Ambra Giordano, attrice, modella, scrittrice e sceneggiatrice, si racconta - INTERVISTA di Andrea Giostra.
«Ho un concetto di bellezza piuttosto personale. Spesso mi capita di trovare dettagli bellissimi ed entusiasmanti in cose verso cui gli altri non sono minimamente interessati. Di contro trovo estremamente brutte e noiose tutte quelle forme di bellezza a cui oggi gli standard ci abituano.» (Ambra Giordano)
Ciao Ambra, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro
invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Ambra, attrice,
modella, scrittrice e sceneggiatrice?
Beh, modella non direi! Ho posato per qualche pubblicità, ma non mi definirei una modella per questo! Piuttosto un’innamorata dell’Arte, quello sì! Amo il teatro, la letteratura, la fotografia, la musica, la pittura… insomma, l’Arte… in tutte le sue sfaccettature!
…chi è invece
Ambra Donna nella sua quotidianità, al di fuori dal lavoro e dalla sua passione
per la recitazione, il teatro, la scrittura e la tua arte? Cosa puoi raccontarci
di te?
Nella
vita privata sono sposata con Davide da quasi 10 anni, con alle spalle 12 anni
di fidanzamento, il che, a conti fatti, risulta essere un bel traguardo!!!
Soprattutto per lui che mi sopporta quotidianamente da così tanto tempo! Da
cinque anni poi siamo la mamma ed il papà di Samuele, il piccolo e dolcissimo
tornado di casa!
Amo leggere, scrivere, vedere mostre, fare lunghe
passeggiate nella natura e a cavallo (ottenendo il brevetto di equitazione
rilasciato dalla Fise), amo il mare, la fotografia, dipingere, lavorare la
ceramica e mille altre cose ancora! Tutto mi appassiona!
Sono inoltre diplomata presso l'Accademia BCM di
Milano come MakeUP Artist professionista.
Ho ancora mille sogni nel cassetto e chissà...
Come
nasce la tua passione per la recitazione, per scrittura, per il cinema e il
teatro?
Sono nata e cresciuta a Genova.
All'età di otto anni, dopo aver visto con mia madre "Il cielo sopra
Berlino" di Wim Wenders, andai da lei e le dissi che io da
grande avrei fatto l'attrice. Penso si possa facilmente immaginare la sua espressione!!! Difficilmente la dimenticherò!
Chissà cosa scatenò in me quel
film, di piuttosto difficile comprensione, tra l'altro, per una bambina di 8
anni! Tuttavia, qualcosa in me nacque ed iniziò ben presto a crescere.
Mia madre si mise a cercare dei
corsi di recitazione per bambini, ma non fu facile trovarne inizialmente.
Stiamo parlando dei primi anni '90 , ed allora non vi era tutta l'offerta
odierna per quanto concernesse questa tipologia di formazione artistica.
I talent televisivi hanno poi
fatto la loro parte ed ora i corsi di formazione o perfezionamento in ambito
artistico si moltiplicano di giorno in giorno.
Frequentai così la mia prima
Scuola di Recitazione, "La Quinta Praticabile" di Genova, diretta da Modestina
Caputo, mia prima meravigliosa Maestra. Negli anni mi formai con diversi
insegnanti, tra cui Sandro Baldacci, per il quale nutro profonda stima
per il suo instancabile impegno nell’ambito del teatro sociale e terapeutico, e
l'indimenticabile Aldo Amoroso, a cui devo moltissimo sia in termini di
formazione attoriale che umana. Furono anni di splendidi incontri, amicizie
profonde, spettacoli bellissimi e formazione vera, quella che mira a perfezionarti
ogni giorno un po' di più, piuttosto che a rincorrere applausi momentanei.
Dopo essermi diplomata, venni poi chiamata ad insegnare nella stessa scuola.
Qual è il tuo
percorso accademico, formativo, professionale ed esperienziale che hai seguito
e che ti ha portato a fare quello che fai oggi nel vestire i panni dell’attrice
e scrittrice?
Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori e i
registi che da questo punto di vista ti hanno segnato e insegnato ad amare la
settima arte, il teatro e tutte le arti nelle quali esprimi il tuo talento?
Mi sono diplomata come attrice
presso “L’European Union Academy of Theatre and Cinema”, a Roma Cinecittà e
contemporaneamente presso la “London Academy of Music and Dramatic Art” in
Acting and Verse and Prose e presso “University of Wales" in Acting (BA,
Hons).
