Cirfood: nella scuola 4.0 non sarà solo da mangiare

 


C'è un piatto che sa di futuro nel menu servito oggi nel "district" di Cirfood a Reggio EmiliaGli ingredienti sono la nuova scuola "4.0" disegnata dal Pnrr (con 13 miliardi previsti per la parte edilizia), la tradizione pedagogica reggiana e la ristorazione scolastica che, secondo l'impresa cooperativa emiliana leader nella ristorazione collettiva, può e deve fare oggi un salto di qualità. Che il pasto a scuola sia parte integrante del processo educativo dei bambini- promuovendo valori come la sostenibilità, l'educazione alimentare e l'inclusione- nella città del Tricolore non è infatti una novità. Ma Cirfood è convinta che il cibo a scuola, abbandonando una logica meramente economica, possa diventare anche un fattore strategico per le politiche pubbliche tese a promuovere la cittadinanza attiva anche tra le giovani generazioni. Questa la sfida lanciata oggi nell'evento "Nutrire il futuro. Dare valore al cibo nella nuova scuola", concluso dal sottosegretario all'Istruzione e del merito Paola Frassinetti.

"Abbiamo organizzato questa mattinata anche per cercare di diffondere la cultura della sana alimentazione- spiega la presidente di Cirfood Chiara Nasi- che è ancora appannaggio di pochi, ma è fondamentale per la salute e il benessere delle generazioni future, quindi a partire dalla ristorazione scolastica". E' "un momento importante- prosegue Nasi- e come tale deve essere riconosciuto il valore sociale e strategico che esprime ogni giorno verso i nostri piccoli utenti". Per noi "si tratta di un tema importantissimo- continua- e per questo abbiamo continuato a investire su progetti innovativi per cercare di trovare soluzioni che andassero incontro ai bisogni di una nuova società, in continuo cambiamento ad una velocità incredibile e che cerchiamo per quanto possibile di anticipare".

Il "diritto alla scuola è anche quello alla refezione scolastica e siamo sempre più consapevoli che nutrire il futuro, partendo dai bambini, è una responsabilità condivisa quindi partendo dalle imprese, ma anche le istituzioni e il Governo", conclude Nasi. Per Luca Brambilla, direttore della ristorazione scolastica di Cirfood, "la ristorazione scolastica non è una commodity, ma un vero e proprio tema di educazione alimentare. Per questo riteniamo che ci debba essere una qualità alta del cibo, per promuovere il benessere delle nuove generazioni ed evitare in futuro problemi di obesità". Ma crediamo anche, conclude Brambilla, "che questa qualità deve essere anche riconosciuta con prezzi corretti". Non è possibile, conferma Nasi, "che un panino in autogrill costi otto euro e 10 mentre un pasto a scuola, completo, bilanciato e preparato con tutti i crismi abbia un costo medio di circa la metà".

Frassinetti, in conclusione dell'evento, si è impegnata a dare risalto alle difficoltà vissute in questo periodo dalla ristorazione collettiva (sfociate in una manifestazione il 23 marzo scorso) e annuncia: "Farò una proposta affinchè nell'educazione civica ci sia una presenza della cultura del cibo" e per promuovere i valori che la contraddistinguono "anche nelle mense".
 

I bambini mangiano poca verdura a casa e a scuola la lasciano

I bambini italiani mangiano a casa poca verdura, consumando due o tre volte a settimana contro le due o tre volte al giorno previste dalle linee internazionali. A scuola, invece, "lasciano nel piatto legumi, verdure e pesce". E' quanto emerge dall'anteprima di una ricerca (che verrà presentata in modo integrale il prossimo 29 giugno) illustrata oggi al Cirfood district di Reggio Emilia nell'ambito del convegno "Nutrire il futuro. Dare valore al cibo nella nuova scuola". Lo studio, basato su 2.500 questionari e alcuni focus group con genitori e insegnanti realizzati in 10 Comuni, è curato dal giurista e docente di Scienze gastronomiche dall'università di Pollenzo Michele Antonio Fino. Che sui cibi "scartati" a scuola precisa: "E' perché i bambini sono poco abituati a mangiarli a casa, non li riconoscono, sono tendenzialmente neofobici e abitudinari e quindi c'è un grande tema di educazione alimentare". Infatti, continua Fino, "all'85% dei genitori ci dice che un corso di educazione alimentare a scuola e per I genitori sarebbe più che benvenuto". Per il docente serve anche una riforma normativa: "Non ci si può limitare ad introdurre cibi biologici, anche perché non sempre fanno il bene delle filiere produttive". E dal punto di vista educativo "la sola varietà di cibi proposti porta oggi a sprechi stimati del 30%, cosa che non possiamo più permetterci", conclude Fino.

 
 
Fattitaliani

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