In occasione del centenario della nascita del grande scultore spagnolo, la mostra personale “Eduardo Chillida” (1924 – 2002) ospitata dall’Instituto Cervantes di Roma nella sede della Sala Dalí dal 23 ottobre 2024 all’11 gennaio 2025, organizzata dall’Instituto Cervantes di Roma e promossa dal Museo Chillida Leku con la collaborazione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, a cura di Javier Molins, propone, per la prima volta nella capitale dopo trentadue anni, quarantuno opere dell’artista tra disegni, sculture e “gravitazioni” datate dal 1948 al 1997. Un’occasione veramente unica per ripercorrere l’evoluzione dell’opera dello scultore basco dalla figurazione all’astrazione.
“Questa
mostra rappresenta anche un'opportunità irripetibile per vedere l'opera di
questo maestro del XX secolo in dialogo con quella di un maestro del Barocco,
Gian Lorenzo Bernini, poiché la posizione privilegiata della sala dell’Instituto
Cervantes a Piazza Navona consentirà di ammirare le due opere in un gioco di
rimandi. Non dobbiamo dimenticare che l’arte è sempre un dialogo con il
passato”. (J. Molins).
Eccezionalmente esposte le quattro opere che valsero all’artista il Premio per la scultura alla Biennale di Venezia del 1958, tra le quali Gesto, proveniente dalla collezione della Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma. L’esposizione sarà inaugurata mercoledì 23 ottobre 2024 alle ore 18.00.
“Sono
uno di quelli che ritengono, per me è molto importante, che noi esseri umani
apparteniamo sempre a qualche luogo. L’ideale è essere ed avere le radici in un
luogo ma, contemporaneamente, penso che le nostre braccia devono stringere il
mondo intero e che qualsiasi cultura è perfetta per colui che riesce ad
adattarcisi. Io nel mio paese basco mi sento al mio posto, come un albero adatto
al suo territorio. Un albero sul suo terreno ma con le braccia rivolte al mondo
intero. Tento di realizzare l’opera di un uomo, la mia. Poiché sono io,
quest’opera avrà sfumature particolari, una luce nera, che però è anche la
nostra. Sono come un albero, con le radici in un solo paese e i rami che si
aprono sul mondo.” (E. Chillida).
La
mostra
Da
quando si è fatto conoscere sulla scena internazionale negli anni Cinquanta, il
lavoro di Chillida è stato ospitato nei principali musei e collezioni d'arte in
Europa e negli Stati Uniti. Le sue opere sono state commentate e analizzate da
insigni storici e critici d'arte, oltre che da poeti e filosofi. Vincitore di
innumerevoli premi ed esposto in numerosi musei e retrospettive, il suo lavoro
costituisce un patrimonio di riferimento ineludibile nel panorama artistico
contemporaneo. E’ considerato uno dei più grandi scultori del Novecento. Le sue
opere sono presenti in più di 20 musei in tutto il mondo. Le sue sculture sono
collocate di fronte al mare, come a San Sebastián il celebre Pettine del
vento (1977), formato da tre monumentali ganci in acciaio massiccio
inseriti tra le rocce della costa quasi a raccogliere il vento e i flutti
dell’oceano, in un angolo magico che fonde elementi naturali con materiali
industriali creando un potente dialogo tra l’artificiale e l’organico. “Guardando
infrangersi il mare talvolta furioso che riesce ad ammansire un po’ le rocce,
che simili a noi... un po’ erose ma impavide, difendono la terra e anche
l'anima delle cose.” (E. Chillida).
Altre
sculture sono collocate in montagna, come in Giappone, e in città come
Washington, Parigi, Lund, Munster, Madrid, Palma di Maiorca, Guernica, Berlino
e Monaco di Baviera. Sulla sua opera hanno scritto architetti e filosofi come
Martin Heidegger, Emil Cioran, Félix Duque e poeti come Octavio Paz.
La mostra romana vuole essere una retrospettiva della
carriera artistica di Chillida attraverso i due principali mezzi con cui
lavorò: il disegno e la scultura.
