La grande interpretazione di Elio Germano in Berlinguer, film d'apertura della XIX festa del cinema di Roma

 



di Emanuela Del Zompo

Diretto da Andrea Segre e prodotto da Italia, Belgio e Bulgaria, il film apre la kermesse romana della festa del cinema di Roma, nella sezione del concorso.
Elio Germano non delude le aspettative di critica e di pubblico, la notevole versatilità dell'attore gli permette di calarsi perfettamente nel personaggio del politico Berlinguer.
Ormai la bravura dell'artista è conclamata, al suo fianco ci sono gli antri interpreti tra cui, Giorgio Tirabassi, Paolo Calabresi, Francesco Acquaroli, Fabrizia Sacchi, Paolo Pierobon, Roberto Citran, Andrea Pennacchi ed Elena Radonicich.
Il film distribuito da Lucky Red sarà in sala dal 31 ottobre.
Il biopic inizia nel 1973 con il viaggio a Sofia e l'attentato dei servizi segreti bulgari da cui Berlinguer si salva. Il politico tenta di cambiare l'Italia attraverso il compromesso storico, tentando di trovare un compromesso storico tra il PCI e la democrazia cristiana per guidare il Paese attraverso una forza socialista. Un'idea che finisce con il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro nel 1978.
"Credo molto nella comunicazione inconsapevole dei nostri corpi e in questo caso la prossemica involontaria di Enrico Berlinguer raccontava un senso di fatica, inadeguatezza, peso della responsabilità e l'assoluta mancanza di attenzione verso l’esteriorità», racconta Elio Germano, nella misura in cui il suo corpo raccontava qualcosa, è stato fonte d’ispirazione».
Berlinguer era una persona che si metteva a disposizione degli altri, oggi la società è fatta di individualismo, smettiamo di pensare che la competizione sia fonte di felicità ma puntiamo sulla condivisione, sottolinea Elio Germano. 
"La politica e la società oggi è alla deriva, non abbiamo un leader, ma ne abbiamo bisogno? Berlinguer era un uomo che ascoltava molto, il suo mettersi a disposizione, del portare il peso dell’essere quello che tira le fila, il senso di responsabilità verso le persone di cui era rappresentante. Ecco questo è un altro termine che la politica di oggi ha dimenticato».
«Nell'atteggiamento di Berlinguer c'è tanto di quello che oggi non abbiamo più. A quelle lunghe tavolate quando si discuteva e molti non erano d’accordo alla fine si doveva trovare un punto comune e toccava alle persone che erano le più fervide contrarie, redigere il comunicato della decisione presa», conclude Germano. «Per dire la fatica e l’importanza attribuita alla dimensione collettiva. Berlinguer era un segretario, non un leader», conclude Germano.
Foto: © Vivo film, Jolefilm, Tarant
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