Intervista di Marialuisa Roscino
Dott.sa Lucattini, in un suo
recente intervento, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha detto
che “la coesione sociale del Paese si misura sulla capacità di dare un futuro
alle giovani generazioni, creando un clima di fiducia. La struttura demografica
italiana manifesta uno squilibrio che deve richiamare l'attenzione". I
recenti dati Istat, del resto, parlano chiaro. Nel 2022 ci sono stati 393 mila
nati, il dato più basso dal 2008. Dal suo punto di vista come mai in Italia si
è arrivati a questa situazione? Crede che la Pandemia di Covid-19, sia stata
una conseguenza di questo calo così importante delle nascite?
Il fenomeno non è nuovo, adesso i
livelli di denatalità sono allarmanti, è già da molti anni che vi è un
progressivo calo delle nascite, le ragioni sono sia psicologiche che sociali. Certamente,
la pandemia non ha aiutato poiché aumentato il senso di incertezza e di
precarietà anche esistenziale. Scegliere di essere genitori implica sentirsi
sicuri di sé stessi, avere fiducia nel futuro, sulla propria capacità di migliorare
e di stare al mondo a pieno diritto. Inoltre, è necessario avere fiducia di potersi
affermare ognuno nel proprio ambito e anche di avere la forza economica per
mandare avanti una famiglia senza sacrifici logoranti e dare ai figli buone prospettive
di studio e di vita.
Tra i motivi che portano a non
fare figli, sono in vetta dunque quelli economici. Eppure, anche chi si trova
in condizioni migliori, fatica a fare questo passo. Si tende a fare i giovani
anche oltre i 40 anni, senza voler mai rinunciare a svaghi e divertimenti. Possiamo
definirla una sindrome? E soprattutto da cosa nasce?
Con lo spostamento in avanti per
lo studio e per la possibilità di trovare un lavoro e una casa, nel momento in
cui si realizzano queste cose basilari il primo desiderio è riuscire ad avere
qualche soddisfazione con le proprie forze. Quindi, viaggiare, conoscere il
mondo, poter accedere a dei servizi migliori o di eccellenza, dalla moda,
all'avere un'automobile che implica autonomia, tutti questi fattori divengono
dei bisogni primari.
Quando poi si è in coppia e si è trovato il partner giusto per la propria
vita, si ha il desiderio di consolidare il rapporto, sapendo che i figli poi
diverranno il centro della propria esistenza e che la coppia in quel momento
deve essere ben solida. I motivi principali per cui i figli vengono rinviati, da
un punto di vista psicologico sono la consapevolezza che, come genitori, devono
essere forti e che l'impegno da dedicare ai figli deve essere tanto, in termini
di tempo, di attenzione, di partecipazione. Il procrastinare è dovuto anche alla
consapevolezza di tutto ciò che implica avere famiglia e che cosa sia
necessario fare, come genitori, perché i figli siano cresciuti e tirati su bene.
Da un punto di vista
psicoanalitico, quali sono le principali conseguenze di questa situazione sulle
singole persone?
Il problema non è lo studio, i
giovani sanno che per avere un impiego è necessario professionalizzarsi e che
più si studia e migliori e maggiori sono le possibilità di trovare un lavoro
non solo soddisfacente, ma anche stabile. La criticità è data dal senso di
incertezza causato dalla pandemia da Covid-19, dalla guerra tra Ucraina e
Russia, che non sembra assolutamente decrescere alle porte nel cuore dell'Europa
e una preoccupante crisi economica, che i giovani hanno ben presente. L'insieme
di queste situazioni determina una insicurezza, può accentuare le fragilità,
disturbi di personalità e soprattutto provocare una depressione strisciante che
toglie energia, riduce la capacità di applicarsi, fa sentire soli e limita le
iniziative. Non mi riferisco alla depressione clinicamente rilevante, perché in
quel caso i giovani si rivolgono ad uno psicoanalista, ma a quelle forme
subcliniche, le depressioni striscianti di cui non c'è piena consapevolezza, ma
che hanno delle ripercussioni importanti sulla qualità della vita.
Un altro aspetto da non
sottovalutare è che molti diventano i genitori a tarda età, spesso oltre i 40
anni. Quanto può essere difficile il divario di età tra i nuovi nati e i
genitori? E soprattutto che tipo di conseguenze può comportare?
