Era il 10 Aprile 2010, ben dodici anni fa, quando il Conte Alessandro Marcucci Pinoli, ha inaugurato presso il suo Alexander Museum Palace Hotel di Pesaro, la “Stele Marcucci Pinoli” di Enzo Cucchi, artista, pittore e scultore italiano, di fama internazionale. La Stele, l’opera più alta che Cucchi abbia mai realizzato, è un’imponente opera alta sedici metri, sui quali è raccontata la storia di Pesaro attraverso scene paesaggistiche e naturali.
Ricordiamo
che l’Alexander Museum Palace Hotel di Pesaro del Conte Alessandro Marcucci
Pinoli si presenta come un poliedrico museo-albergo. L’edificio, una grande
scultura completamente bianca di nove piani sul lungomare della città
marchigiana, ha al suo interno 63 camere tutte completamente eseguite da 75
artisti diversi. Il Conte ha pensato all’hotel come ad una complessa
“installazione” con tanti protagonisti, e come un luogo di continua attività,
dibattiti, convegni e seminari sull’arte e per l’arte.
La
Stele di Cucchi si staglia contro il profilo dell’Hotel richiamando nella sua
imponenza l’attenzione di chi passa e annunciando ciò che racchiude questo
luogo insolito, dove l’ospitalità alberghiera si coniuga con l’arte e il
connubio dà alla luce l’hotel-installazione. Suggestiva e dal sapore antico, la
stele è l’esaltazione del fare “arte alla vecchia maniera”, dei tempi in cui
committente e artista fondevano competenze e potenzialità per creare opere
uniche e irripetibili, imperiture.
L’Alexander Museum Palace Hotel è un’opera complessa, frutto di
quattro anni di lavoro in cui sono stati coinvolti ingegneri, architetti e
soprattutto artisti sia famosi che emergenti. Nomi come Giò Pomodoro, Enzo Cucchi, Mimmo
Paladino, Sandro Chia hanno dato il loro sostanziale contributo per la
realizzazione di questa performance permanente.
Ogni dettaglio, dall’ingresso all’arredamento interno, è il
risultato dello sforzo creativo del suo ideatore che vi ha apposto la propria
firma. In ogni camera gli artisti hanno usato un materiale e una tecnica
diversa, dal ferro, al pexiglass, alla resina. E le tecniche vanno dal dripping,
alla semplice matita, al découpage. Anche tutti gli altri ambienti, i corridoi,
le sale, la piscina, sono opera di artisti. Al piano terra si trova il primo
dei tre ristoranti, allestito con opere di Nanni Valentini, Simon Benetton,
Primo Formenti, Gino Marotta, Mimmo Paladino, Enzo Cucchi, e altri. Gli altri
due si trovano al roof e al piano interrato. Quest’ultimo si chiama “Taverne
dell’Arte” e ha un giardino “marino” con la sabbia. L’ampliamento esterno è
stato curato dall’architetto Marco Tamino, che ha partecipato ai lavori di
restyling della stazione Termini a Roma.
Ed a proposito di opere imperiture, come si è detto in precedenza
della “Stele di Cucchi” in cui committente ed artista univano le loro
potenzialità, è doveroso ricordare che prima del Conte Alessandro Marcucci
Pinoli, circa 600 anni fa, ci sarebbe stato un suo antenato committente, di
un’altra opera unica ed irripetibile: la Madonna del Belvedere di Ottaviano
Nelli, protagonista assoluto del gotico
internazionale.
Di ciò si è preso conoscenza nel Salone degli Specchi dell’Hotel, dalla proiezione del documentario “La Madonna del Belvedere”, alla presenza di Giuliana Poli, autrice e lettrice del testo del documentario e di Giorgio Ricci autore delle riprese, montaggio e regia.
Nel documentario Giuliana Poli, ricercatrice
antropologica culturale legata alla scienza di frontiera, ne ha dato atto, decriptando
l’opera attraverso lo studio iconografico ed iconologico, attraverso un’ampia,
preziosa e ricca di dettagli analisi di difficile sintesi. (https://www.youtube.com/watch?v=tm9gkwPmZl8)
Ci preme riportare solo alcuni accenni relativi
all’antenato del Conte, utilizzando le parole di Giuliana Poli, che
avvalorerebbero la tesi sulla committenza.
La ricercatrice intanto ha ricordato che Ottaviano
Nelli, autore dell’affresco, ha frequentato le più importanti famiglie che
iniziarono il Rinascimento italiano del Centro Italia tra cui la famiglia
Pinoli, e la sua importanza: “Nelli
possiede quel seme della perfezione e della dolcezza dei visi delle madonne che
poi germoglieranno e diventeranno piante in Raffaello, ma anche quel senso di
derisione gioiosa di quei visi un po’grotteschi, goliardici che ritroveremo
però anche nel Michelangelo della Cappella Sistina”.
In un tripudio di ori, colori e bellezza, “a latere del dipinto ci sono i mediatori, i committenti
dell’opera sulla destra c'è il capofamiglia, sulla sinistra molto probabilmente
la moglie o la figlia. Dal fatto che dietro la donna ci fosse un angelo custode
che la protegge la eleva si evince come molto probabilmente questo dipinto è
collegato ad una sepoltura femminile della famiglia”.
Il committente sarebbe “molto probabilmente il
figlio di Venturuccio, Antonio Pinoli che nasce nel 1390 e muore nel 1470; fu
gonfaloniere di giustizia nel bimestre di luglio ed agosto del 1448 e del
bimestre di marzo e aprile del 1453, una figura pertanto estremamente
importante (…) nell’affresco il conte Antonio Pinoli diviene un unicum tra le
stoffe anch’esse scure di Sant’Antonio Abate il santo di riferimento forse per
via dello stesso nome”.
“Molto probabilmente l’artista eugubino dipinge
la ghiandola pineale con la forma di Pigna” - un po’ presente ovunque, specie
nell’abito della Vergine - “anche per
omaggiare in senso metaforico il nome della famiglia dei committenti, del Conte
Antonio Pinoli il cui cognome e stemma di famiglia del suo casato derivano
proprio dalla pigna il cui significato
originale quindi è sapienziale (…) i Conti Pinoli furono
notoriamente Ghibellini, furono legati
al sapere della scienza e sicuramente sostenitori del gualdo, un colorante
azzurro di colore vegetale molto richiesto all’epoca (…) il colore
preponderante dell’affresco è il blu e difatti il colore privilegiato della
Famiglia Pinoli e dei Catari era il blu”.
“La Famiglia Pinoli rappresenta insieme a Sant’Antonio Abate un elemento eterogeneo cosa sottolineata anche dai colori dei loro abiti, non spassosi tipici del mondo cataro…” (…) “…le mani del Conte lunghe e sproporzionate sottolineano il senso di responsabilità nei confronti del popolo ma anche un elemento di distinzione attraverso il potere derivante dalla devozione assoluta verso la madre. È la madre che dà questo potere al Conte Antonio Pinoli…” (…) “…le mani sono il simbolo di potenza e supremazia spirituale, essere presi dalla mano di Dio significa ricevere la manifestazione del suo Spirito. Nel simbolismo quando la mano di Dio tocca l’uomo questi riceve in sé la forza divina. Nell’affresco il contatto con la divinità avviene nella forza di presa tra il pollice del committente e il bastone sacro di Sant’Antonio Abate. Così come la mano di Sant’Antonio Abate sembra estrarre la testa del committente Antonio Pinoli dalla massa informe sottostante…” (…) “…..il messaggio è che Antonio è colui che in qualsiasi luogo e ovunque si oppone alle forze del male”.
Vito Piepoli