LIBERO DE LIBERO, IL MORTO CHE VIAGGIA!

Fattitaliani



Questo significativo personaggio della cultura italiana, nato a Fondi nel 1903, dall’età di tre anni fino al 1920 è vissuto a Patrica, paesino arroccato sui Monti Lepini, in provincia di FR, ove
vi prese in fitto un piccolo appartamento, Casa Stella  -una targa lo ricorda-  dove si rifugiava quando libero da impegni, specie nei mesi estivi. Vi compose: “Ascolta la Ciociaria” e vi abitò con la sorella, Elda, dove morirono  entrambi e qui sepolti,  lui dal 1981: vi riposano la madre e altri congiunti. E ora la storia: un erede ne reclama lo spostamento della bara a Fondi e la recente sentenza dei giudici del TAR, che accoglie la istanza: i resti sono stati traslati fine dicembre 2022.

I soggiorni a Patrica del poeta sono stati molto più frequenti e assidui di quelli a Fondi, ricordare che Patrica, e dintorni, è stata fonte di ispirazione profonda, che a Patrica aveva casa propria e non a Fondi, che molto sentiti erano i legami  con qualche famiglia di Fondi, sono tutti fatti che poco aggiungono alla realtà del suo sempre vivo amore per la Terra di Ciociaria, nella sua integrità storica. Amaro il dolore nonché la delusione, come ricorda  una studiosa -A.M.Scarpati-  di fronte allo scempio edilizio a Fondi: verso gli anni trenta scriveva:  …se dovessi confessare a chi andrà il mio ultimo palpito, io direi che a Fondi, alla mia terra ciociara, esso andrà…”.  epperò col passare degli anni vi si recherà sempre meno e troverà infine il suo rifugio ultimo e definitivo in Patrica,  ‘Il paese della collina’ ancora incontaminato. Ecco  negli anni ’50 nelle parole di Domenico Purificato, suo concittadino, perché la sua rinuncia a ‘Fondi, la mia terra ciociara’:   “[L.de Libero] fu disgustato come sono disgustato io….da quello scempio: quell’alopecia dell’abusivismo, della distruzione agricola, delle case indiscriminate e disordinate con cui Fondi espandeva vergognosamente, a dispetto di tutte le più civili e logiche norme di conservazione di uno dei territori più belli del mondo… ”  sconsolate doglianze dei due artisti e Giuseppe de Santis, concittadino, (regista di: Riso amaro, Non c’è pace tra gli ulivi…) avrebbe parimenti condannato  la cementificazione selvaggia e farneticante:   ”la patria nativa, distrutta e squalificata da gente avida ed incapace” da qui dolore e rinuncia del poeta. E’ in questi luoghi una volta incantati che  Goethe, il sommo poeta, a suo tempo, aveva immaginato la sua  Mignon, l’epitome del Romanticismo tedesco.      

Oggi, ancora qualcuno scrive ‘Patrica in Ciociaria’ a significare che Fondi si trova nella luna o altrove; un sito web osserva che si  cerca di  “rinnegare  la sua ‘fondanità’ per definirsi "Ciociaro" : queste  e altre analoghe sono  le petulanti e risibili motivazioni alla base  della traslazione della bara, cioè vere e proprie  offese alla memoria del  ‘poeta ciociaro’, altro che ‘fondanità’ a fronte  del significato di Ciociaria!! In merito Libero de Libero aveva ben compreso che a Fondi si era a certi livelli quanto a consapevolezza della secolare patria originaria e aveva perciò suggerito ‘Ciociaria di Campagna’ e  ‘Ciociaria di Marittima’ nel caso di velleità  distintive: ”…terra ciociara, una terra così segreta, così ignorata”. Al cospetto di tale macroscopica ignoranza e ottuso campanilismo,  perfino  grottesco e assurdo diviene lo spostamento delle sue ossa  “a casa” : tra l’altro dopo oltre 40 anni, quando ormai di solito a questa data nei cimiteri le tombe vengono svuotate e le ossa depositate nell’ossario comune, altro che ‘salma’ e ‘corpo’!  Ma se anziché di un loculo quale tomba, il poeta avesse optato per la cremazione, come si sarebbero comportati non dico i giudici del TAR ma gli zelanti eredi, ecc.? Avrebbero trasportato a Fondi anche il vasetto -se conservato!- con le ceneri? Qui mi arresto.  