Dopo i quarant'anni, il problema
è averli i figli, poiché si riduce la fertilità, sia negli uomini che nelle
donne. Da un punto di vista psicologico, i genitori grandi hanno una maggiore
capacità di occuparsi dei figli, hanno in parte realizzato i propri obiettivi
professionali, sono in carriera e più stanchi, ma scelgono di averli.
Il problema si pone quando non ci
sono aiuti sufficienti come asili-nido e una rete sociale solida, per cui il
carico dell'educazione e della crescita dei figli è esclusivamente sui genitori
che sono nel pieno della propria realizzazione professionale e a cui non
possono sottrarsi. Vale la pena ricordare che il carico maggiore è sempre delle
donne e che dopo un figlio soltanto il 18% delle donne prosegue l'attività lavorativa
proprio per la mancanza di asili nidi e del supporto dei nonni che ancora
lavorano, oppure sono troppo anziani per occuparsi dei nipoti.
Per restare in tema, un altro
aspetto importante da non sottovalutare è che molti bambini spesso, proprio per
il divario di età, non arrivano a conoscere neanche i propri nonni. Anche in questo caso, quando può incidere
negativamente l’assenza della figura dei nonni?
Certamente, non essere cresciuti
con i nonni, non avere questo contatto frequente con loro è una grande perdita
per i bambini. I nonni hanno tutte quelle capacità dei genitori, ma sono molto
più liberi, poiché non sentono la responsabilità educativa, che correttamente
rimandano ai propri figli. Non avere i nonni è perdere anche la memoria storica
della propria famiglia, l'esperienza transgenerazionale e la saggezza data dal
tempo e dall'esperienza. Inoltre, i nonni sono i custodi della memoria
familiare e delle tradizioni. Non poterli frequentare o non averli è senz'altro
una fonte di tristezza per i bambini. C'è da tenere in conto che anche i
genitori che a loro volta non possono contare sui propri genitori, sono più in
affanno. Anche se possono avere elaborato il lutto della perdita, qualora non
ci fossero più, si sentono comunque più soli. Se i genitori sono anziani, se ne
devono occupare, il tempo e lo spazio mentale per occuparsi dei figli si riduce.
Tutti questi elementi rendono i nuclei familiari più isolati e la necessità di
una rete sociale allargata si impone come necessaria.
Dal Suo punto di vista, su
quali aspetti bisognerebbe agire per arginare questo problema del calo delle nascite?
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Mettere un giovane in condizioni di scegliere. È
necessaria un'informazione capillare, spiegando che la fertilità si riduce dopo
i trentacinque anni, molti giovani non lo sanno.
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Incrementare la cultura della famiglia, avere
dei figli è una delle cose più belle della vita nonostante la fatica fisica e
l'impegno psicologico;
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Fare un'informazione psicoanalitica già alle
scuole e all'università sull'essere genitori e sul funzionamento della propria
mente e della mente infantile. L'istinto e il desiderio di maternità e paternità
nascono in adolescenza, è quindi necessario un intervento dalle scuole
superiori in poi;
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Istituire un “bonus psicoanalisi neonatale”, madre-bambino
e padre-bambino, in modo che i genitori si possano rivolgere ad uno
psicoanalista durante la gravidanza e proseguire e l'analisi durante il primo
anno di vita. Nei paesi in cui questo c'è, come la Svezia, aiuta molto le
giovani coppie ed è una prevenzione rispetto alla depressione post partum e una
prevenzione primaria rispetto ad ansia e depressione nel bambino;
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Fornire i giusti strumenti per affrontare la
maternità, come puericultrici a domicilio, per esempio, per le neomamme e i
neopapà;
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Introdurre il “bonus maternità”, in cui tutto
l'essenziale per il neonato viene dato alle giovani coppie gratuitamente, dal
passeggino, al lettino, ai pannolini, al
latte artificiale, pappe, ecc.;
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Creare asili nidi in un numero sufficiente e
anche sul posto di lavoro. Poter avere un aiuto specializzato con i bambini è
essenziale come è importante poter far visita ai propri figli nelle pause
lavorative;
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Aumentare il periodo di maternità obbligatoria e
facoltativa, sia per il papà che per la mamma, poiché durante tutto il primo
anno di vita i bambini e i genitori hanno bisogno di stare insieme;
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Dare anche ai nonni che lavorano la possibilità di
usufruire di un congedo parentale per la cura dei nipoti;
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Favorire la cura dei bambini fino a sei anni di
vita con permessi ad hoc, è noto che i bambini in quella fascia di età si
ammalano più spesso, quando iniziano la socializzazione nell'asilo nido e poi
nella scuola dell'infanzia.