Giuseppe Pambieri a Fattitaliani: ogni volta devo entrare in scena pensando di essere il personaggio. L’intervista

Fattitaliani



Un appuntamento a teatro con i classici rappresenta già un evento a sé: se poi l’autore è Seneca e il protagonista è un'istituzione come Giuseppe Pambieri, la sensazione di trovarsi dentro un avvenimento speciale cresce, e a ragione. Al Teatro Arcobaleno di Roma fino al prossimo 29 maggio, l’attore interpreta lo spietato Atreo nella tragedia di Seneca “Tieste”. Con lui in scena Sergio Basile, Gianluigi Fogacci, Elisabetta Arosio, Roberto Baldassari, Vinicio Argirò. Regia di Giuseppe Argirò, musiche di Vincenzo Incenzo.

“È il male assoluto, una sorte di Joker maturo - dice a Fattitaliani Giuseppe Pambieri - che rasenta la pazzia. Alla fine non è nemmeno contento: avrebbe voluto che il fratello mangiasse i propri figli sapendo di farlo”. L’intervista.

Nella scheda di “Tieste” lei è presentato come “depositario di una prestigiosa tradizione teatrale”. Da che cosa obiettivamente si evince e si vede tale tradizione?

Con mia moglie Lia Tanzi sin dagli inizi abbiamo formato una ditta: a partire dal “Re Lear” con Strehler abbiamo portato avanti un discorso di coppia e anche “Anna Frank” con mia figlia (Micol Pambieri, ndr) rappresenta un punto focale della nostra carriera. Adesso mia moglie da tre anni non recita più perché si è stancata. Con mia figlia a Borgio Verezzi proporremo uno spettacolo interessante sul cambiamento climatico “La terra promessa” di Guillem Clua, un autore spagnolo che va per la maggiore. È uno spettacolo originale, grottesco. Le dico solo l’inizio: il presidente di un’isola immaginaria si presenta all’ONU chiedendo aiuto vestito da sub, per comunicare che presto si sarebbe potuto vivere solo abbigliati in questa maniera. C’è uno sconfinamento, una proiezione verso un futuro, alla ricerca di un altro pianeta al di fuori della nostra galassia dove ricominciare una nuova vita e umanità.


Che rapporto ha con la tragedia di Seneca?

“Tieste” è una tragedia poco rappresentata, perché difficile teatralmente: contiene tanto parlato ma pochi fatti. La prima versione è stata quella di Gassman e Ninchi, dopo basta fino alla fine degli anni Ottanta. Poi la messinscena a Segesta diretta da Walter Pagliaro con me nel ruolo di Atreo e Nando Gazzolo: una bella esperienza con una recitazione un po’ più classica. Con il regista Giuseppe Argirò ho un bel rapporto: gli ho proposto di riprendere “Tieste” e l’idea è stata accettata dal nostro impresario. La stagione scorsa con me c’era Paolo Graziosi che poi purtroppo si è ammalato ed è mancato: fra noi c’era un rapporto di amicizia e stima. Non mi sentivo all’inizio di riprendere lo spettacolo, ma sono stato incoraggiato dalla moglie Elisabetta Arosio che interpreta la Furia. È stato sostituito da Gianluigi Fogacci.


Lo spettacolo è infatti dedicato a Paolo Graziosi. Che cosa viene a mancare quando si perde un artista così?

Si perde una persona cara soprattutto, umanamente parlando. Guardo sempre il lato umano quando si deve convivere insieme. Dopo un inizio non facile a causa del suo carattere un po’ ostico, abbiamo stabilito un’ottima relazione: era un uomo buono e sincero con sé e con gli altri, quello che diceva lo sentiva. Nel nostro ambiente si è spesso ipocriti, se a lui invece qualcosa non piaceva, te lo diceva in faccia. Mi manca la sua sincerità e il suo modo di affrontare la vita. Questa affinità nascerà forse pure dal fatto che anche lui era romagnolo, di Rimini, e io sono originario di Riolo Terme. È una mancanza molto forte. Ricordo quando con mia moglie lo vedemmo in “Giulietta e Romeo” di Zeffirelli nel ruolo di Mercuzio: un attore straordinario, un modo di esprimersi un po’ straniato, particolare, che affascinava molto.

Tornando a “Tieste”, Le ha causato un certo effetto emotivo vestire i panni di una persona così feroce come Atreo?

Diciamo che noi attori abbiamo la patente. Possiamo essere un santo, un delinquente, un assassino, un poveraccio, un nababbo: è il fascino di questa professione. Possiamo esplorare il male nelle sue radici senza subirne le conseguenze; certo, in questo caso vengono i brividi solo a pensarci ma pensiamo anche al riflesso. Da queste tragedie ci viene l’invito a domandarci su quello che accade oggi, madri che uccidono i figli, omicidi sanguinari: fa parte del nostro Dna umano, purtroppo.

Bombardati mediaticamente su delitti di genere e stragi familiari, non possiamo correre il rischio di abituarci a simili tragedie?

Viviamo un’epoca buia, ammettiamolo: la guerra con certi episodi terrificanti non aiuta di certo. Abbiamo passato momenti anche più brutti. Io però sono ottimista: sono convinto che chi fa il male alla fine paga e che la bontà prevale. Nella mitologia tutti i personaggi avevano comunque una duplice natura: già Tereo aveva organizzato un banchetto simile e lo stesso Tieste aveva pure commesso omicidi e atti di efferatezza.

Il cinema stenta a riprendersi dopo la pandemia. E il teatro?