Pur dopo oltre quarantanni dalla dipartita del poeta, motivata apparirebbe la volontà del promotore, figlio di una figlia di un fratello di Libero de Libero: è la pseudo maturità e la ancora più pseudo saggezza  -di cui pigramente tutti noi li riteniamo depositari-  dei giudici ammnistrativi che vanno ferocemente stigmatizzate, i quali esperti  di virgole e di cavilli come il Creonte della famosa antica storia e perciò distanti anni luce non tanto dal buon senso comune bensì dalla comune civiltà di Antigone, senza contare i fatti reali della esistenza del poeta come più sopra adombrati  -i soli da vagliare e valutare semmai- hanno oberato la società civile  dell’indegno spettacolo, senza entrare nella legittimità della volontà del pronipote né citare le consistenti spese della traslazione ecc. addebitate ai cittadini di Fondi grazie al grande cuore del loro sindaco.   Ammessa  la veridicità sostanziale e non solamente formale della formuletta in questione del testamento, è pur sempre una insignificante e perfino sciocca virgola rispetto sia al concetto del poeta della Ciociaria che da solo è un monumento di verità e di volontà e sia soprattutto alla essenza della sua spiritualità e esistenza: nel suo diario Borrador, si definisce  “…titubante, impreciso e sventato …” (1940)   e scrive anche  “…non mi resta che mentire. Per far piacere agli altri” (1942). Siccome giovane  di 19 anni si iscrisse al Partito fascista, allora sulla scorta delle virgole, vogliamo dichiarare ‘fascista’ Libero de Libero? Voglio dire che le quattro parole citate nel testamento sono zero  rispetto comunque alle sue reali concezioni e alla sua esistenza, a parte le altre considerazioni. Solo virgole, insignificanti: come si può  suffragare  non dico la opportunità ma la validità dell’infame e inutile spostamento, pure alla luce delle virgole care ai giudici che si sono pronunciati? E’ stato spogliato un santo per rivestirne un altro, come si suol dire. Patrica-Fondi sono intercambiabili, sono la Ciociaria, quindi declamare: “ritorno a casa, a Fondi” è solo vuota -ma costosa, a spese degli altri!- accademia: se si auspicava veramente una parvenza di presenza fisica del poeta a Fondi, se non era sufficiente quella spirituale e morale, il pronipote-promotore, a proprie spese, poteva ricreare, per i 23 spettatori alla cerimonia, un più tangibile  ricordo o presenza, come è costume consolidato,  a mezzo  di una lapide o di una targa o di un busto o perfino di un cenotafio, certamente più visibili e presenti a casa che non le quattro ossa murate nell’avello.  

La lettura, se l’avessero fatta, non dico i diretti promotori, ma i solenni autori della tragicomica sentenza, cioè la lettura del solo poema  “Ascolta la Ciociaria” e assaporatane la universalità dei concetti dagli Appennini al Tirreno, avrebbero quantomeno tirato le orecchie ai coinvolti promotori e nemmeno affrontata la infantile questione della frasetta testamentaria:  

La gente frettolosa non può capire/se non ha bevuto il tuo elisire/o Ciociaria colore di prugna/sospiro di menta sapore d’uva/

e ancora: Ciociaria, o mia bianca giovenca/ovunque mi segui col tuo respiro/sempre cercata e sempre assente/come l’aurora e come la stella/.

                                                                                                          Michele Santulli

 

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