Lussemburgo, al Grand Théâtre il Teatro Danza "Liberté Cathédrale" di Boris Charmatz. La recensione

 


A tratti sorprendente, a volte non facilmente comprensibile, "Liberté Cathédrale" di Boris Charmatz al Grand Théâtre di Lussemburgo fino a domani sera, rappresenta un'esperienza che va ben oltre la semplice performance di danza. 

Il coreografo ha costruito uno spettacolo che fonde corpi, spazi e suoni in un dialogo vibrante, unendo l'essenza del Tanztheater Wuppertal con le sue sperimentazioni artistiche. Il risultato è un'opera corale, in cui la libertà e l'unione tra i corpi diventano il centro pulsante di un'esperienza collettiva, tanto per i danzatori quanto per il pubblico, chiamato in causa dalle interazioni dei ballerini.

Non si tratta solo di coreografie: i corpi, gli spazi e i suoni si influenzano reciprocamente con i danzatori che si gettano fisicamente e simbolicamente in un gioco di interazioni che il pubblico percepisce come unione di energie, di corpi che si cercano, si scontrano, si fondono.

Un momento di pura intensità sonora è rappresentato nel momento "Bellringing", dove i danzatori reagiscono al suono assordante delle campane in una sorta di trance, un’esplosione di movimento che sembra rispecchiare il caos della vita stessa. Qui il suono diventa corpo, e il corpo diventa suono, in una fusione continua che non lascia spazio alla prevedibilità.  

In "Touching", i corpi si muovono in cerca di connessione, come se il semplice gesto del toccarsi fosse un atto di resistenza contro l'isolamento imposto. La scena diventa quasi una celebrazione della vulnerabilità e della forza che deriva dall'essere umani, dal cercarsi, dall'aprirsi all'altro.

In definitiva, "Liberté Cathédrale" è un’opera che sfida le convenzioni, sia della danza che dell'uso dello spazio, creando un’esperienza artistica totale. Charmatz dimostra una sensibilità unica nel guidare i danzatori attraverso un percorso che è al contempo personale e collettivo, sacro e profano, caotico e silenzioso.


En Français

Parfois surprenant, parfois difficile à comprendre, Liberté Cathédrale de Boris Charmatz, au Grand Théâtre du Luxembourg jusqu'à demain soir, représente une expérience qui dépasse largement la simple performance de danse.

Le chorégraphe a conçu un spectacle qui fusionne corps, espaces et sons dans un dialogue vibrant, mêlant l'essence du Tanztheater Wuppertal à ses propres expérimentations artistiques. Le résultat est une œuvre chorale où la liberté et l'union des corps deviennent le cœur palpitant d'une expérience collective, autant pour les danseurs que pour le public, interpellé par les interactions des interprètes.

Il ne s'agit pas seulement de chorégraphies : les corps, les espaces et les sons se nourrissent mutuellement, avec des danseurs qui se jettent physiquement et symboliquement dans un jeu d'interactions que le public perçoit comme une union d'énergies, de corps qui se cherchent, se heurtent et se fondent.

Un moment de pure intensité sonore se manifeste lors de la séquence Bellringing, où les danseurs réagissent au son assourdissant des cloches dans une sorte de transe, une explosion de mouvements qui semble refléter le chaos même de la vie. Ici, le son devient corps, et le corps devient son, dans une fusion continue qui ne laisse aucune place à la prévisibilité.

Dans Touching, les corps bougent à la recherche de connexion, comme si le simple geste de se toucher devenait un acte de résistance face à l'isolement imposé. La scène devient presque une célébration de la vulnérabilité et de la force que procure le fait d'être humain, de se chercher, de s'ouvrir à l'autre.

En définitive, Liberté Cathédrale est une œuvre qui défie les conventions, tant sur le plan de la danse que de l’utilisation de l’espace, créant une expérience artistique totale. Charmatz fait preuve d'une sensibilité unique en guidant les danseurs à travers un parcours à la fois personnel et collectif, sacré et profane, chaotique et silencieux.


Foto 1: Liberté Cathédrale / © César Vayssié

Foto 2: Liberté Cathédrale / © Laszlo Szit

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