Nell’ambito del percorso olo-dinamico, basato sull’astrologia, che conduco ormai da parecchio tempo, è indispensabile operare collegamenti con altre discipline olistiche connesse al benessere e all’autoconoscenza dell’individuo, sia considerato singolarmente che come facente parte di una collettività.
Nel libro Archetipo Africa[1], intervistando la mia amica e collega Caterina Civallero[2], ho iniziato a introdurre divulgativamente argomenti quali “il singolo e il gruppo”, la psicobiogenealogia, le costellazioni junghiane, e altri inerenti. Ritengo che possa interessare molti dei miei lettori conoscere meglio una disciplina che si chiama Medicina dell’Essere, che si pone in una posizione che potremmo definire come una sorta di anello di congiunzione fra le discipline allopatiche e quelle cosiddette “alternative”. A tale scopo ho chiesto il permesso a Giusi Fasolo di pubblicare una sua relazione adattandola sotto forma di articolo divulgativo. Naturalmente è opportuno
presentare la relatrice: «Giusi, puoi raccontarci qualcosa di te per farti
conoscere a chi ci sta leggendo?»
«Sono sempre stata una persona
molto curiosa e desiderosa di conoscere il mondo, e me stessa in primo luogo,
per cui fin dalla più giovane età ho avuto il desiderio di andare oltre le
apparenze, oltre a ciò che la mia famiglia e la società mi proponevano/imponevano.
Il mio percorso di conoscenza è iniziato leggendo Siddharta, del “ricercatore”
Hermann Hesse, perché avendo l’ardire di paragonarmi a lui, anch’io ricercavo
il senso della vita inseguendo il dettaglio determinante che mi avrebbe
permesso di riconoscere, in me e negli altri, il suo senso profondo.
Dopo anni di studi e dopo aver
conosciuto e sperimentato le svariate tecniche olistiche che hanno visto la
luce in questi ultimi decenni, ho incontrato la Medicina Dell’Essere;
con essa la mia percezione (di me stessa, degli altri e degli avvenimenti) è
cambiata profondamente. Nonostante tutto il lavoro svolto su di me negli anni
precedenti e tutti i corsi frequentati per accrescere conoscenza e cultura, e
sebbene fossi sempre stata profondamente convinta che sia la nostra energia ad
attrarre situazioni e persone in risonanza con noi, ero comunque sempre
accompagnata da un atteggiamento un po' fatalista e vittimista nei confronti
della Vita, che a volte mi pareva ingiusta e incomprensibile. Ecco! Posso dire
che la MDE[3] mi ha
aperto un mondo, permettendomi di comprendere come funzioniamo dal punto di
vista biologico: e dalla biologia non si scappa! Non c’è spazio per dubbi o
fraintendimenti: è come dire che una donna o è incinta o non lo è, che un
maschio è un maschio e una femmina è una femmina, ognuno con le proprie
caratteristiche di genere, o ancora che o è giorno o è notte!
Un concetto enunciato dal mio
insegnante, il dottor Stefano Gay, mi ha particolarmente colpita e l’ho fatto
mio: “Non è mai un agente esterno ad essere patogeno, ma il nostro
sistema immunitario che è più o meno efficiente ed efficace”. Questo vale
anche per gli incidenti, che mai avvengono per caso, ma giungono nella nostra
vita attratti da una specifica vibrazione legata a un risentito[4],
un’emozione, o un conflitto. Da ciò si deduce facilmente che più noi ci ripuliamo
da memorie traumatiche o conflittuali appartenute al nostro passato o alla
nostra genealogia, meno saremo soggetti agli attacchi di agenti patogeni di
qualsiasi natura o dal vivere eventi scioccanti. Ho inoltre compreso che ogni
disturbo o malattia ci porta un messaggio ed è la “buona soluzione” di
un conflitto che, se interpretato e compreso nel suo significato più autentico
e profondo, ci permette di risolverlo; il che restituisce all’essere umano lo
strumento della guarigione, lo scettro del proprio potere.
Alla fine degli anni ‘90 mi
appassionai di riflessologia plantare e conseguii il diploma in questa
tecnica che utilizzai diversi anni per aiutare le persone a migliorare
problematiche di salute e qualità della vita; fui poi costretta ad abbandonare
quell’esperienza perché scelsi, per motivi personali contingenti, di espandere
il mio impegno lavorativo ufficiale da part-time a full-time. Ora che
finalmente la mia età anagrafica ha posto fine al mio impiego, potrò nuovamente
tornare a occuparmene arricchendo la mia preparazione con tutti gli strumenti,
le conoscenze e le tecniche apprese attraverso la MDE e non solo[5].
