GUILLAUME TELL di Gioachino Rossini al Teatro alla Scala dal 20 marzo, regia di Chiara Muti

 


Dal 20 marzo al 10 aprile Michele Mariotti dirige al Teatro alla Scala sei rappresentazioni di Guillaume Tell di Gioachino Rossini con la regia di Chiara Muti al debutto scaligero, le scene di Alessandro Camera, i costumi di Ursula Patzak, le luci di Vincent Longuemare e la coreografia di Silvia Giordano.

Nella parte di Tell Michele Pertusi torna a Rossini dopo il trionfo verdiano nei panni di Filippo II lo scorso 7 dicembre; Dmitry Korchak è Arnold e Salome Jicia debutta al Piermarini come Mathilde. Le danze saranno interpretate dagli allievi della Scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala.

L’opera, che manca dal 1988 quando fu diretta da Riccardo Muti in una produzione di Luca Ronconi, ricordata per l’uso allora nuovissimo delle proiezioni in scena, è presentata per la prima volta alla Scala in versione originale francese nell’edizione critica a cura di Elizabeth Bartlet, pubblicata nel 1992 dalla Fondazione Rossini di Pesaro. Sarà eseguita in forma pressoché integrale, con pochi piccoli tagli per esigenze dello spettacolo. Saranno omessi il pas de deux nei ballabili dell’Atto I, l’aria di Jemmy e una sezione del pas de soldats nell’Atto III. Le danze saranno eseguite tutte e si ascolterà il trio Mathilde-Jemmy-Hedwige nel Finale dell’Atto IV.

La rappresentazione del 26 marzo registra il tutto esaurito, per le altre restano pochissimi posti disponibili. Sarà però possibile seguire lo spettacolo su LaScalaTv: la rappresentazione del 6 aprile sarà trasmessa in diretta e resterà visibile fino al 12 aprile.

Considerata la durata dell’opera, le introduzioni all’ascolto prima di ogni rappresentazione - curate dal professor Claudio Toscani - saranno abbreviate e si terranno nel Ridotto dei Palchi alle ore 18.

La musica

“Rossini - spiega Michele Mariotti nell’intervista a Barbara Narici inclusa nel numero di marzo della Rivista del Teatro - ha dimostrato di saper abbracciare uno stile, intendo lo stile romantico, che non era all’epoca ancora esploso. Tell non è un’opera romantica ma piuttosto pre-romantica, caratterizzata da un colore diverso. In questi anni ho lavorato molto sullo strumento sonoro, sul colore orchestrale. In quest’opera c’è un nuovo respiro, un nuovo colore, e c’è una presenza della natura stupefacente, che abbiamo visto solo nella Donna del lago. Le esperienze che ho fatto negli ultimi anni vanno in questa direzione. Non snaturerò il Tell, non lo farò diventare un’opera romantica. Per esempio, l’aria di Arnold dell’Atto IV ‘Asile héréditaire’ ha un’orchestrazione diversa da tutto il resto dell’opera e corrisponde all’evoluzione del personaggio. In principio ad Arnold poco interessa la patria, la lotta: è essenzialmente innamorato di Mathilde, e vuole amarla a dispetto dello scontro politico e della differenza di status sociale. È la morte del padre a far sì che egli si accenda e che si dichiari pronto a combattere per vendicarlo; per questo l’aria ha carattere diverso da tutto il resto dell’opera. Non sono d’accordo nel vedere Arnold come un tenore eroico, per me rimane un innamorato. C’è poi il Trio delle donne nell’Atto IV, importante in quanto mette in luce un altro tema, che è il senso di appartenenza, l’attaccamento alle proprie radici, l’amore, oltre alla solidarietà tra Mathilde ed Hedwige, moglie di Tell. Un trio di donne è una rarità, un gioiello, presente solo nell’Orfeo ed Euridice di Gluck e nel Rosenkavalier di Strauss”.

Lo spettacolo

Per Chiara Muti, intervistata da Biagio Scuderi per La Scala - Rivista del Teatro, Guillaume Tell è “una storia di portata biblica; Guillaume è il puro, l’uomo visionario che non ammette il vizio, è un eroe suo malgrado perché, per lui, la morale e il rispetto vengono prima di ogni cosa. Non è così per tutti gli altri, non è così per Gessler che rappresenta il male. Nell’impaginare la drammaturgia mi sono fatta trasportare da Metropolis di Fritz Lang. Mi sono chiesta: qual è la libertà che stiamo perdendo? E ho realizzato che ci stiamo auto-asservendo, senza accorgercene, a un meccanismo che ci imporrà sempre di più regole assurde e disumane che tutti accetteremo per quieto vivere. Lo vedo nelle nuove generazioni, col naso giù per terra, fisicamente prostrati al suolo, non guardano più il cielo ma solo questi orrendi mezzi di comunicazione che ci stanno chiudendo al mondo e la cui luce del display è come il sorriso di Narciso, più lo guardi e più finisci nell’abisso senza rendertene conto”.

Tell alla Scala

Guillaume Tell, opera monumentale, subì tagli e modifiche già nel corso delle prove e delle prime rappresentazioni seguite al battesimo avvenuto all’Opéra di Parigi il 3 agosto 1829. La prima scaligera risale al 26 dicembre 1836 in una versione italiana profondamente modificata: per l’inaugurazione della stagione di Carnevale e Quaresima va in scena per ben 32 rappresentazioni Vallace, “melodramma tragico di Calisto Bassi, composto sulla musica del Guglielmo Tell del Maestro Cavaliere Rossini”. Sempre la versione del Bassi ma con il titolo Guglielmo Tell torna nel 1845, 1858, 1860, 1867, 1881 (con la direzione di Franco Faccio), 1899 (diretto da Toscanini con Francesco Tamagno come Arnoldo), 1930 (direttore Giuseppe del Campo, con Giacomo Lauri Volpi come Arnoldo, Benvenuto Franci come Tell e Lila Bruna Rasa come Matilde), 1939 (sul podio Gino Marinuzzi). Memorabile anche l’edizione diretta da Francesco Molinari Pradelli nel 1965 e ripresa nel 1966, con Gianni Raimondi, Giangiacomo Guelfi e Ilva Ligabue nelle parti principali, la regia di Sandro Bolchi e le scene di Salvatore Fiume. Guglielmo Tell torna in scena per l’ultima volta in italiano per l’inaugurazione della Stagione 1988/89 con la direzione di Riccardo Muti e una fastosa produzione firmata da Luca Ronconi con scene di Gianni Quaranta e costumi di Vera Marzot: in palcoscenico Chris Merritt, Giorgio Zancanaro e Cheryl Studer.

Foto: brescia e amisano

 

 

Fattitaliani

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