Insomma, non va tanto meglio. È faticoso, abbiamo perso la metà degli abbonati. Già si stava un poco in crisi, con la pandemia c’è stato il collasso. La gente continua ad avere paura anche con la mascherina e il pubblico è formato soprattutto da persone dai 50 anni in su. Proponendo un titolo conosciuto e accattivante è più facile attirare l’interesse, ma vanno fatte cose nuove e diverse. Io personalmente ho fede tant’è che riprendo con Carlo Greco la “Nota stonata” al Teatro Vittoria nel gennaio 2023, un testo strepitoso sull’ebraismo. Ci sono solo due personaggi ma continui movimenti e colpi di scena. Carlo Greco ha visto lo spettacolo a Parigi e ha convinto l’autore a cedergli i diritti.

Per quanto riguarda la tv che Lei ha tanto frequentato, a parte qualche recente tentativo, avrebbe senso riproporvi il teatro?

Io credo di sì. Era talmente affascinante quel venerdì sera, molto seguito e con un professionismo enorme. Potrebbe servire riproporre il teatro anche in seconda serata. Su Rai5 e Rai Play c’è comunque la possibilità di rivedere spettacoli.


A proposito di tv, io vorrei ricordare un’esperienza che personalmente mi è rimasta scolpita nella memoria di ragazzino. Sto parlando di “Fermate il colpevole”, piccoli gialli proposti all’interno della trasmissione “Scacco matto” abbinato alla Lotteria Italia. Un cast eccezionale… 

Sarebbe efficace riproporre una cosa del genere all’interno di trasmissioni. Oggi assistiamo a spettacoli con soli cantanti e sarebbe bello dare un po’ di spazio alla teatralità e alla recitazione, stimolerebbe il pubblico a recarsi a teatro.

Nel ruolo di Atreo i suoi begli occhi brillano: c’è una partecipazione totale anche a livello corporeo sembra…

Devo entrare in scena pensando di essere il personaggio, in questo caso un mostro di cattiveria, e crederci fino in fondo. Se sulla scena pensassi alla realtà ci sarebbe una dicotomia. Dall’inizio devo entrare dentro questo meccanismo di follia e cattiveria. Certo, qui è proprio difficile: si tratta di totalitarismo, tirannia che abbiamo davanti agli occhi anche oggi; basti pensare a Putin.  Giovanni Zambito.



LO SPETTACOLO

Dopo il debutto, in Prima Nazionale, al Festival del Teatro Classico di Formia e le rappresentazioni avvenute a Segesta ed in altri importanti siti archeologici, approda al Teatro Arcobaleno dal 20 al 29 maggio “TIESTE” di Seneca, con l’adattamento e la regia di Giuseppe Argirò. Lo spettacolo vede protagonista Giuseppe Pambieri, straordinario attore, depositario di una prestigiosa tradizione teatrale, insieme a Gianluigi Fogacci e Sergio Basile. Con loro in scena Elisabetta Arosio, Roberto Baldassari, Vinicio Argirò. Musiche di Vincenzo Incenzo.

È l’occasione per assistere ad una tragedia raramente rappresentata, preziosa testimonianza del Teatro tragico latino, alla quale, per le tue tinte fosche, si ispirò Shakespeare nel “Titus Andronicus” e in “Amleto”. La tragedia affronta il tema della vendetta e dell’inganno, rappresentando un connubio perfetto tra il potere e il male. La vicenda ruota attorno alla vendetta di Atreo nei confronti del fratello Tieste che, tempo prima, ha cercato con l’inganno di sottrargli il regno e di sedurre la moglie. Il legittimo re riuscirà a sventare le macchinazioni del fratello e a salvaguardare il trono, ma non dimenticherà il tradimento: fingendo una riconciliazione, inviterà Tieste a Palazzo e, dopo averne ucciso i figli, offrirà al padre un empio banchetto. Il testo declina la violenza in tutte le sue forme connesse al sopruso e alla prevaricazione, volta all’affermazione autoritaria e al disprezzo di qualsiasi norma giuridica che regoli la convivenza civile. L’affermazione dell’autoritarismo si respira in ogni piega della drammaturgia; l’invito iniziale della Furia viene infatti accolto da Atreo: “muoiano fede, lealtà e diritto”. Seneca indaga la primordiale lotta tra il bene e il male e descrive il ribaltamento di valori esistente in ogni totalitarismo che persegue il proprio disegno politico, sociale ed esistenziale. L’opera di Seneca, l’unica a non avere un modello greco corrispondente, è una tragedia senza catarsi e non offre alcuna redenzione ai personaggi che perdono ogni umanità dimostrando che la violenza e il disprezzo per la vicenda umana è un prodotto culturale determinato dal potere e dalla storia, che si ripete in modo inesorabile, non risparmiando nessuno. Lo spettacolo è dedicato a Paolo Graziosi, il grande attore scomparso il 1° febbraio di quest’anno, che aveva interpretato il ruolo di Tieste nel debutto estivo.

TEATRO ARCOBALENO (Centro Stabile del Classico)

Via F. Redi 1/a - 00161 Roma

Tel./ Fax 06.44248154 – Tel. 06. 4402719

e-mail: info@teatroarcobaleno.it - sito: www.teatroarcobaleno.it

Biglietti: Intero € 21,00 (prevendita €1) - Ridotto € 17,00 (prevendita €1)

Ridotto studenti € 14,00 (prevendita €1) - Ridotto bambini € 10,00

venerdì e sabato ore 21,00 – domenica ore 17,30


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