Maestro, ha appena terminato le ultime prove. Lei è una persona meticolosa, attenta al minimo dettaglio? Come si approccia a ogni performance?
Si cerca sempre di restituire quello che si vede nella partitura, soprattutto in una partitura complessa come "Così fan tutte" in cui specialmente i finali sono una macchina incredibile di combinazioni, di una bellezza assoluta ma anche di problemi tecnici e sincronia. Ovviamente, quando si realizza una cosa semiscenica in qualche modo è più complessa: durante una rappresentazione scenica a teatro i cantanti sono davanti all'orchestra e il direttore vede. In questo caso, a volte li vedo ai lati o davanti, bisogna fare attenzione particolare agli attacchi: ogni luogo è diverso, bisogna provare e capire come arriva la voce, com'è l'acustica, conoscere lo spazio, la reazione del luogo e dei musicisti, quanto possiamo sentire e nel caso cambiare le posizioni e gli equilibri. È tutto un calibrare per inseguire una perfezione che non si raggiunge mai.
A proposito della rappresentazione scenica, ci sono dei registi che rappresentano l'opera in modo moderno e d'effetto: non si rischia di rubare la scena alla musica e al canto?
Bisogna vedere che cosa significa il concetto di moderno. In qualche modo un'opera come "Così fan tutte" è moderna senza bisogno che qualcuno arrivi pensando di modernizzarla. Personalmente, ho un rapporto abbastanza difficile con quei registi che "rivedono" l'opera: alla fine non vai più a vedere e sentire il "Così fan tutte" di Mozart, ma il "Così fan tutte" di X. A volte, può funzionare, ma il regista deve avere una mano leggera nell'agire in un ambito delicato qual è l'opera, in cui il primo regista è stato lo stesso compositore che ha dato il taglio al testo. Molto spesso i registi si comportano come degli elefanti che entrano in un negozio di cristallo e distruggono tutto. Per questa ragione faccio meno opera scenica possibile perché soffro troppo, salvo con alcuni registi con cui ho una buona connessione, ma sono veramente rari. A me piace molto l'opera, purtroppo oggi viviamo in un mondo visuale in cui il regista ha un infinito tempo di provare e riprovare le cose, che alla fine dei conti spesso non sortiscono l'effetto generale. Ovviamente, è un giudizio personale e non è una cosa generalizzata. Preferisco fare un'opera semiscenica.
Il tempo nel suo mestiere è un elemento fondamentale. Qual è il suo rapporto, invece, con il tempo che passa?
Quale principio o insegnamento tiene sempre presente nel suo percorso?
La grande scuola per me è stato il lavoro nei primi anni con il Giardino Armonico: si era giovani, c'era una volontà ferrea di provare e analizzare le nostre esecuzioni, le intonazioni. Ci siamo fatti conoscere per le nostre interpretazioni di Vivaldi, un grandissimo lavoro artigianale ma anche di concetto. Mi ritengo abbastanza un autodidatta della direzione e da un punto di vista d'ispirazione, come flautista dolce, sono appassionato di Frans Brüggen, il mio modello. Ascoltandolo ripetutamente è stato uno studio per me. Ho avuto ovviamente dei maestri; è un po' come si fa nel jazz: tu ascolti, modelli, imiti, 'rubi' qualcosa. Sono stato molto fortunato per le occasioni avute: è un investimento totale di vita. Si è come sposati alla musica, vale per tutti i musicisti.
Così fan tutte – Giovanni Antonini / Sandrine Piau / Julia Lezhneva
22.03.2023
Grand Auditorium
Kammerorchester Basel
Basler Madrigalisten
Giovanni Antonini direction
Julia Lezhneva Fiordiligi
Emőke Baráth Dorabella
Sandrine Piau Despina
Alasdair Kent Ferrando
Tommaso Barea Guglielmo
Konstantin Wolff Don Alfonso
Salomé Im Hof mise en scène
Wolfgang A. Mozart: Così fan tutte KV 588 (version concert)
Surtitles in French and German.