E’ una
tela di 46x55 cm che l’artista dipinse a Parigi nella primavera del 1886, la
prima e unica volta che dipinse questi fiori così romantici e ricchi di
significato: di quadri di fiori Van Gogh, anche a Parigi, ne dipinse almeno cento, doveva
dunque trattarsi di una circostanza speciale quella che lo ispirò a tale specifico
soggetto mai più ripetuto: tale circostanza
non è stata, che io sappia, mai individuata e illustrata dagli studiosi e dai
cultori, eppure, in realtà, essa si verificò e ebbe anche un seguito che ora
illustriamo.
Una delle modelle di artista più richieste e celebrate a partire all’incirca dal 1860 a Parigi e di cui ci siamo occupati più volte, fu Agostina da Subiaco che vi giunse all’età di 18 anni circa, nel suo abito ciociaro e col tamburello. Si ritiene che a Parigi il primo ingaggio lo ebbe col Maestro Corot che, ormai celebre e riconosciuto pittore paesaggista, in quegli anni ‘60 iniziava ad occuparsi della figura umana, soprattutto femminile. Ritrasse Agostina in costume e col tamburello e poi almeno altre venti opere in vestiture differenti, anche ciociare, negli anni che seguirono. Poi fu eternata, usiamo dunque questo eloquente termine, anche in un’opera di Manet che vide la modella in piedi sulla pedana nello studio di Corot mentre la dipingeva in un quadro in costume ciociaro oggi alla Galleria Nazionale di Washington, e anche lui fu preso e incantato dal soggetto e ne fece uno splendido ritratto dal titolo “l’Italienne”. Poi altri maestri tra cui E. Dantan, Zandomeneghi, Renoir e i magnifici nudi in ambientazioni turche di Gérôme …
Come ha
dedotto il Museo di Amterdam, Van Gogh arrivò a Parigi alla fine di
febbraio 1886, ospite del fratello Théo che abitava a Montmartre, in una
piccola via a poche decine di metri da Place Pigalle. L’artista si era
trasferito a Parigi per seguire i corsi di modellato presso una scuola privata
al Boulevard de Clichy, un lungo e ampio viale dove centinaia di artisti
provenienti da tutto il mondo avevano le loro abitazioni e i loro studi. E così
dal primo marzo Van Gogh iniziò a frequentare lo Studio Cormon, la scuola di
modellato, al nr.104 del viale. Pochi metri prima, al 62, si trovava uno dei
tanti caffè della zona, il Tambourin
(il tamburello) che si distingueva per due ragioni: l’arredamento e le varie utensilerie avevano la forma di un tamburello e le
cameriere indossavano il costume ciociaro. Passandoci davanti più volte al
giorno l’artista con qualche amico pittore, forse Bernard o Toulouse Lautrec o
Anquetin sicuramente, che seguivano gli stessi corsi di modellato, vi entrò per
bere qualcosa: e di conseguenza iniziò a
prendere contatti con Agostina. In effetti la modella, svanito il fascino della giovinezza, risolse la nuova situazione -aveva ormai
circa 45 anni- con la ristorazione, da qui il locale al quale mise il nome
dello strumento musicale che l’aveva accompagnata tutta la vita: il tamburello. L’età matura non aveva
privata Agostina del suo fascino, anzi il tempo aveva vieppiù evidenziato le
sue attrattive per cui l’artista non restò insensibile alla sua grazia: e
questa è la circostanza di cui al nostro inizio! Gli artisti che frequentavano il locale erano
soliti regalare ad Agostina un tamburello dipinto che lei appendeva sulle pareti del piano rialzato e fu naturale
che anche Van Gogh iniziasse a farla segno delle sue attenzioni, regalandole
numerose tavolette con fiori. Il contatto con gli artisti e la nuova pittura
che si stava imponendo, l’impressionismo, aveva iniziato ad addolcire le
tonalità della sua tavolozza e della espressione pittorica originaria. E nella
incombente primavera, verso marzo-aprile dunque, ecco che Van Gogh palesò
apertamente ad Agostina i propri sentimenti, realizzando il dipinto di un mazzo
di viole del pensiero in un cestino posto su un tavolo a forma di tamburello. Ma
altra e ben più motivata doveva essere l’espressione più evidente del suo trasporto incipiente per Agostina: e infatti
più tardi, crediamo verso maggio-giugno, Van Gogh la ritrasse nel suo costume ciociaro che ancora di più nel
suo esotismo folklorico ne accentuava la forza seduttiva: una fantasmagoria di
colori tra cui il giallo irrompente e il rosso e il volto di Agostina con la
tovaglia in testa come immaginata dall’artista,
la collana di coralli al collo, i manicotti alle braccia tipici di una
ciociara e poi
una impostazione stilistica estremamente originale, la più significativa del
periodo parigino, oggi al Museo d’Orsay a Parigi. E’ questo cromatismo irruente
scaturito dalle nuove istanze cromatiche del momento, avidamente assorbito e
assimilato, che pochi anni dopo si imporrà fragorosamente sulla pittura dei
giovani artisti quali Derain, Matisse, de Vlaminck, de Chirico...
Il
dipinto le ‘Viole del pensiero’ che
lascia intravedere la transizione pittorica dal periodo scuro precedente alla
luminosità impressionista ora velocemente recepita e fatta propria, anche dai due studiosi di riferimento
dell’artista e cioè J.Baart de la Faille
e Jan Hulsker, ne viene fissata la data di creazione alla primavera del 1886, come più sopra dedotto e documentato. E a proposito
di tale data si tocca un tema a mio avviso imbarazzante: il Museo Van Gogh di
Amsterdam, ritenuto artificiosamente il depositario unico e infallibile quale
un papa, di tutto quanto concerne la pittura dell’artista, per certe sue
ragioni posticipa la data delle Viole del
pensiero di oltre un anno, al maggio 1887, anche se, tra l’altro, a maggio le pansé o
mammole o viole del pensiero sono ormai sfiorite o in procinto di esserlo! Come
pure il piccolo busto degli inizi del 1886 che illustra una donna di profilo che
il Museo ritiene essere immagine di Agostina, pure viene spostato al gennaio-febbraio
87, anche ora arbitrariamente, in contrasto evidente con quanto fissato dai due
citati studiosi di riferimento. Ma qui ci arrestiamo, sicuri di aver aperto gli
occhi del lettore su una pagina significativa sul tema affascinante di Agostina e Van Gogh.
Michele Santulli