Direi che Nessuno dopo di te è in linea
con quello che da sempre scrivo. Mi interessano i percorsi interiori, quelli
più nascosti, meno rivelati affinché il pubblico possa sempre sentirsi toccato,
coinvolto, benevolmente indagato.
Altra linea di continuità è la verità.
Quando scrivo sono onesto. Seguo quello che l’istinto mi suggerisce di
raccontare. Inizio a scrivere e mi ascolto.
La storia è lunga ma cercherò di
sintetizzarla. Il mio primo approccio al teatro è stato assolutamente casuale.
Sono laureato in legge e mi occupavo quindi di tutt’altro. Su insistenza di una
mia amica mi iscrissi con lei a un corso di recitazione e fui folgorato. Da lì
è partito tutto. Ho studiato tanto, ho cominciato man mano a organizzare
spettacoli nei quali recitavo e dei quali col tempo sono anche diventato
regista. Ho cominciato a scrivere. Ho fondato una scuola di teatro. Fino alla
realizzazione del sogno più grande: l’apertura di un mio spazio che oggi esiste
ed è Teatrosophia, al centro di Roma, del quale sono direttore artistico. E che
è diventato, credo, uno degli spazi off romani che più hanno da dire.
Quando scrive un testo nuovo può capitare che i volti dei personaggi prendano man mano la fisionomia di attrici e attori precisi?
Direi di no. La scelta degli attori è
sicuramente successiva alla stesura del testo. Una volta scelti ed iniziato il
lavoro comune, cerco con i miei attori un dialogo che sotto la mia guida porti
gli interpreti ad indagare i loro personaggi seguendo un percorso che li porti
a farli propri. Una cosa che mi capita spesso è che già prima di provinare un
attore so già, a primo impatto, se lo sceglierò o meno. Salvo sorprese
ovviamente.
Spesso. Ma non mi riferisco agli attori.
Piuttosto a persone nelle quali mi sono imbattuto. A vari livelli. Dal più
superficiale al più profondo, ma che in ogni caso hanno acceso l’ispirazione e
azionato il desiderio di raccontare una storia.
Non ho timori particolari. Una volta
scritto, un testo diventa di tutti. Di chi lo legge, di chi lo interpreta, di
chi lo dirige. Il risultato posso non condividerlo, ma lo rispetto. Sempre. Il
timore generale è che possa essere praticato un “brutto teatro”. Ma è un timore
che ho sempre, indipendentemente dal fatto che io abbia scritto il testo.
Quanto si riconosce nella seguente affermazione: "Davanti ai personaggi delle opere teatrali si pensa: “Che cosa chiede Amleto? Che cosa sta urlando Otello? Che cosa sta tramando Clitennestra? Che cosa nasconde Tartufo?” Ma in realtà, se uniamo tutte le domande, verrà sempre fuori: “Chi sono io?” di Fabrizio Caramagna?
Il Chi sono io è la base di tutto. E
aggiungo. Quale è il mio obiettivo? E ancora. Quale è il mio bisogno? Come
convivo con il mio bisogno? Lo copro? E con quale maschera? Che conflitto si
innesca tra bisogno e maschera?
“Il teatro ci mette in contatto con quella
parte di noi che abbiamo sempre nascosto o che non pratichiamo da troppo tempo.”
“Miracoli metropolitani” di Carrozzeria Orfeo.
Una bella dimostrazione del fatto che la qualità porta la gente al teatro.
Degli attori del passato chi vorrebbe come protagonisti ideali di un suo spettacolo? perché?
Tanti. Dico i primi che mi vengono in
mente. Salvo Randone e Rina Morelli. Ma potrei citarne tanti altri. Perché gli
attori di quella generazione vivevano il loro mestiere come una missione. Preparati e appassionati,
aderivano a una idea di teatro che ora si vede troppo poco.
Il miglior testo teatrale in assoluto qual è per lei?
Impossibile rispondere. Ma io ringrazio il
cosmo di aver generato un signore che si chiama William Shakespeare.
La migliore critica che vorrebbe ricevere?