Sono dell’idea che la Medicina
Dell’Essere dovrebbe essere materia di studio a partire dalle scuole medie,
poiché è solo attraverso la vera conoscenza e la cultura che si potrà assistere
a un nuovo rinascimento dell’essere umano. Coloro che detengono il
potere finanziario ed economico mantengono buona parte della popolazione, da
centinaia di anni, in condizioni di ignoranza per poterla meglio manipolare;
infatti, chi non conosce minimamente la propria macchina biologica e
come questa funziona, è totalmente in balìa delle multinazionali del farmaco e
di una casta cui fa comodo confinare più persone possibile nell’insipienza e
nella paura. Grazie al corso di MDE ho acquisito consapevolezza dei meccanismi
che regolano il funzionamento della nostra macchina psico-biologica:
questo mi ha permesso di alleggerirmi dal peso che mi opprimeva e mi rendeva
schiava dei miei fantasmi e delle mie ombre. Un altro aspetto che ho molto
apprezzato attraverso lo studio di tale disciplina è che, oltre a considerare
olisticamente l’essere umano (IESC*), pone l’attenzione sulla prospettiva
spirituale, dalla quale non si può prescindere poiché permea tutto il nostro
essere ed è ciò che segna il confine fra il vivere di sola materia e il
vivere spiritualizzando la materia. Credetemi, volendo parlare in senso
metaforico, c’è una bella differenza fra mangiare una mela o qualsiasi altro
cibo in modo meccanico, distaccato, scontato, pensando agli impegni quotidiani,
e invece assaporarlo con attenzione, godendo non soltanto del gusto
unico di quell’alimento, ma essendo grati a Dio e quindi alla Vita e a Madre
Terra per lo splendido presente che con grande generosità ci elargisce.»
Grazie. Vi propongo qui di seguito la sua relazione esposta in occasione del 3° Convegno annuale di Riflessologia Plantare organizzato dalla I.S.F.O.R.[6], svoltosi a Torino il 19 maggio 2024: buona lettura!
Alessandro
Zecchinato
Giusi
Fasolo
RELAZIONE
PER CONVEGNO RIFLESSOLOGIA PLANTARE
ALZHEIMER, PARKINSON, SCLEROSI MULTIPLA: LA VISIONE DELLA MEDICINA DELL’ESSERE
Ho frequentato la Scuola di Riflessologia Plantare alla
fine degli anni ’90 conseguendone l’attestato nel 2000; da allora sicuramente
molto è cambiato, non solo nella pratica e nell’approfondimento della tecnica riflessologica,
ma anche nell’approccio e nella consapevolezza di coloro che la praticano.
Credo pertanto che sia diventato indispensabile, oggi, coadiuvare la R.P. con
strumenti che ci consentano di essere sempre più efficaci e performanti, per
soddisfare così il desiderio di guarigione e benessere del “cliente”.
Uno di essi è
rappresentato dalla Medicina dell’Essere (MDE) che si propone come
approccio olistico e valido sostegno al cliente e, contrariamente alla medicina
convenzionale che pone il focus sulla malattia, interviene utilizzando tutte le
sue componenti: corpo/biologia, mente/inconscio, spirito/energia e storia
familiare (psicobiogenealogia). La MDE si può definire medicina integrata;
non alternativa né complementare a quella allopatica quindi, bensì il trait-d’union
fra le due: evita accuratamente di opporsi alle credenze e/o alle terapie
seguite dalla persona, la sostiene e la aiuta accogliendola, traendo
informazioni attraverso indagini, valutazioni e analisi della storia familiare,
allo scopo di far emergere il conflitto o il trauma che ha creato il disagio o
la malattia. Ponendo il paziente al centro dell’attenzione, lo si accompagna
verso il recupero della salute con gli strumenti che egli è pronto, in quel
momento, a utilizzare e integrare; sia che questi appartengano alla medicina
allopatica, a terapie e rimedi olistici, o non convenzionali. Ciò che importa è
il fine: ossia la guarigione su tutti i livelli.
Il paziente e il
terapeuta devono essere liberi di scegliere, quindi è indispensabile avere a
disposizione più possibili terapie, in modo da poter valutare e praticare la
cura più adatta e “su misura”. Per questa ragione occorre accogliere le
credenze del paziente/cliente, senza contrapporvisi.
“Dalla mente modifico il
corpo ma anche dal corpo modifico la mente”; per esempio: una persona che si
alimenti in modo corretto e che pratichi esercizio fisico regolare avrà,
presumibilmente, pensieri in equilibrio; di conseguenza, attraverso buone abitudini
e un corpo sano, essendo più lucida e disciplinata, avrà anche maggior facilità
a entrare in contatto con sé stessa e con il proprio spirito.
