di Nicola F. Pomponio
PESCARA - Incontro Daniela
Scalabrini e Fabian Brana
nella loro frequentatissima milonga “Prestige” di Montesilvano,
alle porte di Pescara. Questa coppia di ballerini è riuscita nel tempo ad
affermarsi come una delle realtà più vitali, originali, interessanti nel
panorama del tango argentino in Italia e diventa quasi naturale provare a
capire sia le particolarità di questa danza, sia la prospettiva con cui la
costruiscono.
Si può
parlare in effetti di “costruzione” nel tango?
Sì certo (risponde con un sorriso Daniela),
il tango lo si “costruisce” ma è qualcosa di sempre diverso che i ballerini
improvvisano al momento in base alle emozioni che trasmette la musica, il
contatto con l'altro/a, le proprie conoscenze tecniche. Non c'è un copione
prefissato, l'importante è l'ascolto della musica e del proprio partner per creare
qualcosa di nuovo in cui ambedue i ballerini possano riconoscersi.
Come
siete arrivati al tango?
Nel mio caso – risponde Daniela
– è stata una scoperta avvenuta insieme ai miei studi musicali. Sono diplomata
in pianoforte e clavicembalo al Conservatorio di Pescara e, contemporaneamente,
mi sono avvicinata al mondo della danza sia classica sia moderna. Questa è
stata un'ottima base di partenza per poi scoprire e sviluppare la passione per
il tango.
Io, invece, ho avuto un percorso completamente diverso – interviene Fabian. Ho scoperto il tango da
giovanissimo e casualmente. Essendo nato a Buenos Aires ho iniziato a
frequentare dei corsi organizzati dal governo (in “Centri culturali” di
quartiere) pensati per ragazzi cominciando ad andare in milonga quando avevo
solo 14 anni (anche se, ufficialmente, non avrei potuto farlo). Passavo
tantissimo tempo a ballare ma anche e soprattutto ad ascoltare milongueri molto
più anziani di me: la loro conversazione è stata forse ancor più formativa dei
corsi!
Percorsi
diversi con un approdo comune quindi.
Sì, è così. In Argentina il tango è qualcosa di vitale che, in un certo
senso, si respira nell'aria. Io - ricorda Fabian
- sono entrato in questo mondo in un momento ben preciso, ne ho seguito lo
sviluppo in questi anni e assisto a continue trasformazioni, ad esempio quando
iniziai in alcune milonghe era impensabile andare a ballare senza la cravatta:
esisteva un preciso “dress code”
che ora non c'è più. Oppure c’era la figura del “maitre” (una sorta di caposala)
che, conoscendo i ballerini, li accompagnava ai tavoli vicini a quelli dove
“casualmente” sedevano i/le partner di ballo preferiti lasciando spazio alla
successiva “mirada” (lo
sguardo con cui un cavaliere si propone a una dama) e “cabeceo” (il microscopico accenno
della testa o il semplice sorriso con cui la dama, senza farsi notare dai
presenti, accetta di ballare). Come queste forme esteriori, anche il modo di
ballare cambia. E' un errore pensare di “congelare” il tango e mantenerlo
sempre uguale a se stesso, in realtà, come ogni cosa viva, questa danza si
sviluppa con le generazioni che si susseguono. Il che non vuol dire che
qualsiasi novità sia sempre positiva.
Hai in
mente qualcosa in particolare?
Ecco, noto che ultimamente si stia spingendo un po' troppo sull'aspetto
che chiamerei agonistico. Ci sono tante gare di tango! Per come la vedo io e
per come mi sono formato, il tango è soprattutto abbandono alla musica e
rapporto con il partner: si balla per creare un rapporto con l'altro/a. Certo
ci può stare la gara, ma il tango è prima di tutto vita, fantasia, invenzione.
Ho il timore che spingere troppo sulle gare possa snaturare un ballo che nasce
innanzi tutto come espressione popolare del divertimento e dei sentimenti.
