In questi giorni il tema dell’immigrazione è tornato prepotentemente all’ordine del giorno e la propaganda politica che, nel nostro Paese, non manca mai, sta inasprendo i termini del problema senza che all’orizzonte si intraveda una soluzione realistica e concreta.
La tensione fra
Francia e Italia di queste ultime ore, ancora una volta dimostra che una
soluzione al problema si può solo trovare in ambito europeo ma, sia la retorica
di sinistra sui porti aperti, sia la retorica di destra che criminalizza ogni
arrivo, sono la dimostrazione che in realtà non si vuole affrontare seriamente
il problema.
Chiudere le rotte
dell’immigrazione illegale, rispettando il diritto internazionale e i principi
umanitari, è basilare per governare il fenomeno in modo serio. Nessuno dei
Paesi europei apre i porti a chiunque, indiscriminatamente, ma solo dopo
opportune verifiche cautelative e in presenza di motivate richieste di asilo.
Parlare di migrazioni
oggi è certamente di attualità ma, esse sono sempre esistite, sono diverse le
modalità con le quali avvengono rispetto al passato. Nell’ ottavo secolo a.C.,
alla fine del cosiddetto Medioevo ellenico, la Grecia ebbe un vero e proprio surplus demografico, difficile da riassorbire e le cui
cause vanno ricercate in una vera e propria rivoluzione agraria che, da una
parte sollecitò strutture sociali più
ordinate ed efficienti, dall’altra l’espansione migratoria nel Mediterraneo, in
primis in Italia.
Si parla di
colonizzazione provocata dalla necessità di espandere il proprio territorio a
seguito della crescente pressione demografica ma pur sempre di migrazione si
tratta, di ricerca di un approdo sufficiente a sfamare una popolazione in
eccesso e consentirle nel contempo, un decoroso tenore di vita.
Le migrazioni di
oggi, che interessano ancora il Mediterraneo, sono anch’esse dovute ad un
exploit demografico, che l’Africa non riesce a riassorbire e l’Europa si
rifiuta di accogliere e vengono paragonate spesso a quelle che ci furono tra la
fine dell’Impero Romano e il Medioevo, quando Goti, Vandali, Longobardi
invasero l’Impero.
Esiste tuttavia un
elemento distintivo che è quello di essere stati dai Romani addestrati a
combattere al loro fianco, sia nei conflitti interni, sia nella difesa
dell’Impero dall’attacco di altri barbari non civilizzati. A lungo andare
questi barbari romanizzati finirono per perseguire i propri interessi,
staccandosi lentamente dall’autorità centrale e affermando il proprio potere
senza trovare resistenza.
Migrazioni, quindi, di guerrieri
professionisti che si imposero come nuovi padroni nei Paesi dove si insediarono,
con un processo del tutto diverso dall’arrivo degli emigranti di oggi, gran
parte dei quali, se riescono nell’intento, si inseriscono nelle nostre società
dal basso e non dall’alto.
Le migrazioni sia da
est che da ovest verso il Mediterraneo, ci sono sempre state, almeno è quello
che attestano le fonti scritte in nostro possesso e, l’Impero Romano fu quello
che conosciamo, perché utilizzò milioni di barbari per diventare quello che fu,
il più grande Impero dell’antichità. Le immagini dei migranti che arrivano
sulle nostre coste, rimandano a quelle dei barbari di un tempo ormai
lontano. Un vero chiaroscuro tra noi e
gli altri e non saranno certo i muri che qualche Paese della Comunità Europea,
ha eretto a proteggere la nostra civiltà.
Paradossalmente,
ancora una volta la storia viene in nostro soccorso, perché l’Impero fu più sicuro
quando le città non ebbero mura e le frontiere non furono più fortificate:
dunque fino al terzo secolo d.C.
Abbastanza diffusa è
oggi, inoltre, la tendenza ad assimilare il migrante al barbaro di una volta,
ma per i Greci, barbaro era chi parlava in modo incomprensibile. I migranti che
vediamo arrivare sui barconi, o sulle navi ONG, parlano tutti inglese, si fanno
capire e ci capiscono; usare con loro il termine di barbaro in senso
dispregiativo, vuol dire rimarcare una distinzione culturale, un senso di
superiorità, un insieme di pregiudizi, una nascosta paura del diverso da noi di
cui non sappiamo nulla o quasi nulla.
Oggi costruire muri
non è un segno di potere, sembra indicare una palese debolezza della civiltà
che l’utilizza per tenere lontano chi è in difficoltà e chiede aiuto. Quanto
scritto ripropone, ancora una volta, la necessità di ricordare quanto accaduto
nel passato, per capire meglio il presente e costruire il futuro.
Senza memoria non c’è
futuro, ma per avere l’una e costruire l’altro, occorre conoscere le nostra
storia, capire chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare; iniziare un
cammino lungo e difficile, il più possibile condiviso anche dagli altri.
Angela Casilli