Lucia Marcone: Il dolore della vita massacrata mi ha portato a scrivere. Intervista alla scrittrice e nonna con la penna

Fattitaliani

 


«Il dolore della vita massacrata mi ha portato a scrivere: c’è chi va dallo psicologo e chi abbraccia in silenzio la parola.» Lucia Marcone

Ciao Lucia, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che volessero sapere di te quale scrittrice?

Sono una nonna con la penna. Insieme alla scrittura sono una che fa le torte e la pasta asciutta, a volte anche la calza accanto al fuoco. Mi ritengo una scrittrice comune e senza glorie, non ho il dogmatismo del sapere universale, non mi ritengo una intellettuale ma una persona attenta ai sentimenti. Non sono laureata. Italo Calvino diceva: «Non giudicatemi dai miei titoli di studio ma per ciò che avete di me sotto i vostri occhi.»

Chi è invece Lucia Donna al di là della sua passione per la scrittura e l’arte? Cosa puoi raccontarci della tua quotidianità?

La realtà femminile mi coinvolge umanamente per “la riprovevole povertà del nostro sesso”.

Qual è il tuo percorso accademico, formativo, professionale ed esperienziale che hai seguito e che ti ha portato a fare quello che fai oggi nel vestire i panni della scrittrice?

Come nasce la tua passione per scrittura e per i libri? Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnato e insegnato ad amare i libri, le storie da scrivere e raccontare, la lettura, la scrittura e l’arte nelle sue varie forme espressive?

La passione per la lettura, scrittura nasce dalla rabbia per non avere avuto mai una lira, negli anni dell’adolescenza, per acquistare un libro… già pesava sulla mia coscienza il costo dei testi scolastici. Le donne vanno fatte studiare – le parole benedette di mia madre.

Quindici anni, ero alle magistrali, lingua straniera francese. Un Natale: monetine regalate, rimediate. Non acquistai un rossetto, ma il mio primo libro – UN CERTO SORRISO – della Sagan, unendo passione per la lingua e la Francia, vissuta come un sogno.

Quando mi sposai furono due amori: un uomo meraviglioso e una libreria colma di libri.

Sono abruzzese, vivo sotto la cima del Gran Sasso, in un borgo epifanico. I primi miei maestri sono nati in questa terra misteriosa: D’Annunzio, Silone, Pomilio, Flaiano, Fedele Romani, i pastori-poeti, appena alfabetizzati. I pastori, umani vissuti nella piana di Campo imperatore e alle falde della Maiella in compagnia della  natura. “Noi delle terre alte degli Abruzzi siamo un popolo di visionari e poeti”. Lo scrisse Pascal D’Angelo, nato negli Stati Uniti da genitori abruzzesi emigrati nel 1910. Questi furono i primi maestri a me vicini, ripassati dopo i tempi dello studio.

Ci parli dei tuoi libri e dei tuoi scritti? Quali sono, come nascono, qual è l’ispirazione che li ha generati, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quali le storie che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

Le mie storie nascono dall’affabulazione, dalla memoria, dalla comunicazione, dal racconto, “Amo il c’era una volta” e scrivo la vita passata, sollevo i veli scuri del tempo che fu, con le durezze, i dolori, le privazioni.

Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre li scrivevi?

Se ami scrivere e ascoltare qualsiasi altra forma di arte ti prende. Amo la natura, la montagna, gli uomini, i ricordi, le perdite e gli affetti. Sono il mio specchio. Apro la finestra e ho di fronte la cima del Gran Sasso: la simbologia dell’animo… scendere e salire, la pace beata, poetica di S. Francesco.