Il percorso dell’esposizione inizia con una serie di disegni
figurativi del primo periodo dove già emergono quelle forme e linee curve
che caratterizzeranno il suo lavoro successivo. Colpiscono i disegni che si
concentrano sulle mani, uno dei temi che ossessiona Chillida. Non
bisogna dimenticare, infatti, che l'artista in gioventù è il portiere della
squadra di calcio della Real Sociedad, attività caratterizzata dall'uso delle
mani e sport che deve abbandonare a causa di un infortunio al ginocchio. Chillida
una volta disse “quello che so fare l'ho sicuramente già fatto, quindi devo
sempre fare quello che non so fare. [...] Non sarà forse l'arte
la conseguenza di una necessità, bella e difficile, che ci porta a tentare di
fare quello che non sappiamo fare?” Ecco perché molte di queste opere sono disegnate con la
mano sinistra, pur essendo destrimano: Chillida vuole rivivere l'avventura di
imparare con la mano sinistra qualcosa che sapeva fare solo con la mano destra.
In mostra 17 “gravitazioni”, rilievi
di diversi strati di carte, tagliate e in parte dipinte a china nera, legate e
appese mediante delle corde.
Chillida espone per la prima volta Gravitazioni nel 1988 alla Galleria
Theo di Madrid. Sono delicate opere bidimensionali in bianco e
nero, che esplorano le qualità e i limiti dello spazio, sovrapponendo strati di
carta uniti da fili e sospesi per consentire la circolazione dell’aria.
La
stratificazione e la diversa densità dei piani bidimensionali rimanda ad una
profondità e ad una articolazione spaziale altra che fornisce una fortissima
suggestione per definire un’articolazione plastica dell’architettura che
alterna volumi in rilievo e campi scavati.
Il rapporto di Chillida con l'Italia è stato molto
intenso. Alla Biennale di Venezia del 1958 vince il premio come
miglior scultore all'età di 34 anni e la mostra all’Instituto Cervantes di
Roma vuole rendere omaggio a questo importante riconoscimento riunendo quattro
opere presenti in quella Biennale. Si tratta di un rilievo del 1951 e di
tre sculture in ferro che hanno segnato il percorso che la scultura di Chillida
avrebbe avuto in seguito. Una di queste sculture, Gesto (1957), proviene
dalla collezione della Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di
Roma, che l'ha eccezionalmente prestata per l'occasione, mentre le altre
provengono dal Museo Chillida Leku.
Una caratteristica di queste sculture e dell'opera
scultorea di Chillida è l'assenza dell'angolo retto. E’ lo stesso artista ad
affermare “l’angolo retto mi è sembrato il più bello di tutti gli angoli, ma
è un po’ intollerante, non ammette dialogo se non con i suoi pari”.
Chillida non
utilizzerà mai angoli retti, bensì angoli dati dall'ombra.
Le
sculture di Chillida evocano spesso tensione ed equilibrio, invitando gli
spettatori a contemplare il rapporto tra massa e vuoto. La sua padronanza del
materiale e della forma gli permette di creare composizioni dinamiche che
sfidano la percezione dello spazio. Ogni scultura diventa, infatti, una
meditazione sulla presenza e l'assenza, invitando gli spettatori a sperimentare
l'interazione tra luce e ombra. Le sculture di Chillida non sono semplicemente
oggetti statici ma piuttosto entità dinamiche che interagiscono con l'ambiente
circostante ed evocano un senso di dialogo con chi le osserva. “Lo spazio è
l’elemento più vivo di tutto quel che ci circonda. È come uno spirito. […] Dallo
spazio con suo fratello il tempo, sotto la gravità insistente, sentendo la
materia come uno spazio più lento, mi chiedo con stupore ciò che non so” perché
“io non rappresento, domando.” (E. Chillida).
Note
biografiche
Eduardo
Chillida, di origine basca, nasce a San Sebastián il 10 gennaio 1924. Il padre,
militare, ha grandi inclinazioni artistiche ed ama il disegno e la pittura. Il
senso del ritmo e la musicalità, nel suo lavoro, li eredita dalla madre, la
soprano Carmen Juantegui: “quando entrai per la prima volta nello spazio dell’Hagia
Sofia di Istanbul, ebbi l’impressione di entrare nei polmoni di Bach, perché
avvertii la stessa forza espansiva. Bach è un architetto, come Masaccio e
Mantegna. Lavora con il tempo e gli accordi; sono come elementi di
un’architettura. La musica occupa uno spazio importante nel mio lavoro, si
stabilisce un rapporto dialettico attraverso una particolare sensibilità che mi
permette di rimanere in comunicazione con l’opera mentre creo.”