Fui ammessa a Roma a pieni voti
e lì studiai con insegnanti strepitosi. Non posso ovviamente citarli tutti
poiché troppi, anche se tutti bravissimi e nel mio cuore, ma tengo
particolarmente a nominare Giancarlo Fares e Sara Greco Valerio,
che hanno rappresentato e rappresentano per me l'esempio di un perfetto
connubio tra intelligenza, poetica, preparazione, umiltà e bravura pazzesca.
Chiunque non abbia ancora visto un loro spettacolo, corra a farlo!
Terminati gli studi accademici ho poi completato la formazione attraverso numerosi stage, laboratori e masterclass, anche di recitazione cinematografica, con importanti nomi del panorama artistico italiano, tra i quali Dario Fo, Massimo Venturiello, Paolo Genovese, Massimiliano Bruno, Pupi Avati.
Hai lavorato con
grandi nomi del cinema e del teatro italiano e internazionale quali, tra gli
altri, Paolo Villaggio, Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, oltre ad aver
avuto la possibilità di prender parte a spettacoli con gli attori dell'Odin
Teatret di Eugenio Barba. Ci racconti qualcosa di queste esperienze artistiche
e dei tuoi rapporti professionali con questi miti del cinema e del teatro
italiani?
Poter lavorare con grandi artisti e
professionisti del mestiere è chiaramente un’opportunità incredibile perché ti
permette di carpirne i segreti e di imparare ogni volta qualcosa di nuovo che
ti accresce sia artisticamente che umanamente. Il nostro lavoro è fatto anche
di attimi e sguardi rubati, di instancabile osservazione di chi conosce il
mestiere da più tempo di te.
Spesso i “più grandi” si caratterizzano poi per una validissima preparazione accompagnata ad una grande umiltà. Cosa forse non così scontata oggi giorno.
Hai frequentato
una Masterclass con uno dei più grandi registi e autori italiani, Pupi Avati,
che dopo qualche tempo ti ha chiamata per partecipare alla sua nuova produzione
cinematografica su Dante Alighieri. Ci racconti questa emozionante esperienza,
cosa hai imparato da questo gigante dell’arte cinematografica e teatrale
italiana, quale il bagaglio esperienziale che hai acquisito e ti porti dietro,
cosa hai imparato che ti serve e ti è servito per il tuo lavoro?
L'esperienza è stata breve, ma il fatto di essere
stata da lui scelta e richiamata, ed il poter ammirare da così vicino un
artista del calibro di Pupi Avati è qualcosa che rimarrà per sempre nel mio
cuore!
Ho scoperto inoltre essere una persona estremamente dolce, affabile e profonda. A proposito dell’umiltà di cui si parlava prima…!
Nella tua
carriera artistica hai avuto diversi riconoscimenti quali, per esempio, il
Premio come miglior attrice non protagonista al Sicily Web Fest con "Tutte le ragazze con una certa
cultura", e sei arrivata finalista al Premio "Dodici donne" indetto da ATCL , con la partecipazione di
Franca Valeri, Monica Guerritore, Paola Pitagora e Paolo Bonacelli e Vincitrice
al Premio “Donne da Palcoscenico”, con il testo da te scritto e interpretato
“L’Albero di Kalaloch”. Ci racconti di questi riconoscimenti artistici, come li
hai vissuti emozionalmente e professionalmente, cosa ti hanno insegnato, se
sono serviti per la tua carriera e se ti hanno aperto nuove opportunità e
relazioni professionali? Insomma, racconta ai nostri lettori dei tuoi successi
e di queste belle emozioni artistiche.
Veder riconoscere il proprio impegno ed il
proprio valore è certamente qualcosa che fa piacere ed inorgoglisce,
soprattutto dopo lunghe fatiche!
Ho poi avuto la fortuna, in queste occasioni, di incontrare persone meravigliose e grandi artisti che mi hanno dato ottimi consigli ed aiutato nel mio percorso di crescita! Il mestiere di attrice è tutt’altro che facile, fatto di cadute e vittorie, momenti di sconforto e risalita, di alti e bassi, ma in occasione di questi premi e riconoscimenti ottenuti ho sentito tutto l’Amore ed il supporto da parte di persone ed artisti che hanno affrontato prima di me queste difficoltà e mi hanno incoraggiato ancora una volta ad affrontare con sicurezza le tempeste del mare aperto, fiduciosa delle mie capacità.