I destinatari dei miei libri sono gli studenti per comprendere come era il vive di una volta, (oggi i ragazzi non sanno di cosa si occupavano i loro nonni ) sono gli emigrati perché vi ritrovano il loro paese e le costumanze. Dovrebbero leggermi per la natura incontaminata che io ho descritto (la natura è bella ancor di più se la incontriamo scritta bene). Sulle mie pagine passa profondamente la violenza di genere, l’artigianato scomparso, il ricordo di come si realizzava il pane benedetto della casa, il modus vivendi legato a ciò che offriva la terra. I miei libri sono “il come eravamo”. Eravamo la pastorizia, la transumanza, l’abbandono della scuola, l’analfabetismo, l’emigrazione, il dolore che toglie e toglieva il sonno.

Una domanda difficile, Lucia: perché i nostri lettori dovrebbero comprare i tuoi libri? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarli.

Protagoniste dei miei libri sono le donne del mio territorio (la montagna) che vissero la favola amara del non esistere – LA DONNA NON È GENTE – (Armanda Guiducci). Donne legate alla terra, alla montagna, al carbone, alle bestie, anch’esse bestie da soma. Senza voce, sottratte alla storia, nutrite di botte, fame e freddo. Donne sconosciute da me consegnate alla storia di questa terra, donne mai disperate.

Per loro la miseria non fu mancanza di cose ma l’impegno per inventarsi la vita e farne cultura.

La cultura nasce anche dalla capacità dell’uomo di adattarsi all’ambiente, ma le donne intuivano che la loro vita era derubata di qualcosa, i diritti, lo studio, l’istruzione: non avevano mai attraversato un portone di una scuola.

«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? La bellezza letteraria e della scrittura in particolare, la bellezza nell’arte, nella cultura, nella conoscenza… Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?

Come riconosco la bellezza? La bellezza è dentro di me per prima e se così non fosse non la sentirei: la bellezza è dappertutto, la devo sentire anche senza guardarla.

Tra queste mura ascolto il frangere degli anni / i sospiri delle donne/ i pianti dei bambini che hanno fame/ le storie di chi è tornato dalla guerra. (L. M.)

Io sono figlia della guerra, il pezzo di pane caduto a terra, raccolto si baciava… con garbo. La bellezza per prima è “garbo” se sento la bellezza la riconosco in tutto il mondo. Io che non ho girato il mondo, l’ho incontrata sui libri.

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?

La scrittura è impegno verso me stessa, è rigore, appagante verso la mia anima che si consola dopo aver creato una bella pagina, è atmosfera morale ed emotiva di un luogo, una persona, un animale, un ricordo. Non credo alla fortuna. Oggi tutti scrivono e se hai un nome importante puoi scrivere anche la nota della spesa e avrai fortuna, perché sei un buon predicatore, perché hai alle spalle sponsor, immagine sociale e perché no, anche la politica. La letteratura oggi è offuscata da valori venali. (Nella mia città per un incontro con la Maraini: argomento la buona scrittura… cinquanta euro da pagare e Armino sulla PAESOLOGIA quaranta. Io per stampare i mie libri ho dovuto privarmi di tante cose). È difficile che il testo ultimo di un grande nome contemporaneo mi faccia corre in libreria.

Preferisco i grandi del passato, testi di riflessioni, ricerche, messaggi.

Ho adorato e adoro Virginia Woolf, le sue pacate verità, il suo impegno sociale, il suo percorso interiore, le sue pagine scritte, dilatate, come un ricamo. A noi donne disse  – scrivete ciò che volete se le vostre parole vivranno un giorno, un anno una vita, nessuno può dirlo, sarà il tempo a decidere.

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali. (…) Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine”, ovvero, “leggere sé stessi” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

L’ho ascoltata… la mia DONNA DI CARBONE è alla quarta ristampa. Non ho UNA STANZA TUTTA PER ME, scrivo in cucina mentre una pentola bolle sul fornello… intanto bolle anche la mia testa. Mettete il catenaccio alla porta diceva la Virginia, altrimenti fuggiranno i personaggi, poi nella vostra intimità capiranno che accogliete, li amate, allora si accosteranno a braccia aperte, aiutandovi persino sui tasti della macchina da scrivere. Intanto nasce il sogno delle mie parole e avrò così la possibilità di dilatare molti rivoli della vita che a volte diventano tempeste.

