Proscenio, Paolo Vanacore a Fattitaliani: i miei testi teatrali nascono da emozioni profonde o da sentimenti contrastanti. L'intervista

Al Teatro Vittoria di Roma dall’8 al 13 febbraio lo spettacolo arriva Rosy D’Altavilla - L’amore oltre il tempo, scritto e diretto da Paolo Vanacore, con l’attrice Carmen Di Marzo
Un monologo brillante con inserti musicali firmati da Alessandro Panatteri e il flauto di Fabio Angelo Colajanni e alcune canzoni napoletane cantate rigorosamente dal vivo dalla protagonista accompagnata da flauto e pianoforte. Paolo Vanacore intervistato da Fattitaliani per la rubrica Proscenio.

In che cosa "Rosy D’Altavilla - L’amore oltre il tempo" si contraddistingue rispetto ad altri suoi testi?

Rosy d’Altavilla è il primo testo in cui affronto la tematica della doppia personalità intesa come vita precedente, reincarnazione. Potrebbe apparire un banale espediente drammaturgico finalizzato al racconto dell’esistenza di due personaggi molto diversi, la bidella di oggi e la diva del café chantant ieri, in realtà la mia intenzione era proprio quella di approfondire la sensazione che si andrebbe a provare nel caso in cui a qualcuno di noi capitasse, per assurdo, di ricordare esattamente ogni frammento, ogni sensazione, di un’esistenza già vissuta.

Quale linea di continuità, invece, porta avanti (se c'è)?

Mi sono laureato moltissimi anni fa in Storia del Teatro e dello Spettacolo con una tesi sulla figura del grande Gennaro Pasquariello, un attore cantante che ha vissuto proprio nel periodo in cui le atmosfere dense e fumose del café chantant lasciavano spazio a una rappresentazione teatrale più organica, il varietà. Dopo tantissimi anni, sono voluto tornare a quel mondo che in realtà sento molto affine anche per via delle mie origini napoletane.

C’è però anche una seconda linea di continuità che è quella del teatro-canzone che prende ispirazione dalle storie degli ultimi, da quelle persone ai margini della società, gente umile. Rosetta è una bidella, una donna sola con il cuore grande.

La terza e non meno importante linea di continuità è la collaborazione ormai ventennale con il grande Maestro Alessandro Panatteri che per questo spettacolo ha composto un tema originale di rara bellezza, struggente ed evocativo al tempo stesso oltre ad aver effettuato un accurato lavoro di recupero di alcune canzoni napoletane completamente dimenticate, scritte da grandi del passato (Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, E.A. Mario e tanti altri) e riemerse direttamente dai vecchi Piedigrotta Gennarelli di inizio secolo che Alessandro ereditò da suo padre.   

Com'è avvenuto il suo primo approccio al teatro? Racconti...

Il mio primo approccio con il teatro l’ho avuto a scuola, alle elementari, quando un giorno la maestra ci fece unire una decina di tavoli per creare un grande palcoscenico. Dopodiché chiese a ognuno di noi di salire su quel palco e di esprimersi liberamente. Ero un bambino molto esuberante, senza pensarci più di tanto salii per primo e raccontai la storia di un barattolo di sugo di pomodoro che fugge da una dispensa perché è stanco di stare fermo e immobile al buio in attesa di essere consumato. In realtà stavo improvvisando, non sapevo dove sarei andato a parare ma rimasi colpito dal fatto che mentre raccontavo quella strana storia i miei compagni mi stavano ascoltando. Ecco, credo che sia nato tutto da lì.


Quando scrive un testo nuovo può capitare che i volti dei personaggi prendano man mano la fisionomia di attrici e attori precisi?

Devo dire che nella maggior parte dei casi è così. Non solo perché finora ho avuto spesso la fortuna di scrivere e dirigere immaginando la messa in scena e avendo già un progetto teatrale predefinito, cast compreso, ma anche perché spesso sono gli attori che mi chiedono di scrivere qualcosa per loro. Il personaggio di Rosy D’Altavilla nasce proprio da una richiesta ben precisa di Carmen Di Marzo cui ho aderito con grande entusiasmo e che ha segnato l’inizio di una collaborazione umana e professionale molto importante. Carmen è un’attrice straordinariamente brava, una grande professionista, un’amica.

È successo anche che un incontro casuale ha messo in moto l'ispirazione e la scrittura?

Succede spesso, l’ultima volta è accaduto durante una passeggiata al cimitero di Pere Lachaise, a Parigi. In altri casi i miei testi teatrali nascono da emozioni profonde o da sentimenti contrastanti fra loro, come la gioia o la delusione. Dopo il no di un famosissimo direttore di un teatro scrissi qualche anno fa uno dei miei testi più autentici che però ancora non sono riuscito a rappresentare, forse perché dentro c’è ancora troppo risentimento.

Per un autore teatrale qual è il più grande timore quando la regia è firmata da un'altra persona?

Massima libertà al regista, non sono legato ai miei testi, possono anche essere completamente stravolti a patto però che non si alteri il senso complessivo di quello che ho scritto, il messaggio o la morale ove presente.