Da un po’ di
tempo ti occupi di scrittura di testi che hanno come fil rouge la
sensibilizzazione su tematiche sociali. Ci parli di queste tue opere? Quali
sono, come nascono, qual è l’ispirazione che li ha
generati, quale il messaggio che vuoi che arrivi allo spettatore che va in
teatro, quali le storie che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?
"L'Albero di Kalaloch" da me scritto, diretto ed interpretato, narra la
storia di Maria, giovane donna che il pubblico ritrova chiusa all'interno del
chiostro di un vecchio monastero abbandonato.
Tra un sorriso e un biscotto al profumo di cannella,
il pubblico viene accompagnato all'interno del dramma di una donna dovuta
scappare a causa delle violenze subite dal marito.
E lì scopre che, oltre a Maria, tante sono le realtà
sparse per il mondo, simili e diverse al contempo. Si scopre che di violenze ce
ne sono di molti tipi. Violenza fisiche e psicologiche, nonché sessiste,
brutali o subdole, evidenti o celate.
Ma per tante donne che, ahimè, non riescono a
trovare la forza di reagire, ve ne sono altrettante capaci di rialzarsi, di
rimettersi in piedi, di non lasciarsi morire, di aggrapparsi alla Vita con una
forza tale da essere e diventare potentissimi e travolgenti tsunami di energia
decisa a non lasciarsi morire. Proprio come l'Albero di Kalaloch. Esiste
realmente, soprannominato Tree of Life, all'interno del Parco
Nazionale dello Stato di Washington.Con un destino di morte segnato, si è
aggrappato alla Vita con una forza tale da sfidare ogni legge fisica e
diventare un bellissimo simbolo di rivincita e rinascita.
"L'Albero di Kalaloch" ha vinto il Primo Premio Nazionale al Concorso
"Donne da Palcoscenico" indetto da MinimiTeatri di Rovigo.
"Che Bulli questi Fiori", sempre da me scritto, diretto ed interpretato,
narra le vicende di Erica, dolce e sensibile ragazza liceale appassionata di
Florigrafia (il cosiddetto linguaggio dei fiori, per il quale ad ogni fiore
viene attribuito un significato differente). Certo, passione piuttosto bislacca
al giorno d'oggi per una ragazza di 17 anni. Erica è allegra, sognatrice, a
tratti perfino buffa ed impacciata. Non ama filtrare la vita attraverso uno
schermo, né lo stare al passo con i tempi su di un nuovo, ennesimo, social.
Perciò è diversa. E perciò viene presa di mira dai suoi compagni. Gli atti di
bullismo cui viene sottoposta si fanno però via via sempre più incalzanti e
quando l’ennesima umiliazione diventa virale su internet, tutto il suo mondo
delicato inizia a crollare. E noi, che assistiamo inermi, riusciamo a sentire
persino il rumore di tutti quei pezzi di vetro che vanno pian piano a
distruggersi dentro di lei e che, come lame, si conficcano nel suo cuore.
Questo spettacolo, tra una risata ed una lacrima,
non parla solo di bullismo, parla di indifferenza. Ed è per questo che si
rivolge a tutti, giovani, giovanissimi, ma anche a noi adulti. A noi che
abbiamo il dovere morale di parlare di certi argomenti, di fare prevenzione, a
noi che assistiamo in diretta all’omicidio di un uomo, ma che filmiamo la scena
con i cellulari. A noi però che crediamo che i Fiori dell’Umanità e
dell’Amicizia esistano ancora.
"L'Eredità di Famiglia", spettacolo di Teatro di Narrazione, sempre
da me scritto, diretto ed interpretato, basato sulla storia vera di Jasmin,
bambino di 5 anni che ha affrontato il durissimo conflitto bellico avvenuto
negli anni '90 in Bosnia Erzegovina. La guerra viene raccontata attraverso lo
sguardo di un bambino. Ben presto però gli aeroplanini di carta si tramutano in
"combat" militari ed i gentili vicini della porta accanto in
sanguinari assassini.
Quale futuro si potrà mai consegnare alle prossime
generazioni se non quello della vendetta e dell'odio?
Ogni conflitto bellico, ovunque sia e
indifferentemente da quali possano esserne i motivi scatenanti, porta in sé
un'eredità estremamente pericolosa anche per le generazioni a seguire, perché
una guerra non termina mai con il cessare delle bombe, ma dura e perdura nel
cuore di chi resta per molti e molti anni ancora.
Oggi come non mai, purtroppo, la tematica risulta
piuttosto attuale.
