Picasso lo straniero: arte, potere e identità al Palazzo Reale di Milano

 


Il Palazzo Reale di Milano consolida il suo storico legame con Pablo Picasso attraverso la mostra “Picasso lo straniero” aperta al pubblico fino al 2 febbraio 2025.

Questo rapporto speciale con il maestro spagnolo ebbe inizio nel 1953, quando la celebre Guernica fu esposta per la prima volta in Italia, rendendo Milano un punto di riferimento per l’arte di Picasso. Da allora, numerose esposizioni hanno celebrato il genio di Malaga, ma questa nuova iniziativa introduce una prospettiva del tutto innovativa.


La mostra, frutto delle ricerche di Annie Cohen-Solal, analizza la complessa relazione di Picasso con la Francia, il paese che lo consacrò come uno dei massimi artisti del Novecento ma che, al contempo, lo guardò con sospetto per gran parte della sua vita. Basata su una ricca bibliografia e su documenti inediti della polizia francese, l’esposizione illumina un lato meno noto della storia personale e artistica del pittore, intrecciando arte, vicende politiche e dinamiche sociali.


Attraverso 90 opere, non sempre firmate, tra disegni, schizzi, dipinti, ceramiche e sculture, d’ogni formato e in vari supporti, l’esposizione offre uno sguardo completo sulla produzione artistica di Picasso, senza trascurare gli aspetti sociali, storici ed economici che ne influenzarono la visione e la creatività. In questa prospettiva interdisciplinare, l’artista emerge non solo come un rivoluzionario dell’arte moderna, ma anche come una figura emblematica capace di sfidare confini culturali e politici.



Picasso rappresenta il Novecento ma anche l’attualità in cui si intrecciano tensioni storiche e culturali. È un  genio innovatore e al contempo, protagonista del mondo artistico globale. La sua parabola è segnata dall’esperienza dell’emarginazione, vissuta in un’epoca di nazionalismi e xenofobia. Sin dal suo arrivo a Parigi, affrontò pregiudizi legati alla sua origine straniera e alla sua arte rivoluzionaria, che rompeva con le convenzioni del passato. Nonostante ciò, seppe trasformare questa condizione in una forza creativa, conciliando identità molteplici – spagnolo, catalano, andaluso, apolide – in una sintesi universale.


Le sue opere degli esordi, incentrate su emarginati e figure ai margini della società, riflettono il suo stesso status di outsider. Con il Cubismo, sviluppato insieme a Georges Braque, Picasso non solo rivoluzionò il linguaggio artistico, ma mise in discussione le categorie tradizionali di appartenenza culturale e nazionale, creando un’estetica universale.


La narrazione parte dal 1900, quando un diciannovenne Picasso si trasferì a Parigi per partecipare all’Esposizione Universale, dove espose il dipinto Derniers moments. Nonostante i primi passi promettenti, la frequentazione della comunità catalana di Montmartre attirò l’attenzione della polizia francese, che lo catalogò come anarchico e aprì un fascicolo su di lui. Questo clima di sospetto, segnato dal suo status di straniero, accompagnò Picasso per decenni, spingendolo a prendere le distanze dalle sue origini catalane e a modificare persino il suo nome, abbandonando il patronimico Ruiz per attenuare la percezione di estraneità.


La diffidenza delle istituzioni francesi nei suoi confronti si rifletté anche sul piano artistico: solo nel 1933 un museo francese acquisì un’opera di Picasso, un dipinto del periodo blu, ignorando le innovazioni cubiste che stavano rivoluzionando l’arte del secolo. Tuttavia, il riconoscimento ufficiale giunse nel dopoguerra, quando Picasso si iscrisse al Partito Comunista Francese nel 1944, dichiarando: “Sono sempre stato un esiliato. Ora non lo sono più.” Questo gesto sancì una svolta nella sua vita, culminata nel 1948 con il riconoscimento dello status di “residente privilegiato” e, nel 1985, con l’apertura del Musée national Picasso-Paris.


La mostra milanese esplora la relazione di Picasso con il potere, un tema centrale della sua biografia e della sua arte. Emblematico è il suo rapporto con Francisco Franco, il dittatore spagnolo che cercò invano di riportare Guernica in Spagna. Picasso oppose un netto rifiuto, dichiarando che l’opera sarebbe tornata in patria solo con la restaurazione della democrazia, un atto simbolico che sottolinea la sua visione dell’arte come strumento di resistenza civile.



L’identità di Picasso è una costruzione culturale tra mito e modernità senza confini.


La mostra del Palazzo Reale non si limita a celebrare l’opera di Picasso, ma invita a rileggere la sua figura come simbolo di una modernità capace di superare barriere. Come afferma Annie Cohen-Solal: “La terra natale di Picasso è la sua opera.” Questo concetto emerge con forza nel percorso espositivo, che sottolinea come l’artista abbia saputo ribaltare le convenzioni, trasformando l’emarginazione in mito e l’identità in una costruzione fluida.


In definitiva, “Picasso lo straniero” è un viaggio straordinario tra arte, storia e politica, che mostra come la genialità di Picasso risieda nella sua capacità di abbattere confini, riconciliando estetica e impegno civile, in una continua sfida alle definizioni e ai pregiudizi. Un’occasione imperdibile per riscoprire un artista che ha cambiato per sempre il corso della storia dell’arte. Giuseppe Sinaguglia.

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