Quanto si riconosce nella seguente citazione "Il teatro d'avanguardia è il teatro di domani. Il guaio è che te lo fanno vedere oggi" di Pino Caruso?

Rispondo con una citazione altrettanto bella e significativa di Peter Brook, il quale sosteneva che il suo ideale era quello di fare due regie all’anno, un classico con gli occhi di un contemporaneo ed un contemporaneo con gli occhi del classico.

Il suo aforisma preferito sul teatro... o uno suo personale...

Mi viene in mente la voce del grande Mario Scaccia quando esclama: “Il Teatro non finisce, non finirà mai”. Ho avuto il privilegio e l’onore di essere suo amico, è stato uno degli incontri più belli e significativi della mia vita.

L'ultimo spettacolo visto a teatro? un giudizio (se vuole)

Recentemente ho ammirato due grandi attori, Lalla Esposito e Peppe Barra, in “Non c’è niente da ridere” al Sala Umberto di Roma, due mostri sacri, due animali da palcoscenico, per me gli ultimi veri e degni rappresentanti del teatro napoletano, che si sono esibiti nel genere che più prediligo: la macchietta, il varietà, la rivista, il teatro-canzone, appunto.

Degli attori del passato chi vorrebbe come protagonisti ideali di un suo spettacolo?

Lo stesso Mario Scaccia e la grande Valeria Moriconi.

Il miglior testo teatrale in assoluto qual è per lei?

Non ce n’è uno in particolare, per una serie di motivi legati alla mia infanzia e alla mia formazione teatrale direi “Natale in casa Cupiello” e “Filomena Marturano” di Eduardo.

La migliore critica che vorrebbe ricevere?

Il “cuore” di Vanacore.

La peggiore critica che non vorrebbe mai ricevere?

“Troppo cuore” in Vanacore.

Dopo la visione dello spettacolo, che cosa Le piacerebbe che il pubblico portasse con sé a casa?

Il ricordo sempre vivo di un amore breve, fugace, mai dimenticato. 

C'è un passaggio, una scena che potrebbe sintetizzare in sé il significato e la storia di "Rosy D’Altavilla - L’amore oltre il tempo"? 

Quando nel finale dello spettacolo Rosetta la bidella alza gli occhi al cielo ed esclama: “Grazie, adesso ho capito perché mi hai fatto tornare”. Giovanni Zambito.


LO SPETTACOLO
Rosy D’Altavilla è una favola che porta lo spettatore a sognare sospeso tra il presente e il passato, cullato da dolci melodie che lasciano un sapore malinconico del tempo che fu.

              L’amore oltre il tempo 

con Carmen Di Marzo 

testo e regia di Paolo Vanacore 
Musiche originali Alessandro Panatteri 
Pianoforte e direzione musicale Alessandro Panatteri 
Flauto Fabio Angelo Colajanni 

Produzione Assoflute Associazione Musicale 

dall’8 al 13 febbraio 2022


NOTE DI CARMEN DI MARZO

“La particolarità di Rosy D’Altavilla – L’amore oltre il tempo, nata nel 2016, è la penna sensibile di Paolo Vanacore, che è stata ispirata dai testi delle canzoni. Il Maestro Panatteri ha composto le musiche originali dello spettacolo e grazie a dei preziosissimi Piedigrotta in suo possesso, ha riportato alla luce melodie straordinarie che non hanno superato il muro del tempo, seppur scritte da autori molto autorevoli come Salvatore Di Giacomo e Libero Bovio. Da questo importantissimo lavoro di ricerca nasce la storia.

Per me è stato un meraviglioso viaggio nelle atmosfere fumose del cafè chantant, ma è stato anche scoprire la vita di una donna popolare, semplice, una tenera bidella che attraverso il canto e la musica ricorda la sua esistenza precedente. E l’intreccio di queste due vite ha il suo punto focale nel canto, nel suo grande talento. Grazie alla musica si sente amata e si sente ancora viva. Credo che chiunque possa riconoscersi nello spettacolo, perché si viaggia nell’amore, nell’abbandono, nel tormento, nella poesia, nell’arte, nell’infanzia, nella gioia e nel dolore. Emozioni con cui ognuno di noi si confronta. È uno spettacolo che pone un accento importante sulla potenza del ricordo. I ricordi sono scrigni preziosi, linfa, identità, ma possono essere anche trappole quando ci impediscono di evolvere. Incontrare Paolo e Alessandro ha significato per me trovare una famiglia, è stato come essere in una tribù, ci siamo riconosciuti. Il tutto impreziosito anche dall’incontro con Fabio Angelo Colajanni, flautista eccellente e tra i migliori in circolazione. La potenza di Rosy D’Altavilla risiede proprio nel lavoro di squadra. Più di cento repliche in giro per l’Italia. Mi sembra un raggio di sole, una carezza, una risposta luminosa a tutto ciò in cui credi e per cui vale la pena di lottare. Con entusiasmo, sacrificio, amore, passione e ottusa determinazione.

Una struggente storia d’amore e di successo a cavallo della guerra. Storia di promesse involontariamente tradite, di incomprensioni, della scoperta della “malattia dell’applauso” e di un amore mai dimenticato”.

Fattitaliani

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