Accanto alla scrittura di tematiche "piuttosto
impegnative", mi diverto poi a scrivere testi comici, portando in scena
spettacoli di Stand-Up Comedy.
Da tempo poi, con Deborah Riccelli, carissima amica oltre che bravissima scrittrice, collaboriamo portando in scena alcuni tra i suoi testi, "Mille e più farfalle" e "Nessuno mai potrà più udire la mia voce", spettacolo che ha fatto registrare il sold out presso il Teatro Carlo Felice di Genova, riempiendo la sala con 2.000 spettatori.
Una domanda difficile, Ambra: perché i nostri lettori dovrebbero
vedere le tue opere? Prova a incuriosirli!
Le tematiche che,
ad oggi, ho deciso di trattare ed approfondire nei miei spettacoli non sono
sicuramente tra le più semplici, tuttavia, ritengo sia indispensabile un
richiamo al risveglio di un’umanità più evoluta e partecipe, più giusta, che
decida energicamente di volersi distaccare dall’individualismo bruciante e
dilagante oggi giorno.
I testi che scrivo
parlano di uomini, donne, bambini assolutamente normali a cui succede però
qualcosa di straordinario. Qualcosa destinato ad entrare nella loro vita e
nella vita dello spettatore che osserva. Ciò che più mi colpisce, ogni volta, è
vedere la graduale e sempre maggiore partecipazione degli spettatori man mano
che le vicende si snodano. Si percepisce l’empatia, la speranza, la delusione,
la rivincita. E non di rado mi trovo a condividere proprio con gli spettatori
presenti in sala l’esperienza di una lacrima strappata via da un sorriso. Sì,
perché generalmente nei miei spettacoli si piange e si ride insieme. Insieme:
nello stesso momento e, insieme: io sul palco e chi assiste allo spettacolo,
come una cosa sola, un corpo unico.
Il sorriso è un
ingrediente fondamentale per me, a cui proprio non posso rinunciare.
Ed è per questo che, accanto a tematiche più impegnative, ho deciso comunque di portare avanti un percorso di stand-up comedy! “Un giorno senza sorriso è un giorno perso”, diceva un piccolo grande uomo speciale!
«Appartengo a quella categoria di persone che
ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto
se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri
spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone
appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona
che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione
e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo
nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e
dell’impegno che mettiamo in quello che facciamo?
Qualche tempo fa avrei risposto diversamente. Oggi invece sono sempre più convinta che la maggior parte dei risultati ottenuti e del percorso intrapreso per ottenerli dipenda da noi. È chiaro che le coincidenze fortunate talvolta accadano e che possano rappresentare un momentaneo vantaggio da cogliere al volo, ma nulla può sostituire la forza scatenata da un desiderio ardente nonché dall’impegno e dallo studio costanti.
«… mi sono trovato più volte a riflettere sul
concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in
proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se
nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo
so.”» (Umberto Eco, “La
bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la
bellezza? Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a
riconoscere la bellezza nel cinema, nel teatro, nella scrittura, nell’arte… ma
anche nella vita e nelle persone, secondo te?
Ho un concetto di
bellezza piuttosto personale. Spesso mi capita di trovare dettagli bellissimi
ed entusiasmanti in cose verso cui gli altri non sono minimamente interessati.
Di contro trovo estremamente brutte e noiose tutte quelle forme di bellezza a
cui oggi gli standard ci abituano. Fondamentalmente per me tutto ciò che desta
curiosità, suscita un’emozione autentica e richiede in qualche modo una
partecipazione attiva in chi osserva o ascolta, è bello.
Ogni volta che il mio occhio si sofferma un po’ di più su qualcosa ed il mio passo diventa incerto fino ad indurmi a fermarmi, ecco, lì, di solito, c’è qualcosa di bello.
«Io vivo in una specie di fornace di affetti,
amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere
la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che
succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò
che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una
realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole
della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così
poderosi sono importanti per te e incidono nella tua arte?
L’Amore è il
motore di ogni cosa. Senza quello tutto sbiadisce e perde di sapore. L’Arte
stessa, per quanto mi riguarda, è una forma d’amore.
Sono un’inguaribile entusiasta ed innamorata di ogni cosa che faccio. Nel momento in cui mi disinnamoro di qualcosa capisco essere arrivato il momento di cambiare strada.
