L’enigma e la fantasia albergano in ogni grande opera d’arte. «Ci sono,
infatti, storie nascoste nell’arte e l’arte stessa è misteriosa e piena di
simbologie capaci di raccontare episodi che, come messaggi in bottiglia,
arrivano al fortunato lettore dopo secoli di navigazione volontaria o
involontaria.»
Apre
così “Cronache dal mondo dell’arte 1 - Storie curiose di artisti e dintorni” (Albeggi
Edizioni) di Antonio Capitano, saggista, scrittore e giornalista, autore di un blog
culturale per il Fatto quotidiano, e scrittore per Atlante, magazine della
Treccani. Una serie di cronachette, ovvero ritratti più o meno noti di
artisti dal valore universale, e vite travagliate o avventurose, decisamente da
romanzo. Accanto ai ritratti, anche aneddoti con rimandi a ricerche inedite, come
nel caso - dai toni tragicomici ma realmente accaduto - di Pinturicchio, famoso
pittore di cui la cronachetta rivela un’avarizia di grado patologico. Rivelazioni
su simbologie, o ancora, vicende nascoste in un dipinto, degne d’interesse
tanto per il lettore esperto quanto per il semplice appassionato d’arte. Un
volume che nell’insieme è come una sorta di percorso museale alternativo, in
cui il lettore viaggia tra l’apice della realizzazione di un affresco e le vicende
personali sottese a quei frangenti.
Alle rivelazioni su Piero della Francesca, Raffaello, Pinturicchio, Caravaggio, Tintoretto, Masaccio, Mantegna, Leonardo e Botticelli si aggiungono quelle su nomi meno noti che hanno comunque lasciato un segno nell'universo artistico, quali Antiveduto Gramatica, Mariotto Albertinelli, Mastro Venceslao, Cola dell'Amatrice, Benozzo Gozzoli, Francesco del Cossa. Storie talvolta riferite al singolo personaggio e talaltra a un’intera famiglia.
Non
mancano i riferimenti a “casi misteriosi” sorti intorno a opere d’arte, e qui l’autore
sottolinea la necessità che ci sia un pieno fondamento per la loro risoluzione,
senza approssimazione o clamore pubblicitario, come, ad esempio, nella vicenda
del furto della Natività del Caravaggio avvenuta a Palermo nel 1969, cui la
commissione antimafia ha inteso dedicare nel corso dei propri lavori una nuova
e autonoma iniziativa di indagine per chiarire quali siano state le reali sorti
del prezioso dipinto, capolavoro siciliano dell'artista lombardo, da sempre
ritenuto oggetto di un furto di mafia.
Nella
fruizione di un dipinto o di una scultura – secondo l’autore - se ciascuno
conoscesse la storia o i particolari di uno o più aspetti già noti, ci sarebbe
un accesso “democratico” alle opere d’arte, e ciò sarebbe auspicabile visto il grande
potere terapeutico che esse esercitano «anche attraverso un recondito
dettaglio, capace di educare lo spirito e sorprendere», un potere per il quale l’Arte
– Capitano rimarca - «deve essere apprezzata anche nella normalità e nei principali
approcci educativi.»
Ancor prima della trasmissione di immaginazione e mistero, sembra di
capire che per Antonio Capitano ciò che l’arte produce sia uno stato di
sublimazione.
Ogni fondato resoconto, ogni disvelamento sulla creazione di un’opera d’arte serve dunque a potenziare la nostra capacità di leggerla e percepirla. Sono questi i due prerequisiti fondamentali – a parere dell’autore - per accedere alla sua magia, perché oltre che «capace di educare lo spirito e sorprendere», l’Arte ha la funzione di «illuminare nei momenti più bui anche per piccoli sprazzi di felicità».