“RITRATTO DI REGINA” è il documentario in arrivo al cinema solo il 21, 22, 23 novembre (elenco sale a breve su nexodigital.it) che è stato presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma.
Prodotto da Nexo Digital con Rai Cinema, Ritratto di Regina è un documentario cinematografico diretto da Fabrizio Ferri, che qui firma anche la direzione della fotografia, basato sull’omonimo libro edito da Mondadori scritto da Paola Calvetti, autrice della sceneggiatura.
Il lunghissimo regno di
Elisabetta II è la storia enigmatica di una donna timida e inavvicinabile che
dell’accettazione del proprio destino e dell’appassionata difesa della corona
ha fatto la suprema ragione di vita e uno schermo impenetrabile. Con
un’eccezione: la fotografia, che l’ha accompagnata nel suo lungo viaggio di
sovrana e nell’iconografia del secolo. L’unico palcoscenico in cui “The Queen”,
cedendo anche solo per pochi minuti alle leggi universali della luce e alle
esigenze pratiche di un ritrattista, si è davvero rivelata. Delegando così ai
grandi autori che con il loro obiettivo l’hanno seguita nei decenni, non solo
il racconto della propria immagine nel tempo e la memoria dei favolosi e
talvolta drammatici giorni dei Windsor, ma anche la testimonianza del ruolo
della monarchia in una società in costante evoluzione. Ritratto di Regina è una
storia di fotografie: frammenti di una biografia disposti in modo poco
geometrico, molto emotivo, ma anche biografie di "grandi autori"
della fotografia che si intrecciano a quelle della Regina in un viaggio
immaginario. Ogni ritratto è la tessera di un mosaico, cattura uno solo dei
suoi mille volti, anche quando quel volto è lo stesso. Se ci sembra di
conoscerla da sempre - o meglio, di averla sempre “vista” - è anche grazie alla
fascinazione dei suoi ritratti fotografici che, mantenendo un’aura di
atemporalità, nel tempo sono diventati icone globali. Il suo modo di porgersi,
di rivolgersi a noi unicamente con un fotogenico sorriso, è scandito dalla
grazia dei suoi ritratti, come se Elisabetta, pur non lasciando trasparire
alcuna emozione, davanti all’obiettivo concedesse il disvelamento di invisibili
sfumature della sua personalità. Davanti
all’immagine di Elisabetta II si consuma un lungo capitolo della Storia, il
romanzo di una vita dalla sceneggiatura unica, che in settanta anni di regno è
stata indagata – con discrezione - dagli obiettivi di straordinari fotografi.
Dai primi ritratti dallo stile spoglio e innocente di Marcus Adams a quelli più
formali e sofisticati di Cecil Beaton, a quelli di Tony Armstrong-Jones,
fotografo cognato poi promosso Lord Snowdon, di Yousuf Karsh, alle fotografie di
superstar del clic come i contemporanei Brian Aris, Jason Bell, Julian Calder,
David Montgomery, John Swannell, per arrivare agli anni Duemila e alla
definitiva consacrazione con la fotografia del volto regale a occhi chiusi di
Chris Levine.
NOTE DI REGIA
Elisabetta II ha lavorato nel tempo con grandi fotografi a cui ha commissionato suoi ritratti per costruire, comunicare e gestire la propria immagine. Paola Calvetti, l’autrice del libro “Elisabetta II. Ritratto di Regina”, mi ha chiesto di curare regia e fotografia del film omonimo da lei scritto. L’intuizione di Paola di raccontare questo inedito punto di vista sulla collaborazione tra la regina Elisabetta II e i grandi fotografi è avvincente e vincente. Ho iniziato il lavoro con cautela, cominciando a immaginare un punto di vista a sua volta inedito per trasformare quel testo in un film.
Partiamo dal presupposto che l’immagine emana dal soggetto verso chi la percepisce: ci viene incontro, rendendoci oggetto di questa manifestazione. Da qui il carattere percussivo che immagini, montaggio ed effetti hanno assunto all’interno del film.
Dal punto di vista delle riprese, ho deciso di rinunciare alla panoramica, evitando tutti i movimenti di macchina che ricalcano la “lettura” da sinistra a destra e cercando invece, quando possibile, di creare immagini che dallo schermo ci raggiungessero, quasi venendoci incontro. Le riprese sono state realizzate con macchine da presa 6K e 4K, scegliendo tra i modelli più leggeri e avanzati che il mercato offre: in studio, ho optato per la Black Magic Pocket Cinema Pro e negli esterni per un iPhone 13 Pro. Diversamente da quanto accade nel libro, non ho girato nessuna vera e propria intervista con i fotografi che hanno fotografato la Regina Elisabetta II: ho preferito realizzare i loro ritratti in studio, con una luce pittorica, in una “scatola” nera, ritraendoli vestiti di nero. Il loro racconto, le loro emozioni nel ricordare la loro storia, le loro esperienze con la Regina condivise con me (un collega che conoscono e stimano e che li conosce e stima a sua volta) hanno permesso a impressioni ed espressioni autentiche di affiorare libere e di essere raccolte appositamente per questo film. Il nero che li circonda riesce ad annullare tutto quello che avrebbe potuto distrarci da occhi, volti, parole, emozioni. E l’empatia tra colleghi scaturita in questi incontri ha generato momenti di inattesa solidarietà e profonda commozione.
C’è stato poi l’incontro con
Charles Dance. Prima di conoscerlo personalmente a Londra, avevo deciso che
avrebbe letto i diari, i racconti, le idee sulla fotografia dei grandi
fotografi scomparsi che fotografarono la regina, sempre all’interno della
“scatola nera”, ma illuminato anche dalla luce di un iPad. Quindi non solo una
voce narrante, ma una presenza vera e propria che avrebbe costituito la spina
dorsale del film. Dopo averlo incontrato, colpito dal suo carisma, dalla sua
voce e dalla sua espressività e intelligenza, ho capito che il suo contributo
avrebbe potuto essere ancor più determinante e convincente se il suo magnetismo
non fosse stato frenato da un ruolo, ma fosse stato libero di rappresentare se
stesso. Come è avvenuto.
Questo elemento cruciale si è fuso con improvvise accelerazioni e decelerazioni del racconto, che ho inserito per ottenere una struttura emotiva dalla “narrazione ad elastico”, che fosse capace di tendersi e distendersi, di destare interesse e sorpresa e di catalizzare l’attenzione.
Un film sull’immagine come
questo ha il grande vantaggio di vedere riuniti in una sola persona i ruoli di
regista e direttore della fotografia. Di questa fusione congenita di ruoli
avrei dovuto e potuto cogliere tutti i vantaggi visto che, per esempio, non
avrei dovuto spiegare a qualcun altro il senso di quello che volevo ottenere affinché
illuminasse o filmasse in un certo modo una data scena. Insomma, non avrei
dovuto cercare una convergenza visto che partivo da una fusione… Ma non è tutto.
Il film doveva avere il contributo fondamentale di un artista che sapesse farlo
“vedere anche a occhi chiusi”. Ci è riuscito il compositore della musica, Remo
Anzovino, che ha scritto un tema indimenticabile. Un modo superbo per dare
colore, attraverso la musica, al ritratto di Elisabetta II.
Fabrizio Ferri