« … è stata tutta una vita di sacrifici e di
gelo! Così si fa il teatro. Così ho fatto! Ma il cuore ha tremato sempre tutte
le sere! E l’ho pagato, anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere
anche quando si sarà fermato» (15 settembre
1984, Taormina). Ascoltando queste parole dell’immenso Eduardo de Filippo che
disse nel suo ultimo discorso pubblico tenuto a Taormina, cosa ti viene in
mente, cosa pensi della figura dell’artista-attore teatrale da questa
prospettiva defilippiana, se vogliamo? Per te cos’è emozionalmente salire sul
palco di un teatro o mettere in scena un’opera teatrale, o recitare davanti ad
una telecamera? Come vivi questa dimensione artistica?
È il privilegio di poter guardare la Vita da
un’altra prospettiva, con altri colori, altre idee e ideologie, con convinzioni
e certezze diverse dalle tue.
È una seconda possibilità, una seconda pelle, una scarica adrenalinica che, come disse il grande Eduardo, fa tremare il cuore tutte le sere. E dentro a quel cuore che trema avviene quel meraviglioso e onirico incontro tra l’attore e lo spettatore. È uno scambio energetico che nulla al mondo, se non l’Arte, può regalarti in modo così intenso e puro.
«Ti criticheranno sempre, parleranno male di
te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere così come
sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un'opera di
teatro, ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni
giorno della tua vita prima che l'opera finisca priva di applausi.» Fu Charlie Chaplin (1889-1977) a dire queste parole. Tu cosa ne
pensi?
Sono pienamente d’accordo. L’animo umano,
soprattutto quando poco “evoluto” (diciamocelo!), è tanto incline alla bellezza
quanto, ahimè, al trovare sempre qualcosa che non vada bene, che non rientri
“negli schemi” prestabiliti. È una dinamica piuttosto pericolosa perché dentro
questi schemi ci si può perdere rovinosamente e non ritrovarsi più e credo che
i giovanissimi di oggi siano esposti a questo rischio maggiormente rispetto
alle generazioni precedenti.
Per cui vale assolutamente la pena di vivere,
fino in fondo, e credere fortemente nelle proprie peculiarità, diversità,
unicità.
Seguire ciò che il cuore ci dice ci rende
individui migliori, capaci di seminare bellezza e luce.
Ikigai, lo chiamano i giapponesi. Il senso è trovare il proprio scopo e per farlo bisogna liberarsi del giudizio degli altri ed iniziare a seguire il proprio personalissimo cammino.
«La lettura di
buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne
sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi
ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes
in “Il discorso del metodo”, Leida,
1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno
di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere
dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece
la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi
nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali. (…) Ogni lettore, quando
legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di
strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere
quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel
Proust, in “Sur la lecture”,
pubblicato su “La Renaissance Latine”,
15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998,
p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero
una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine”,
ovvero, “leggere sé stessi” come dice
Proust? Dicci il tuo pensiero…
Innanzi tutto
oggi leggere un libro è un lusso! Si può dire? Siamo sempre talmente di corsa e
bombardati da immagini che, il poter avere il tempo di sedersi a leggere un
buon libro in tutta calma, magari di fronte al mare, rappresenta davvero un
regalo di cui essere consapevolmente grati!
Probabilmente poi, per rispondere alla tua domanda, un giusto equilibrio tra le due cose e devo dire che dipende molto anche dal libro e dall’autore, ovviamente; ma per quanto mi riguarda è più facile che ritrovi qualcosa di me tra le pagine del libro che leggo, piuttosto che una conversazione con l’autore stesso. Ed apprezzo fortemente i libri che mi permettono di trovare qualcosa di me che ancora non conoscevo o che non volevo vedere.
«Non
mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e
basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato
con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è
un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben
Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los
Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie
abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è
scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale, armonico, musicale,
accattivante per chi legge), volendo rimanere nel
concetto di Bukowski?
Chiaramente un buon equilibrio tra le due cose, una narrazione avvincente ed una struttura armoniosa e ben costruita che la possa sostenere, credo rappresenti la migliore delle soluzioni. In ogni caso anche per me il processo creativo si attiva con la medesima modalità: inizio a scrivere e lascio che il flusso prenda la direzione che desidera. Non mi interrogo fin da subito sul risultato finale, mi lascio sorprendere. Il miglioramento della forma avviene poi in una fase successiva.
Se per un momento
dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato
significativamente nella tua vita artistica e umana, soprattutto nei momenti di
difficoltà e di insicurezza che hai vissuto, che sono state determinanti per le
tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che
ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti?
Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa
intervista, e perché proprio loro?
