Gianni Bortolaso e il libro "Un accordo stonato" : Scrivere è una ricerca che parte da sé stessi. L'intervista

Fattitaliani


Gianni Bortolaso è uno dei dodici scrittori che l’agenzia SBS Comunicazione rappresenta durante una delle vetrine più ambite d’Italia: Casa Sanremo Writers dal 7 al 10 febbraio, accompagnati da Sheyla Bobba. Nell'intervista a Fattitaliani, l'autore ci parla di sé e del libro Un accordo stonato.

Chi sei oltre ad un autore?

Oltre che un commerciante mi diverte definirmi un contastorie, come specificato nella presentazione del libro. Un termine nato per gioco, quando conobbi Vitaliano Trevisan. Al tempo stava girando il film Primo amore e veniva a fare la spesa nel mio negozio. Anche tu scrittore dunque? Mi chiese quando mi sentii di raccontargli come passavo le ore piccole, dopo la chiusura della bottega. Non esageriamo, risposi io, sono più un contastorie, per l’appunto. Di fatto è vero, la scrittura non è stata la sola via che ho intrapreso, anche i videogiochi e la loro realizzazione hanno occupato parecchio del mio tempo creativo, e di fatto si tratta sempre di raccontare una storia: non do importanza alla forma, o meglio, la forma deve essere adatta alla storia. Oggi si vedono molti film che sembrano videogiochi, e libri pensati per diventare un film, con risultati spesso pessimi. La scelta della forma diventa quindi fondamentale perché una storia possa risultare buona.

Da cosa nasce Un accordo stonato?

Principalmente da una scommessa, un giorno Elena, che trovate nei ringraziamenti del libro, mi sottopose il bando di concorso Il funerale che vorrei, di Argentodorato Editore, e lì si innescò qualcosa. Dopo una serata allegra, dove non uscì granché se non molte risate, continuai a pensarci, finché l’ultimo giorno valido decisi di iscrivermi. Avevo trovato una traccia, anche se era tutto ancora da pianificare. Sentivo però che poteva uscire qualcosa di ben definito e valido per potermela giocare.

I personaggi del tuo libro sono ispirati alla tua quotidianità?

Gli spunti sono inevitabili, ma tendo a mischiare sia le caratteristiche che gli episodi con tratti di altre persone. Mi aiuta molto immaginare una determinata persona all’inizio, ma tendo a non descriverla fisicamente, perché poi assume un proprio aspetto, sia fisico che caratteriale, arrivando a non personificare più il soggetto originale. Non troverete mai qualcosa di realmente accaduto, non in questo libro almeno, ma nemmeno nei precedenti. È scomodo dover sottostare a un modello rigido, magari dichiarato, a meno che non si stia facendo una vera e propria biografia. Personalmente farei fatica anche dovesse trattarsi della mia. Avendo a che fare per lavoro con le persone però devo ammettere che gli spunti sono molti e le tentazioni di riportarli anche.

Credi che per essere dei buoni scrittori si debba seguire solo l’istinto o studiare e fare corsi è una palestra necessaria?

Non credo esista una regola, dipende da chi scrive e cosa sta scrivendo, certo che qualsiasi conoscenza in più diventa un bacino da cui poter attingere. Scrivere è una ricerca che parte da se stessi, ma credo confluisca poi all’esterno, comporta un certo grado di conoscenza e curiosità che rende chi scrive un perenne studioso, fosse anche solo del mondo che lo circonda.

Quanto tempo hai impiegato a scrivere il tuo libro e come ti sei preparato alla stesura?

La traccia originale l’ho scritta in tre mesi, per forza di cose, altrimenti sarei stato escluso dal concorso. Poi però è seguito un periodo di revisione molto più lungo, come in tutti i progetti che vogliono arrivare al pubblico, siano essi editoriali o meno. Sono fasi differenti e vanno affrontate in maniera diversa. Chiudersi nei tecnicismi all’inizio rischierebbe di bloccare il flusso, che andrebbe a compromettere la traccia, poi però bisogna lavorare su quelle cose, affinarle, o semplicemente correggerle, togliere il superfluo o quello che non funziona. Nel mio caso però trovo molto difficile stravolgere la traccia originale: quando scrivo un capitolo è molto difficile poi che vada a cambiarlo radicalmente. È come se la storia si fosse ormai cristallizzata in quel modo, cambiarla comporterebbe una forzatura persino dolorosa.


Avevi uno scopo particolare per scriverlo?

Inizialmente no, ma poi in esso ho potuto inserire argomenti che mi stuzzicavano da tempo, come il dark web, o l’iper-liberismo, come lo chiamo io, e cioè quella malsana convinzione che il mercato lasciato libero a se stesso, possa auto regolarsi anche moralmente. Non si tiene conto che senza l’umanità il mercato non potrebbe esistere, e che dietro al mercato ci sono degli uomini, con tutto ciò che questo comporta -nel bene e nel male-. Non ricordo più chi lo ha detto, ma fa proprio al caso: ogni volta che il mercato nel corso della storia ha raggiunto il primato sulla filosofia ha provocato dei disastri.

Da dove trovi lo spunto per scrivere?

Di solito mi prende un pensiero, che diventa un punto fisso, su cui poi prende base tutta la storia. Per il progetto precedente è stata una domanda che mi ponevo a fronte di un’esperienza di gestione di un comitato cittadino: perché mai le persone che vivono un angolo di una città non vengono ascoltate per la soluzione di determinati problemi? I problemi sono proseguiti, ma io mi sono dedicato alla stesura e alla formazione del mio distopico che un giorno forse vedrà la pubblicazione ufficiale.

Mai avuto il blocco dello scrittore?

Lasciando maturare, ma non troppo, altrimenti marcisce... cambiando punto di vista, o inserendo un nuovo personaggio che da sbocco a prospettive diverse. Se ci si blocca qualcosa non va, nella storia, nel personaggio, o perché no, in noi. Potrebbe essere semplicemente che non è il momento adatto per stare lì, un po’ come quando non si riesce a dormire: invece di incaponirsi talvolta è bene alzarsi, fare qualsiasi altra cosa e poi tornare a letto.

Qual è la tua lettura preferita?

Ultimamente prediligo saggistica e metafisica: I racconti di Belzebù a suo nipote è un testo incredibile. Serve però un aiuto per poterlo affrontare nel modo corretto. Letto così potrebbe risultare persino noioso.

Chi dovrebbe ricevere Un accordo stonato come regalo?

A tutti i vostri parenti e gli amici, e gli amici degli amici, ma perché no, anche quelli che amici non sono. 

Sei stato selezionato per l’edizione 2023 di Casa Sanremo Writers. È un traguardo o una tappa?

È un fuori onda, del tutto inaspettato. Sono veramente grato di questa possibilità, spero di non deludere nessuno, me compreso.

Hai un sogno nel cassetto?

Ora che ho pubblicato, da grande vorrei fare il regista. Mai smettere di sognare.


Hai un libro nel cassetto ora?

Certo, anche se in realtà sono tre. Un progetto cominciato agli inizi del duemila, e portato avanti per più di dieci anni. Si tratta di un distopico, ma andrebbe revisionato dato che al tempo nemmeno esistevano i social network. Con il primo volume ho tentato l’auto pubblicazione, capendo l’importanza della logistica distributiva e promozionale.

Grazie di questa chiacchierata, facendo finta che questa intervista è la prima pagina del tuo libro, ci lasci una dedica speciale?

Fai molta attenzione a ciò che desideri, sia mai un giorno si debba avverare.

Su fb Il ContaStorie 

https://argentodorato.it/negozio/un-accordo-stonato/


Fattitaliani

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