Oper Köln, il Maestro Roberto Rizzi Brignoli a Fattitaliani: La direzione musicale, un percorso naturale in diverse tappe. L'intervista

Fattitaliani



Una bellissima première quella di Luisa Miller andata in scena sabato sera all'Opera di Colonia (intervista al Sovrintendente Hein Mulders): le melodie, le arie, il coro, gli artisti hanno portato il pubblico a godere della tragica storia musicata da Giuseppe Verdi. Un insieme di intense emozioni portate parallelamente avanti e in sintonia dalla performance dei cantanti e dalla bacchetta del Maestro Roberto Rizzi Brignoli, intervistato da Fattitaliani (la foto è di C
hristian Kleiner).

Maestro, durante la serata L'abbiamo vista agitarsi, accompagnare con il labiale le arie, cambiare espressione del viso durante innumerevoli occasioni: quanto investe di sé stesso in ogni rappresentazione?
Ogni opera è un'esperienza a sé, ogni ripresa e lo è. Non è la prima volta che faccio Luisa Miller, ma ammetto tranquillamente che in quest'occasione ho fatto delle cose che non facevo prima non con l'intenzione di fare cose differenti: vengono secondo me con l'età, l'esperienza, con il ripetere diverse volte come accade nel sinfonico e in tutte le opere. La conoscenza di un'opera dipende proprio da quante volte l'hai praticamente ripetuta, quante volte c'è stato un lavoro con i cantanti con un conseguente approfondimento della partitura di cui alcune cose vengono capite fino a un certo punto e che a distanza di tempo diventano chiare per un'illuminazione in termini di dinamica, articolazione degli archi, tanti elementi che non s'erano immaginati prima ma che però col tempo crescono.
MANÉ GALOYAN, Luisa Miller

Anche per il pubblico. Luisa Miller non è così conosciuta come la trilogia, ma ogni volta che la si ascolta sembra sempre più bella...

Luisa Miller è veramente un capolavoro. Se potessimo anticipare l'importanza della trilogia qualche anno fa, diventerebbe una quadrilogia. Dentro quest'opera c'è Traviata, c'è il Verdi nuovo con lo studio dei personaggi, l'entrare nell'ambiente borghese, familiare, dentro le mura domestiche con il loro senso claustrofobico e di pressione, laddove le emozioni anche piccoli si ingigantiscono, sembrano esplodere. Non è la grande storia di Nabucco: qui la sofferenza è legata a un gesto casalingo, intimo, tra padre e figlia.
A cominciare dall'ouverture...
Ci troviamo di fronte a un capolavoro di scelte musicali, di studio all'interno di struttura, di sinfonia che si ripresenta in ogni occasione cambiando ritmo, tempo, velocità, tonalità: il tutto dà una tinta all'opera, con una sinfonia con la S maiuscola, che prepara il colore dell'opera.

Parafrasando l'inizio di Luisa Miller, quale opera verdiana per Lei potrebbe essere la "Regina dei cuori"? Se dovesse pensare a un'opera come a un abito su misura per Lei, quale sarebbe?
Se dicessi Otello, sarei scontato però l'ho fatta diverse volte: da giovane, quando capivo poco, dopo quando capivo un po' di più, adesso alla mia età capisco ancora di più. Mi ha seguito nel mio percorso di crescita. Mi ha accompagnato dai tempi della Scala dove ho diretto le ultime recite del Maestro Muti, e lì sinceramente non capivo quasi niente, perché secondo me l'esperienza e la maturità sono proprio legate all'età.

Parallelamente al suo percorso, anche il pubblico è cambiato e cresciuto in rapporto alla ricezione dell'opera?

Sì, è cresciuto tanto: la possibilità di ascolto oggi è ingigantita con tutti gli strumenti a disposizione addirittura gratuiti. Credo quindi che il pubblico venga a teatro preparato, anche il pubblico di prima lo faceva ma doveva viaggiare di più e non era così immediato. Nell'ambito operistico c'è molta più scelta, più strumenti su internet per ascoltare e vedere opere. Inevitabile dunque che il pubblico cambi, come cambia la società: la musica non è slegata da quello che succede intorno a noi e Verdi ce lo insegna. Luisa Miller non è slegata da quello che succedeva nel 1848-49: Verdi è stato testimone di un grande periodo, il vero testimone dell'arte come specchio della società.

Lei è stato recentemente nominato Generalmusikdirektor a Mannheim...

Sì, a partire da settembre 2023. Stiamo già lavorando per la programmazione sia nel Sinfonico che nell'opera, sia nel repertorio italiano che sarà naturalmente presente ma anche in quello tedesco. Ci sono dei progetti sia per Wagner sia per Strauss: entrerò quest'anno con opere italiane e non, concerti sinfonici...

La prima opera cui ha assistito qual è stata?

La Bohème di Zeffirelli alla Scala.
Ha subito percepito qualcosa durante quell'occasione?
Non potrei dirlo. La direzione musicale per me è stata un percorso naturale attraverso varie tappe: nasco essenzialmente come pianista, poi l'incontro col Maestro Ciccolini è stato illuminante perché mi ha indirizzato a lui verso l'opera. Io facevo un corso di perfezionamento con lui come pianista solista per prepararmi a un concorso e ad un certo punto ho avuto una crisi, non volevo più continuare, non mi sentivo pianista solista, non era il mio mondo. E lui, con la sua grande umanità e preparazione culturale, mi disse - incredibile, glielo giuro- "Non ti preoccupare, non c'è nessun problema per me, puoi essere un pianista magnifico per l'opera". Tutto quello che io faccio adesso è partito da quella frase: Le posso assicurare che io non avevo mai toccato una pagina di opera. Mi sono buttato per curiosità che poi si è trasformata in amore. Auguro a tutti di incontrare le persone giuste com'è successo a me, il Maestro Ciccolini, poi il Maestro Cavazzini e poi ho lavorato con il Maestro Muti, rapporto bellissimo e importantissimo per la mia crescita: auguro ai giovani d'incontrare delle persone che con poco possono cambiare la vita e le scelte con una luce che illumina la strada. Giovanni Zambito.
Foto di scena: Richard Hubert Smith

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