Sicuramente dovrei iniziare con il ringraziare
mio marito, che da sempre è al mio fianco, mi sprona, mi incoraggia e supporta
in questo percorso spesso arduo. È la mia fonte inesauribile di idee e di
energia! E colui che mi ha detto di proseguire anche quando la vita mi ha messo
di fronte a grandi ostacoli e rallentamenti.
Mia madre, per aver colto fin da subito la mia
inclinazione artistica e propensione verso la recitazione ed avermi iscritta al
mio primo corso, ove tutto ebbe inizio.
Giancarlo Fares, Sara Greco Valerio, Claudio
Spadola per
aver creduto in me anche quando io stessa non ci credevo.
Dario Fo che, dopo avermi vista recitare, mi
ha spronata a tentare il provino in un’Accademia d’Arte Drammatica.
I miei compagni d’Accademia, che amo ancora
moltissimo e che ognuno, a modo suo, mi ha arricchito ed è sempre nel mio
cuore.
Sarebbero decine e decine ancora i ringraziamenti da fare, perché molte delle persone che ho incontrato nella mia vita mi hanno aiutato, consapevolmente o meno, in modo diretto o indiretto. Ringrazio anche chi in qualche modo avrebbe voluto ostacolarmi, perché mi ha reso molto più forte, e quella forza mi è stata molto utile nella vita!
Chi sono i tuoi
autori preferiti, gli scrittori, gli sceneggiatori, i saggisti che hai amato
leggere e che leggi ancora oggi? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri
da leggere in questi mesi estivi dicendoci il motivo del tuo consiglio.
La lettura accompagna di solito le diverse
fasi della mia vita; ci sono momenti in cui preferisco i classici, altri in cui
leggo solo libri di crescita personale, altri ancora in cui ho voglia solo di
bei romanzi…
“Le otto montagne” di Paolo
Cognetti. La descrizione di un’amicizia che deve attraversare gli
inevitabili cambiamenti e processi del diventare adulti.
“In mezzo al mare” di Mattia Torre.
Amo moltissimo la sua ironia ed intelligenza. Per me è sempre stato fonte
d’ispirazione. Peccato che purtroppo non ci sia più; avremmo ancora avuto
bisogno di lui.
“1984” di George Orwell, beffarda descrizione di ciò che doveva essere il nostro futuro, ma che stiamo iniziando vivere come attuale presente.
… e tre film da
vedere assolutamente?
“Il Cielo Sopra Berlino” di Wim
Wenders. Beh, il perché mi pare evidente ormai. Se lo si guarda ad 8 anni
poi, può riservare grandi sorprese!!!!
“L’Ultima battuta” di David
Seltzer, soprattutto per chi desidera intraprendere un percorso nel settore
dello spettacolo. Per la poesia e la crudeltà di certi momenti, per la bravura
pazzesca di tutti gli interpreti.
“Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese, regista che amo moltissimo. Ci permette di osservare, senza filtri e con toni che passano dalla commedia al dramma senza più capire dove esattamente inizi l’uno e finisca l’altro, le zone di luce e di ombra dell’animo umano. Indipendentemente dall’età, dalla nazionalità, dalla provenienza. Ciò di cui si parla è universale. Non a caso è il film che ha registrato più remake in tutto il mondo!
A cosa stai
lavorando in questo momento?
Al momento sono molto concentrata sugli ultimi miei progetti, “L’Albero di Kalaloch”, “Che Bulli questi fiori” e “L’Eredità di Famiglia”. Sono alla lavorazione di un nuovo testo teatrale e di altri testi di Stand-UP Comedy, ma per questo ci dovremo riaggiornare!
Come vuoi
concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa
intervista?
Di andare a teatro (ovviamente!), di sostenere
gli attori (anche quelli non famosi, eh!), di uscire di casa e notare quanta
meraviglia vi sia nel mondo, di camminare sotto la pioggia, di vedere un film
bellissimo, di sorridere ad un bambino sconosciuto, di portare un libro al
parco e di lasciarlo su di una panchina in dono a chi passerà, di vivere con
pienezza la propria unicità.
E poi di sorridere, di sorridere sempre. La vita è fatta di nuvole e sole, e poi ancora nuvole ed ancora sole. Ma ne vale sempre la pena.
Ambra Giordano
https://www.instagram.com/ambra___giordano/
https://www.facebook.com/ambra.giordano.39
Andrea Giostra
https://www.facebook.com/andreagiostrafilm/