualità si sta sfracellando”.