Noi siamo quello che scriviamo, i nostri personaggi avranno il nostro carattere, persino i colori che più amiamo: il testo deve contenere verità.

«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale, armonico, musicale, accattivante per chi legge), volendo rimanere nel concetto di Bukowski?

Se leggo un libro dalle pagine cerco sapori, odori, un libro mi deve far salire la febbre nella testa. Da un libro vorrei tutto: messaggio, storia e bella scrittura. La scelta di un libro è personale, non amo la politica e la storia, raccontata in falso modo dove i fatti accaduti diventano un pretesto per giustificare il proprio reale. Forse l’ho già detto, preferisco i grandi del passato, oggi, da molti grandi nomi contemporanei “cade la cenere” sulle mie mani e non riesco ad andare oltre.


«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…»
(Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te e incidono nella tua scrittura, nella tua arte e nel tuo lavoro?

Il dolore della vita massacrata mi ha portato a scrivere: c’è chi va dallo psicologo e chi abbraccia in silenzio la parola.

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.

Tre libri da leggere ? Dipende anche da chi legge, mio marito amava i grandi tomi gialli e di azione. Siamo in un tempo duro e non ricordiamo… consiglierei LORDA di Gian Antonio Stella, un testo per capire quando anche noi eravamo emigranti, non è vero che eravamo i migliori, ha un sottotitolo, discriminante: oggi siamo tutti figli del mondo. Dal libro è stato tratto un film di successo. Ancora consiglierei L’Idiota di Dostoevskij, un uomo condannato dalla società per la sua troppa bontà, come il Cristo sulla croce. Un lavoro “difficile e seducente” disse l’autore mentre lo scriveva.

Infine consiglierei tutti i libri della Wolf i saggi, i romanzi le lettere, il diario.

Ti andrebbe di consigliare ai nostri lettori tre film da vedere? E perché secondo te proprio questi?

Tre film da vedere? FURORE dal grande romanzo di Steinbec. Attualissimo, una storia di umani in cerca di pane, speranze  e terre promesse: l’emigrazione.

LA DONNA DI GILLES, ambientato in Belgio, la protagonista Elisa moglie di un operaio che lavora negli alti forni di ferro, l’uomo ha una storia d’amore con la sorella di sua moglie: tradita, svuotata Elisa non regge al tradimento, si suicida buttandosi dalla finestra. La violenza, la distruzione di una  donna in questo film non manca.

UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO”. Tra i cento film migliori da salvare (dalla rete). Il film rappresenta questo nostro tempo in cui è sempre più difficile vivere: un tempo di sconfitte, le donne uccise, invalidate. Il tempo della rabbia: gli studenti picchiano i professori, i vecchi muoiono da soli, le donne massacrate dagli uomini fragili che non accettano sconfitte, dentro le istituzioni si urla come al Grande Fratello, il commercio della droga è il più consistente in questa nostra Italia, supera tutto il resto. Mi fermo, perderei me stessa: sono una donna di pace.

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa breve intervista?

Voglio dire a chi leggerà… se leggerà questa intervista, che la cultura mi ha portato avanti nella vita curando persino la mia salute fisica, mi ha accompagnata fino agli anni senili e mi dispiace andarmene… vorrei finire con le scartoffie sparse… mie naturalmente. Intanto batto sui tasti per non morire dentro. La scrittura, se non mi tradirà la mente, è una passione che potrei esercitare fino a cento anni.

