di Mariano Sabatini
L'idea
del libro nasce l'estate scorsa, sull'onda del successo del film di Greta
Gerwing e su proposta della casa editrice Diarkos. La giornalista, conduttrice
radiofonica e ora anche scrittrice, qui al suo esordio, Misa Urbano si è
incuriosita del progetto quando ha scoperto che la prima bambola, in realtà,
rappresentava una prostituta tedesca del secondo dopoguerra ed era nata come
giocattolo sessualmente allusivo per gli uomini. <<Volevo capire come
Barbie fosse passata da quella rappresentazione a gioco per le bambine. Ci ho
messo qualche giorno per accettare la proposta perché il tempo a disposizione
per la consegna era poco ed ero un po' spaventata, poi ho capito che avrei
dovuto almeno provarci…>> afferma la Urbano. Così è nato Barbie.
Da bambola a icona: la favola della mitica e discussa fashion doll,
divertentissimo saggio, ben condotto, sul feticcio più bramato, discusso e indagato
della contemporaneità.
In che modo hai
lavorato per scriverlo?
Ho
iniziato facendo ricerche su riviste e biblioteche statunitensi per trovare
informazioni, testimonianze, articoli e interviste sulle origini della bambola
e sui fondatori della Mattel, dedicando la prima parte del libro al processo
industriale di creazione di Barbie. Nella seconda parte invece ho scelto di
concentrarmi sulle tante analisi e ricerche scientifiche che hanno riguardato
la bambola, dai primi anni di enorme successo alle critiche degli ultimi
decenni.
La cosa più
sorprendente che tu abbia appreso?
Ho
trovato molto interessante il processo innovativo che ha portato alla
produzione della bambola e che ha coinvolto professionisti diversi come
ingegneri, designer e stilisti. Tutti quelli che hanno contribuito alla
creazione di Barbie hanno dovuto cimentarsi con qualcosa di nuovo ed
estremamente sfidante. Mi sono divertita molto a scoprire come gli uomini
chiamati a creare la prima Barbie abbiano affrontato il problema dei suoi capezzoli
e di come in seguito, hanno risolto il problema del pene di Ken per evitare che
le bambine corressero a spogliare i bambolotti per scoprire cosa ci fosse sotto
i pantaloni.
Soddisfatta
dell’esito finale?
Si
può sempre fare meglio ma sono abbastanza soddisfatta del risultato. Credo di
essere riuscita a sintetizzare sia la storia della nascita di Barbie che i
diversi punti di vista espressi in merito alla sua influenza.
Molti
considerano che non sia un buon modello per le bambine?
Lo
penso anch'io ed è stato dimostrato ampiamente da diversi studi scientifici. Ci
sono due problemi: il primo riguarda l'aspetto fisico della bambola, dalle sue
forme irreali al fatto che, nonostante i vari tentativi inclusivi e di
diversificazione della Mattel, quella ritenuta la vera Barbie e dunque il
modello dominante e più desiderabile sia, e sarà sempre, la bionda perfetta con
gli occhi azzurri. L'altro riguarda il consumismo estremo e la frivolezza di
cui è in qualche modo testimonial. Attenzione però, perché non si possono dare
ad un giocattolo responsabilità maggiori di quelle che si danno alle
istituzioni culturali di un Paese. Barbie non è un'aliena finita per sbaglio
sulla Terra, è la rappresentazione di alcuni temi non risolti e tutt'oggi
problematici, ma non la loro causa.
Ti consentivano
di giocarci da piccola?
Se
l'avessi desiderato, sì! All'epoca in Italia non c'era ancora stata una
riflessione sugli aspetti negativi della bambola. La realtà però è che non ne
sono mai stata affascinata, mi annoiava doverla pettinare e vestire. Non mi
interessava assolutamente, mi divertivano molto di più giocattoli considerati
da maschi, fare sport o giocare con il mio cane. Ero una di quelle bambine che
preferivano maltrattare le Barbie delle amiche, piuttosto che giocarci.
Ma per molti è
diventata simbolo del femminismo. Per te dov’è la verità?
Non
credo assolutamente che oggi lo sia. Nel 1959, all'epoca del suo lancio, poteva
anche dare alle bambine, che nella maggior parte dei casi erano destinate a
diventare solo mogli e madri, l'idea che un altro futuro fosse possibile.
Sappiamo però che c'è voluto ben altro per permettere alle donne di emanciparsi
dai ruoli a cui erano costrette. Oggi, con una ricca disponibilità di studi di
genere a disposizione di chiunque abbia voglia di approfondire e con una
sensibilità generale diversa su temi legati al patriarcato, mi sembra davvero
difficile pensare alla Barbie come simbolo del femminismo.
La perfezione e
la levigatezza della Barbie può far sentire molte escluse…
Questa
considerazione è una delle principali problematiche che la Mattel si è trovata
ad affrontare una volta che Barbie è diventata un prodotto dal successo mondiale.
Anche se non è automatico che una bambina si rispecchi in lei, è stato
dimostrato che per tante giovanissime la perfezione della bambola sia stata
fonte di un cattivo rapporto con il proprio corpo e di una peggiore percezione
delle proprie possibilità perché non conformi al modello estetico considerato
desiderabile. Ancora una volta però, Barbie è uno degli elementi che tendono a
diffondere una determinata idea di donna, non è di certo l'unico.
Ci sono anche
maschi che amano le Barbie e ci sono artisti, penso a Hector Quesada Damian,
che ne creano pezzi unici da collezione.
Non
mi stupisce. Tantissimi collezionisti di Barbie sono uomini, forse la maggior
parte. Se la guardiamo semplicemente per quello che è, tralasciando tutto ciò
che vuoi o non vuoi rappresenta, ci rendiamo subito conto di come sia un
oggetto esteticamente molto gradevole, creato appositamente per essere
piacevole da guardare e da toccare. Per sempre giovane, bellissima e
imperturbabile, qualsiasi cosa le succeda intorno.
Che reazioni sta
avendo il libro?
La
casa editrice è soddisfatta e le recensioni che ha avuto finora mi hanno resa
molto felice. Chi lo ha letto ha apprezzato la scorrevolezza del testo, è stato
descritto come una disamina approfondita e originale del fenomeno Barbie a 360°
e mi hanno suggerito di portarlo come case study nelle università per corsi di
Marketing, Sociologia e Psicologia. Non potevo davvero augurarmi di più!