Dopo
gli studi in architettura all'Università di Madrid, che lasciano in lui la
capacità di modellare lo spazio attraverso linee e segni architettonici
trattandoli quasi come materia concreta, inizia a concentrarsi sul disegno e la
scultura. Trasferitosi a Parigi nel 1948, stringe amicizia con Pablo Palazuelo,
con il quale espone al Salon de Mai del 1949. Nel 1950 sposa Pilar Belzunce,
suo punto di riferimento dall’età di 15 anni, dalla quale avrà otto figli e
alla quale rimane legato tutta la vita autodefinendosi “un solitario, un
solitario con Pili”. Nel 1955 la città di San Sebastián gli commissiona un
monumento ad Alexander Fleming. Vince il Premio per la scultura alla Biennale
di Venezia del 1958 e, nello stesso anno, compie la sua prima visita negli
Stati Uniti, dove incontra James Johnson Sweeney, Mies van der Rohe e il
compositore Edgar Varèse. Nel 1960 gli viene assegnato il Premio Kandinsky. Nel
1966 incontra il filosofo Martin Heidegger, del quale illustrerà il libro Der
Kunst und der Raum. Due anni dopo inizia una scultura per il palazzo
dell’UNESCO a Parigi. Nel 1971 è Visiting professor al Carpenter Centre di
Cambridge, Massachusetts. Nel 1979 condivide con Willem de Kooning il Premio
Andrew W. Mellon, a cui fa seguito un’importante mostra al Museum of Art del
Carnegie Institute di Pittsburgh. Nel 1980 espone al Museo Solomon R.
Guggenheim, New York. Nel 1990 la Biennale di Venezia gli dedica una personale
a Ca’ Pesaro. L’anno successivo riceve il Praemium Imperiale dalla Japan Art
Association.
Nel
2000 viene inaugurato il Museo Chillida Leku ad Hernani, vicino a San
Sebastián. “Un giorno ho sognato un’utopia: trovare uno spazio dove le mie
sculture potessero riposare e le persone potessero camminare tra di esse come
in una foresta.” Chillida Leku è un museo unico, fatto di per sé come una
grande opera d'arte, ospita il corpus più completo di opere dell'artista e
comprende un parco di sculture e uno spazio espositivo all'interno del caserío
Zabalaga, una tradizionale casa di campagna basca risalente al XVI secolo. La
casa e il terreno adiacente sono stati acquistati negli anni ‘80 da Chillida e
sua moglie, che hanno dedicato i successivi quindici anni a restaurarlo con
sensibilità. A Chillida Leku l'artista ha creato un luogo ("Leku" si
traduce come "luogo" in lingua basca) dove le generazioni future
potranno vivere il suo lavoro come lui lo intendeva, e in una cornice senza
pari. In esso, la fusione tra arte e natura avviene in modo naturale. Le
sculture sono integrate nel paesaggio come se ne avessero sempre fatto parte.
Nel giardino faggi, querce e magnolie convivono con le monumentali sculture in
acciaio e granito poste in perfetto dialogo con l'ambiente circostante. Sebbene
le opere presentino un aspetto di monumentalità, il luogo è realizzato a misura
d'uomo, che è la scala con cui l'artista ha sempre lavorato, ponendo la persona
come misura del suo lavoro.
Muore
a 78 anni nella sua residenza sul monte Igueldo il 19 agosto del 2002.
INFORMAZIONI MOSTRA
Titolo:
“Eduardo Chillida”
Sede: Instituto
Cervantes di Roma, Sala Dalí, Piazza Navona 91, Roma
Periodo: 23
ottobre 2024 – 11 gennaio 2025
Orario: da martedì a venerdì dalle 14.00 alle 20.00; sabato dalle
10.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alle 20.00
Ingresso
libero
Per
informazioni: tel +39 06 6861871
Sito:
https://roma.cervantes.es/it/