La Medicina dell’Essere, quindi, si colloca nell’aspetto CORPO attraverso la comprensione del messaggio/sintomo che esso comunica; nell’aspetto PSICHE attraverso l’analisi dell’elaborazione del trauma/risentito; e nell’aspetto SPIRITO attraverso la cura del nostro sistema energetico, per favorire infine la manifestazione della propria Verità e Unicità.
Poiché sin dalla più
tenera età abbiamo imparato a indossare una maschera, ci siamo adattati; e
magari abbiamo trasformato e tradito la nostra vera essenza, i nostri codici
unici, sviluppando negli anni un “personaggio” o “ego” alimentato dal nostro mentale,
per farci amare dai genitori, dagli amici e dalla società. Questo atteggiamento
ci pone sempre in una condizione di conflitto con noi stessi poiché tradendoci
dimentichiamo di ascoltare veramente il nostro Cuore, diventando
dipendenti dal giudizio altrui. La maggior parte degli esseri umani vive
infatti l’intera esistenza sotto stress senza riuscire mai a risolversi.
La guarigione, per poter essere definita tale, presuppone la destrutturazione del personaggio che abbiamo creato (e che ci è comunque servito per relazionarci con il mondo) e che ha partecipato a sua volta a creare il disagio o la malattia; presuppone anche il lasciar cadere la maschera dietro la quale si nasconde il nostro vero Sé. Solo svelando a noi stessi e al mondo la nostra Verità, il nostro Essere, possiamo parlare di guarigione su tutti i livelli (*I: intellettuale; E: emotivo; S: sessuale, inteso nel senso di "agire, creare"; C: corporale).
Inoltre, analizzando il concetto di stress, dobbiamo ricordare la distinzione fra EUSTRESS (stress positivo poiché viene canalizzato in un’azione, per esempio guidare la macchina, sostenere un esame, una gara, parlare in pubblico, e così via) e DISTRESS (uno stress shock che ci produce un blocco, ad esempio trovarsi improvvisamente di fronte a un rapinatore, un incidente, una perdita importante).
Dopo queste doverose premesse, passiamo ai principi sui
quali si basa la MDE.
1) Ci si ammala perché a
causa di uno stress si entra in conflitto e si inibisce un’azione. Di
fronte a uno shock che mi sta mettendo a rischio la vita o agisco o
muoio[7]:
se rimango immobilizzato, quando il pericolo sarà passato avrò una reazione
(tremore, rilascio degli sfinteri, vampate di calore…) a cui il
mio cervello era impreparato, quindi va in DISTRESS.
2) È il modo in cui noi
reagiamo allo stress che ci fa ammalare, ossia se troviamo o meno una adeguata
risposta (vedi Esperimento dei topolini di H. Laborit).
3) Meglio compiere
un’azione sbagliata piuttosto che non compiere nulla.
4) In biologia ci potrà
sempre e solo essere il paradigma o zero o uno, una “cosa” o è o non
è: alle leggi biologiche non si sfugge! Non c’è spazio per dubbi o
fraintendimenti: una donna o è incinta o non lo è, e i generi sono solo due, o
maschio o femmina.
5) I conflitti possono
esserci stati tramandati in via transgenerazionale: viviamo cioè i conflitti
irrisolti di qualche nostro avo, alla cui memoria una parte di noi è fedele, e
ai quali siamo chiamati a dare risposta per riportare l’albero genealogico in
equilibrio.
6) I
conflitti si dividono in programmanti e scatenanti: programmanti (biologici)
sono eventi che mettono a repentaglio la nostra vita (0-1), scatenanti
(psicobiologici) sono tutte quelle situazioni in cui il nostro sistema
attraverso ricordi inconsci, crea nel “qui e ora” un risentito che
scatena una reazione che ci riporta” là e allora”.
7) Ogni organo ha un valore simbolico e risponde pertanto ai risentiti emozionali della persona.
Henri Laborit[8],
medico e ricercatore francese (1914-1995), elaborò attraverso una serie di
esperimenti con i ratti il concetto di “inibizione dell’azione = malattia”.
Nel primo esperimento
pose un ratto in una condizione per cui a un procurato stress poteva sfuggire:
quindi, la sua reazione viene definita “di FUGA”. Gli esami effettuati dopo il
test evidenziavano che manifestando reazione di fuga il topolino rimaneva
sano.
Nel secondo esperimento inserì
due cavie in una gabbia procurando loro un forte stress al quale non si
potevano sottrarre, l’unica azione che potevano compiere era combattere:
quindi, manifestarono una reazione di ATTACCO. Anche in questo caso entrambi i
topolini testati risultarono sani.
