Sarah Biacchi è Edith Piaf. L'intervista di Fattitaliani: ha vissuto con l’acceleratore al massimo

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Sarah Biacchi
 dà voce ad Edith, il passerotto di Francia, interprete di La vie en rose, in una serata evento al TeatroBasilica di Roma il 18 maggio 2022. Accompagnata al pianoforte dal Maestro Luca Proietti.

Cosa racconta lo spettacolo?
Edith Piaf ripercorre tutti i momenti più importanti della sua vita. In particolare lei parla degli affetti, dei grandi amori che ha avuto intesi sia come affetti familiari e parentali, sia i suoi amori veri e propri. Noi trattiamo quattro amori diversi: l’amore per i padre che era un contorsionista che l’ha iniziata a lavorare al circo ed è stata la sua prima volta sul palcoscenico da bambina piccolissima; Titine la prostituta che l’ha cresciuta quasi fosse una madre nell’anno in cui Edith era stata nel bordello della nonna ed aveva preso anche la cheratite agli occhi; l’amore per Raimond Asso che era un compositore o un maestro di canto più importante di Francia che l’aveva scovata in un locale, allora succedevano ancora queste cose e poi il suo grande amore, il pugile Marcel Cedarn che morì mentre andava da lei che era in tournée negli Stati Uniti. Canto sette canzoni di Edith Piaf e lo spettacolo è stato strutturato drammaturgicamente attorno a questa musica. Dalle canzoni nasce la storia.
Tra tutte qual è la storia che mettete più in evidenza?
Le storie si intrecciano tra di loro, ovviamente l’amore per Marcel Cedarn, per lui scrisse Hymne à l’amour e che è il fil rouge di tutto lo spettacolo.
Sei un’attrice poliedrica, in Edith ti cali nel doppio ruolo di attrice e cantante. Quali sono stati i tuoi esordi?
Ho iniziato nel 1998, sono stata presa contemporaneamente al Conservatorio di lirica a Parma e alla Facoltà di lettere dove c’era il corso di storia del Teatro, dove facevo Teatro attivo, per cui non c’è una cosa che ha partorito l’altra, sono arrivate entrambe contemporaneamente e le due strade sono andate avanti contemporaneamente.
Se ti fossi trovata ad un bivio, cosa avresti scelto?
Non avrei mai scelto, sarei rimasta lì a guardare perché queste due cose sono talmente l’una dentro l’altra che non mi riesce di dividerle. Infatti sto preparando un altro spettacolo per il Teatro Biondo di Palermo. E’ raro che io faccia uno spettacolo dove non canti o facendo l’opera lirica non venga utilizzata per la parte recitativa più impegnativa. E’ la mia natura artistica, se proprio dovessi scegliere, il mio amore più grande è recitare.
La passione per la lirica come nasce?
Nasce dal Conservatorio dove studiavo pianoforte, ci obbligavano a cantare nel Coro. Una volta un’insegnante sentì questa voce che si era già sviluppata, mi fece cantare un pezzettino, presi poche lezioni, tentai l’esame e mi prese subito. I vari tesi musicali, ho imparato a conoscerli in conservatorio.
L’altra tua grande passione è la scrittura cinematografica ed hai un sogno, quello di realizzare un film femminile sulla guerra.
Sì quello e molti altri, sono attratta da temi di attualità come le difficoltà che hanno le coppie per adottare un bambino. Mi piacerebbe moltissimo realizzare qualcosa su temi di cui facciamo fatica a parlare, soprattutto in riferimento alla matrice cattolica di questo Paese. Sono molto cattolica, sono a favore della famiglia ma ho letture abbastanza trasversali. Per me sono tutte famiglie, non solo tradizionali ma dove c’è famiglia c’è casa, non m’interessa chi c’è dentro, basta che ci sia la felicità. E’ un tema che mi piacerebbe trattare, il fatto che la fede, la spiritualità e le proprie scelte non siano cose che debbano farsi la guerra. Dove c’è l’amore, lì c’è Dio.
Questo spettacolo è adatto a tutti?
Certamente, abbiamo avuto spettatrici di quattro anni e spettatrici di ottantaquattro anni. Piace a tutti, ci si diverte anche se non si conosce la storia perché viene spiegata dall’inizio alla fine quindi non è per intenditori, è veramente divulgativo. Soprattutto se si ama la musica dal vivo, è un’ottima occasione.
Molto spesso capita di leggere che la vita di Edith sia stata molto forsennata, in che senso?
Le sono successe tante cose importanti, una dietro l’altra. Dal cantare per strada, fino a cantare nei locali più belli di Francia. Le malattie, l’uso di sostanze. Ha vissuto molto velocemente con l’acceleratore al massimo. Veniva da una realtà difficilissima perché veniva lanciata come un pacco da un genitore ad un altro. Il dono della voce è stato il suo lasciapassare per avere un posto nel mondo. Aveva molto bisogno d’amore che sfogava in brutte abitudini, dall’alcol alle punture di cortisone per stare meglio, cercava comunque di stravolgersi.
Do voce ad Edith Piaf” cosa hai provato?
Ero a Parma quindi ero a casa mia. Nel Teatro dove sono cresciuta, dove ho mosso i primi passi. E’ stata diversa da qualsiasi altra prova. Abbiamo lavorato molto sulla fisicità di Edith. Slanciata, diritta, lei invece era artritica, con dei grossi dolori fisici che le condizionavano il modo di muoversi. Trasformarmi in lei è stato immediato. Ho perso i freni di sentirmi una persona gradevole, invece Edith non ha bisogno di piacere agli altri. Lei pensava di poter fare tutto e da una grande libertà questo tipo di situazione.

Elisabetta Ruffolo
Intervista del 2015, aggiornata il 16.05.22


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