Il mio ultimo edito, IL CANTO DELLE CREATURE, è sulle dipendenze, ambientato dentro una comunità terapeutica per ragazzi difficili, altri con problemi di droga. Mi porta in giro nelle scuole con la speranza di lasciare un segno, un esempio, una informazione. E brontolo – L’INFORMAZIONE DROGA DEVE DIVENTARE MATERIA SCOLASTICA. Nel 2014 sono state individuate più di cento nuove sostanze, molte micidiali, da portare alla fine della vita i nostri giovani. Bisogna informare, parlarne. “Se sono dentro un problema e non ne parlo, il problema si rafforza e poi mi uccide. Poi mi accorgo che un dolore, una storia, una parola, una situazione sono già stati portati violentemente alla luce dalla cronaca. (La ragazza di Macerata, Pamela fatta a pezzi). Doloroso silenzio. Affidiamoci all’anima, alle nostre esperienze. Affidiamoci ai sentimenti di mamme, antichi e nuovi, vissuti, rivissuti, patiti, scorticati. Per noi, del resto, è la prima volta e non si può fare altro. Spaventarsi e perdersi anche noi mamme” L.M. ( da Il canto delle creature).

“(MI viene da continuare argomento DROGA… forse fa comodo avere i figli rincretiniti… come successe in America con i neri che si ribellarono li drogarono tutti.


Lucia Marcone

https://www.facebook.com/lucia.marconedi

I libri:

Lucia Marcone, “La sposa scalza”, Independently published, 4° edizione, 2022:

https://www.amazon.it/SPOSA-SCALZA-LUCIA-MARCONE/dp/B0B6XL813L/ref=sr_1_1

Lucia Marcone, “La donna di carbone”, Independently published, 4° edizione, 2021:

https://www.amazon.it/donna-carbone-Lucia-Marcone-ebook/dp/B08YXSB4DJ/ref=sr_1_2

Lucia Marcone, “Il canto delle creature”, Gruppo Albatros Il Filo, 2021:

https://www.amazon.it/canto-delle-creature-Lucia-Marcone-ebook/dp/B09DK86RV7/ref=sr_1_2

Lucia Marcone, “Qualcosa di inverno”, Artemia Nova Editrice, 2017:

https://www.amazon.it/Qualcosa-dinverno-Lucia-Marcone/dp/8894877051/ref=sr_1_1

Lucia Marcone, “La matta poesia”, La Cassandra editore, 2008:

https://www.amazon.it/matta-poesia-Lucia-Marcone/dp/889557902X/ref=sr_1_1

Biografia di Lucia Marcone:

Lucia Marcone è nata a Teramo, vive tra Roma e le pendici del Gran Sasso dove ha una casa che lei definisce “la casa dell’anima”. Si avvale nel suo percorso culturale di oltre quaranta attestati di merito, rilasciati da associazioni culturale qualificate e qualificanti: la Casa Internazionale della Donna – Roma; Amenesty International – Macerata - Mai più violenza sulle donne; Club Unesco di Tolentino – Giornata internazionale della poesia; LITA –Libera associazion per la tutela dell’anziano – Milano.

Ha pubblicato: LA DONNA DI CARBONE, alla quarta ristampa, disponibile su AMAZON

LA SPOSA SCALZA  - seconda ristampa disponibile su AMAZON

LA MATTA POESIA- con il contributo pari opportunità regione Abruzzo.

Ha scritto e curato per la Casa-famiglia- NIDO FOCOLARE in cui ha svolto volontariato quindici anni – UN BAMBINO PER LA FEDE

QUALCOSA D’INVERNO – Raccolta di liriche

Tre corti di carta – I BAGAGLI , ricordi di una donna di vita.

LA NOSTRA POLVERE NEL VENTO, quando la vita è finita.

LA BARCA DI FILIPPO, io il  mare e il mio bambino.

Maggio 2021 pubblica – IL CANTO DELLE CREATURE, testo sulle dipendenze.

 

Andrea Giostra

https://www.facebook.com/andreagiostrafilm/ 

https://andreagiostrafilm.blogspot.it 

https://www.youtube.com/channel/UCJvCBdZmn_o9bWQA1IuD0Pg

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