Nel terzo esperimento il
topolino, sottoposto a stress, non aveva vie di fuga né possibilità di
combattere. Quindi era costretto a cedere alla inibizione dell’azione e
pertanto esprimere la seguente reazione: CONFLITTO→MALATTIA→MORTE.
Da ciò si desume che non
è tanto lo stress a causare malattie, ma l’impossibilità di rispondere a esso
(anche se ci sentissimo impossibilitati a reagire per via di una nostra
personale interpretazione).
Quando ci ritroviamo a
vivere uno stress o un conflitto, di qualsiasi natura esso sia, il nostro
cervello deve compiere un’azione extra per riportare il sistema in equilibrio:
se è impossibile compiere questa azione, il cervello, attraverso il sistema nervoso
simpatico, la scaricherà sul corpo, che si preparerà così all’attacco o alla
fuga. Quindi gli eventi traumatici inattesi, o quelli protratti nel tempo ma
che presuppongono inibizione dell’azione (per esempio una pistola puntata alla
tempia, un partner violento, un collega invadente, e via dicendo) dai quali non
ci si riesce a liberare, determinano nel nostro organismo la risposta di un
organo e di uno soltanto. Il nostro corpo non attiva mai una patologia in modo
casuale o arbitrario, non produce mai cellule antagoniste alla vita, ma
risponde SEMPRE a un programma che è sensatamente
BIO-LOGICO finalizzato alla continuazione della nostra esistenza.
Ricordiamoci che LA
MALATTIA è l’unica SOLUZIONE che il corpo trova quando, davanti a un trauma,
blocchiamo l’azione e non riusciamo ad attaccare o fuggire o adattarci (shock),
ed è lo strumento di riparazione che il nostro sistema mette in atto
per salvaguardare una funzione (Buona soluzione di un conflitto).
La guarigione, se la si
vuole ritenere vera e definitiva, deve coinvolgere tutti in nostri stati
dell’IO: corpo, mente, psiche, emozioni e spirito; e deve necessariamente
prevedere un cambiamento evolutivo della coscienza che solo un efficace “lavoro
su di sé”, coadiuvato da tecniche efficaci e terapeuti consapevoli, possono
favorire.
La MDE si avvale dell’utilizzo di alcune “mappe” per interpretare il vissuto del paziente. Essa si propone, tramite la loro interpretazione, di indagare il vissuto del paziente su tutti i livelli e trasformarlo “nel qui e ora” per poter così cambiare credenze e percezione della realtà, non con il mentale ma mediante il risentito, poiché sono i nostri risentiti che attraverso l’attivazione di un’emozione ci obbligano a compiere un’azione; ed è attraverso questa azione che acquisiamo consapevolezza ed entriamo in empatia. Comprendiamo così che ciò che abbiamo vissuto, seppur traumatico e scioccante, ci ha permesso di entrare all’interno di noi stessi per poter operare una trasformazione alchemica e portare così la nostra luce al mondo.
1) mappa per il corpo
a) la piramide
biologica della medicina dell’essere (evoluzione della piramide di Maslow);
b) i tre cervelli (rettiliano, limbico e neocorteccia ‒ Paul Mc Lean);
2) mappa per la psiche
a) ferite del bambino;
b) albero genealogico;
3) mappa dello spirito
a) i sette chakra.
ALZHEIMER
Ci sono diversi aspetti sui quali occorre focalizzarsi
per comprendere l’origine dell’Alzheimer, in quanto esso si manifesta sia con
la difficoltà a ripetere gesti e movimenti, sia con la difficoltà o incapacità
di formulare e comprendere pensieri logici anche elementari. Si tratta
dell’ennesimo evento traumatico prodotto da continui e ripetuti conflitti di
separazione. Quando una persona soffre, nel
cervello si attivano le aree del contatto sensitivo che sono vicine alle placche
della memoria; di conseguenza, continui stress e successive risoluzioni
portano all’atrofia del cervello e delle zone coinvolte.
E, rivolto al soggetto che mi causa dolore, reagisco così: “Se non posso allontanarlo o allontanarmi perché soffro, meglio non sapere più chi è”.
PARKINSON
Anche questa è una patologia degenerativa cronica del
SNC[9] che danneggia
soprattutto il sistema motorio.
Si osserva
principalmente, nelle persone affette da questa patologia, lentezza nei
movimenti, rigidità, instabilità posturale e altre sintomatologie
neuro-cognitive che riguardano la pianificazione delle attività, problemi di
orientamento e percezioni spazio-temporali alterate.