“Il suo spettacolo non mi è piaciuto
perché ho una visione diversa dalla sua. Ma è uno spettacolo in cui c’è cura,
amore, professionalità insieme al desiderio di emozionare e di lasciare un
segno nell’animo dello spettatore”
La peggiore critica che non vorrebbe mai ricevere?
Le critiche vanno bene tutte. Quelle
oneste le si può condividere o meno ma in entrambi i casi servono a crescere e
a riflettere sul proprio operato. Quelle disoneste qualificano coloro che le
hanno prodotte e mi divertono.
Dopo la visione dello spettacolo, che cosa Le piacerebbe che il pubblico portasse con sé a casa?
Una sola cosa. Il desiderio di guardarsi
dentro. Un po’ di più.
C'è un passaggio, una scena che potrebbe sintetizzare in sé il significato e la storia di "Nessuno dopo di te"?
“LA VITA MI HA DETTO NO MILLE VOLTE, MA IO
QUEL SI’ LO CERCO ANCORA”. Giovanni Zambito.
LO SPETTACOLO
Storia d'amore vissuta nel coraggio e nella paura, tumultuoso viaggio interiore, lo spettacolo narra l'intreccio e l’incontro/scontro tra due anime, l'una bisognosa d'amore, l'altra votata alla rassegnazione, entrambe incomplete e travagliate.
Eleggendo la componente performativa come strumento di comunicazione, l'opera si muove su una trama sottile: i dialoghi spesso lasciano spazio al corpo e ai suoi movimenti, le parole del quotidiano vanno a mescolarsi con la poesia.
Sono parole quelle che usiamo per difenderci e nasconderci, sono parole quelle della poesia, che troppo spesso rimangono mute. Ma è parola anche il nostro corpo che al contrario, non tace mai.
Diego combatte, Mirko è combattuto fra amore e desiderio di fuggire. Aumenta il non detto. L'amore è ormai solo una gabbia, o l'unica speranza di salvezza?
SINOSSI
Diego, benestante, ha una vita dopotutto risolta ma affaticata da un inguaribile bisogno di amare e di essere amato. Mirko ha fatto una scelta “ai limiti” sfruttando l’unico talento che pensa di avere. Vive a metà. Nell’assoluta certezza di non meritare un’esistenza migliore.
S’incrociano a distanza più volte fino a che arriva il momento dell’incontro. Ne nasce una storia, carica di non detto, vissuta in una gabbia: in comune hanno un alibi che consente ad entrambi di proseguire la loro relazione.
Diego, sfidando la comune morale, insegue questo amore, combatte anche per dare una seconda possibilità alla vita di Mirko. Ma quest’ultimo, è frenato dalla paura e dal profondo senso di rassegnazione. Accade però qualcosa, di indotto o forse casuale che lo costringe ad una scelta. Chi si salva?
NOTE DI REGIA
Nessuno dopo di te non è altro che una storia d’amore. E’ un viaggio interiore, un viaggio di pancia e di cuore, di grida implose, di verità solo in apparenza nascoste.
Paura e coraggio si incrociano: la paura di vivere e di amare; il coraggio di osare pur di essere se stessi. La quotidianità vissuta dai due protagonisti è un binario sottile, la traccia per un viaggio nelle profondità, alla ricerca di quello che l’apparenza poco rivela.
Diego e Mirko sono anime. Anime che contengono ostacoli. Anime diversissime fra loro. L’amore, quello si, se pur abbia mille colori, sa creare una identità. L’amore, quello si, non cede mai il passo e rimane l’unico strumento di salvezza. Anche quando finisce. Anche quando deve finire. Che si sia donne o uomini non fa alcuna differenza. Guido Lomoro
DA MARTEDI’ 22 a DOMENICA 27 FEBBRAIO 2022
TEATROSOPHIA
Via della Vetrina, 7
00186 Roma
NESSUNO DOPO DI TE
Scritto e diretto da Guido Lomoro
Con: Gabriele Giusti e Tommaso Sartori
Coreografie e Movimenti scenici: Maria Concetta Borgese
Prodotto da Guido Lomoro per Teatrosophia
Scene: Enzo Piscopo
Costumi: Maria Letizia Della Felice-
Disegno luci: Adalia Caroli
Social media management: I Vetri blu