Hai
parlato di abbandono alla musica...
Sì. Per me è la musica l'aspetto principale e molto spesso, cosa
interessante, su una musica allegra vi sono testi tristissimi.
Il che,
detto da te, che sei un affermato cantante di tango, suona molto istruttivo.
Ma questa è la storia! Si dice che la prima forma musicale a comparire,
delle tre che si ballano in milonga (ovvero tango, vals e milonga) fosse
proprio la milonga, ovvero una danza veloce, allegra, scanzonata. Qui sarebbe
l'origine del tango, e sarebbe un'origine popolare di divertimento non di
tristezza e dolore, come narrano quasi tutti i testi delle canzoni. Come poi
sia nato il tango, penso che nessuno lo sappia. Ci sono molte teorie in
proposito ma sicuramente agli esordi vi è il desiderio di esprimere e mostrare
i propri sentimenti e il proprio stato d’animo attraverso musica e poesia
Esiste poi il cosiddetto “tango nuevo”.
Sì, e qui entriamo nel campo delle nuove modalità di ballo che trovo di
grande interesse e bellezza. Ma bisogna fare attenzione, il “tango nuevo” deve
restare comunque tango senza stravolgere i canoni estetici e di movimento
caratteristici di questa particolare forma espressiva (il tango non può e non
deve diventare una mazurka o un rock’n roll…). Alcune volte si propongono da
ballare dei brani che sono stati scritti espressamente per NON essere ballati.
Penso soprattutto al grande Piazzolla.
Ci va anche in questi casi un po' di discernimento: se chi ha scritto il brano,
l'ha scritto solo perché venga ascoltato qual è il motivo per cui ci si ostina
a ballarlo?
E per
te, Daniela, cosa rappresenta il
tango?
Diciamo che per me il tango è come un frammento di un discorso; in
senso proprio letterale. E' un frammento perché dura una manciata di minuti, un
tempo breve in cui si cerca di entrare in rapporto col partner mettendosi in
gioco in modo completo. Già l'abbraccio, che può essere più o meno “chiuso”,
comunica molto di se stessi; il ballo poi è una muta conversazione, fatta solo
di indicazioni corporee in cui si cerca la simbiosi, la “chimica” di una
reciproca comprensione, in base ad una “grammatica” di passi definiti ma sempre
intercambiabili, improvvisabili, riproponibili, proprio come quando parliamo e
usiamo combinandole, scomponendole, ricombinandole parole, accenti, silenzi,
intonazioni differenti per comunicare. In questo senso è un discorso a due, un
muto discorso fatto di gesti, attenzioni, proposte e risposte tutte e solo
giocate col corpo senza mai trascurare il momento ludico, divertente; le
piccole soste, gli ampi volteggi, lo stesso semplice incedere comunicano
all'altro/a molto di noi, ci scopriamo cercando di entrare in rapporto col
partner attraverso la danza.
Sì, è così - interviene Fabian -, il tango è entrare in
rapporto con un’altra persona, ma questo rapporto cambia di intensità e forza a
seconda del partner con cui si balla. Quando si balla il tango, si possono
provare sentimenti molto acuti che coinvolgono totalmente i tangueri. Sono
momenti intensi, puntuali ma la cui profondità marca la danza e può giungere a
marcare l’intera esistenza dei ballerini. In quei momenti scompare tutto perché
si è diventati tutto; è quasi una piccola esperienza mistica che però raramente
accade.
Dopo di che è bello veder danzare questa
coppia di maestri e leggere sui loro volti, ora luminosi ora concentrati, quanto
hanno appena detto. Ben si comprende la loro fama e notorietà nel mondo
tanghero; per loro il tango è una scelta di vita che non si limita solo alla
lezione o alla tecnica ma straripa nel canto di Fabian e nelle numerose serate in
cui Daniela è un'apprezzata e
ricercata tdj (tango dj). Resta comunque bello vederli ballare con un
affiatamento e una spettacolarità difficile da raggiungere e da descrivere.