Esiste in questo caso un conflitto di trattenimento per la paura di agire: un conflitto di doppia imposizione motoria, come per esempio eseguire un ordine che non vorremmo eseguire, soprattutto se a seguito dell’esecuzione di un determinato ordine o comando è conseguita la morte o la rovina di una persona. Si nota che le persone affette da Parkinson sono soggetti che hanno tenuto tutto sotto controllo a causa di un’enorme paura del giudizio altrui e pertanto non hanno agito per evitare di trasformarsi in vittime. Così agendo, si ritrovano invece a non avere più controllo di sé stesse. L’incedere a piccoli passi può significare che si sono ritrovate a vivere situazioni gravi o pericolose proprio per aver “fatto il passo più lungo della gamba”; così come la rigidità indica una resistenza al movimento, poiché un’azione compiuta in passato ha portato conseguenze infauste e l’instabilità posturale, metaforicamente, rappresenta il desiderio di non voler più proseguire il proprio cammino.
SCLEROSI
La sclerosi è caratterizzata da una progressiva
paralisi dei muscoli, tanto più intensa quanto più intenso è stato lo shock e
il conseguente conflitto: il suo senso biologico è caratterizzato dall’impedire
il movimento. Anche qui si parla di inibizione dell’azione, poiché da un
lato la persona deve sottostare a regole e obblighi più o meno autoimposti che
richiederebbero un movimento, ma dall’altro esistono condizioni immodificabili
che rendono impossibile la realizzazione di tale azione. Il soggetto vive in un
contesto di importanti imposizioni autoritarie alle quali non si può sfuggire
per paura, per cui esiste un conflitto di grande opposizione all’azione (il
pensiero ossessivo che tormenta la persona è: “qualsiasi cosa faccia sono
fregato”). Quindi, due azioni di uguale forza ma di segno contrario
determinano immobilità.
Il progetto senso[10],
per dare uno sguardo all’aspetto transgenerazionale, è quello di essere venuti
al mondo per impedire a uno dei genitori di andarsene.
La sclerosi è un conflitto di direzione.
CONCLUSIONE
La MDE evita comunque di identificare un unico conflitto alla base di queste sopra citate e di ogni altra patologia, poiché questo è l’approccio della medicina classica. La MDE osserva la manifestazione clinica unica e irripetibile di ogni persona: di conseguenza ogni malato avrà avuto una reazione emotiva diversa con la relativa reazione biochimica, quindi potrà avere sintomi diversi dagli altri. Occorre considerare che la conoscenza della MDE e l'analisi dell'innesco o dell’avvio di queste importanti malattie può aiutare la persona a comprendere i propri vissuti, le possibili origini della loro attivazione, e suggerire alcune azioni per evitare le recidive conflittuali che sono alla base del peggioramento della condizione. Il Direttore della Scuola di Medicina dell'Essere, Dott. Stefano Gay, ci ricorda sempre che la mappa non è il territorio[11]: quindi, dietro a un interpretazione psicosomatica, la prima azione da compiere è ascoltare la sofferenza del cliente.
Giusi Fasolo
La
pubblicazione della relazione è stata gentilmente concessa dalla I.S.F.O.R.
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[3] M.D.E. è un acronimo che significa Medicina
Dell’Essere.
[4]
Nel senso di “ri-sentito”. Specifica Giusi Fasolo: «Il risentito non è l’emozione originaria,
quella cioè che ha inserito un certo programma nell’inconscio, ma il percepito
di quel conflitto “nel qui e ora” che mi riporta nel conflitto originario “là e
allora”».
[5]
« Ho aggiunto “e non solo”
perché utilizzo svariate altre tecniche che non ho appreso solo attraverso la
MDE,
come per esempio EFT, e
soprattutto la Mappa dei talenti o psicogenealogica che ho
appreso sia nell’ambito della
MDE sia attraverso una
serie di corsi e approfondimenti con diversi insegnanti, fra i quali
J.C.Badard, al quale si deve attribuire la paternità della Mappa
psicogenealogica».
[6] I.S.F.O.R.
‒ Istituto Superiore di Formazione
Olistica in Riflessologia
[7]
Paradigma 1-0 (dualismo binario, senza “mezze misure”).
[9] Sistema
Nervoso Centrale.
[10] “Il
progetto senso è il mandato transgenerazionale o progetto inconscio che i
nostri genitori e tutta la genealogia ci ha assegnato alla nascita.” [citazione]
– v. < https://psicogenealogia-costellazioni.it/2021/10/psicogenealogia-e-progetto-senso.html >
[11] Cfr.
PNL.