Sbarchi di umanità: Lampedusa:un contributo mediterraneo alla teologia dai poveri. La recensione

 

Alfonso Cacciatore - Stefano Nastasi, Sbarchi di umanità: Lampedusa:un contributo mediterraneo alla teologia dai poveri, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2021, pp. 211, € 20.

Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, apre il volume di Alfonso Cacciatore e Stefano Nastasi, con uno "Sfondo mediterraneo", è questa la Prefazione al libro, in cui scrive di «un sostantivo da aggettivare. L’umanesimo». La scelta del presule, per tale aggettivazione, cade su «mediterraneo», «l'umanesimo mediterraneo» dunque è il terreno sul quale poggia il contributo teologico-pastorale degli autori. Dalla lettura del testo, da subito, si scorge in maniera chiara, lucida e globale, la trattazione ‒ declinata in una chiave peculiare ‒ della migrazione, che invero è una questione fattasi prevalente negli ultimi decenni, e si affaccia parimente una lettura altra del Mediterraneo: non più mare che divide, ma opportunità che unisce e affraterna. Dalla lettura delle pagine sortisce anche un intento e un’attenzione che coinvolge tutti quale possibilità e come compito: la fraternità L’interessante riferimento all’umanesimo integrale di Maritain, tanto caro a papa Montini, il pensiero di David Maria Turoldo, dei Servi di Maria, la teologia di Christoph  Theobald e del domenicano Chenu costituiscono in parte la cornice teologica del testo.

È pensabile che il vero successo di questo libro sarà dato da quanto riuscirà a farci recepire sostanzialmente di ciò che il Santo Padre Francesco ci sta chiedendo: guardare dal basso coloro che sono bisognosi di riconoscimento e umanità e agire, non arrestandosi alla riduttiva enunciazione di uno slogan, a “l’opzione preferenziale per i poveri”. I poveri, e i migranti, che sono riconosciuti tra i "Poveri" dagli autori, con la loro particolare condizione, costituiscono un innesto di Vangelo nella storia, «un segno dei tempi», che trova l'intelligenza credente nel paradigma teologico offertoci dal Concilio Vaticano II. La locuzione “segni dei tempi” ricorre più volte nel testo per indicare la novità e l’aggiornamento del Concilio: «Nell’ermeneutica evangelica di Giovanni XXIII ‒ infatti ‒, il Vangelo è inseparabile dal suo riferimento alla storia come, del resto, la dottrina dal suo accesso agli uomini del tempo, attraverso un’adeguata comunicazione». Il padre Congar ‒ rammentano gli autori ‒ coglieva l’espressione roncalliana “segni dei tempi”adeguatamente, sebbene riconoscesse la necessità di apportarvi qualche opportuna precisazione: la storia, non solo quella del passato, ma soprattutto quella del presente, con le vicende vissute dagli uomini del nostro tempo, è locus theologicus. Detto locus (il fatto, l'opera in cui si rinvengono i principi dell'argomentazione teologica) implica per la comunità credente una lettura attenta e sapiente, un approfondimento evangelico e non meramente sociologico, che è il discernimento: un modo libero e consapevole di stare davanti alla verità. Discernimento che talvolta comporta l’abbandono di alcune certezze, ritenute a torto fondamentali, capace di far crollare attaccamenti disordinati, interessi particolari, paure. Nel discernimento, correttamente e onestamente praticato, Dio riprende la parola. Nel discernimento si dà un rapporto vivo tra Magistero e realtà, per questo si ha come l’impressione di leggere una storia d’amore tra i due partner di un’alleanza: il popolo, in cui il Magistero matura, e il cui servizio si offre, e il Dio della storia che porge l’orecchio al grido degli «'anawîm».

«Per leggere la storia non occorrono solo gli occhi e l’intelligenza ma bisogna dotarsi di cuore». Così scrive il cardinale Francesco Montenegro nella postfazione. Il porporato attraverso una rilettura biblico-sapienziale istituisce una similitudine: Lampedusa è come Emmaus: nuovo paradigma e possibile contraddizione, fiaccola e pietra d’inciampo, luogo dove viene  riconosciuta e accolta l’umanità dell’uomo o negata e offesa la dignità della persona: «Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero. E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme … Poi riferirono ciò che che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare del pane».

Un libro coinvolgente, suggestivo, toccante. Lì dove la migrazione contemporanea non costituisce il palco per sterili polemiche, ma la si prende in carico quale dramma umano e tragedia che colpisce molti uomini e donne del nostro tempo. I migranti sono Nomi propri, Volti e Sacramenti in una Teologia che va al di là della cattedra e che non può non essere spirituale e pertanto tradotta, nel segno forte della consegna e della trasmissione della fede, e vissuta nella quotidianità dell’esistenza.

In un tempo di Umanesimo ateo, in una "società liquida" e scristianizzata, piena di diseguaglianze, il compito della Chiesa è quello di orientare al bene e a scelte consapevoli; negli sbarchi di umanità questa coglie il transito di Dio; un Dio che nella pienezza dei tempi, dei nostri tempi, decide di assumere il volto di uomo/donna migrante, nascendo povero financo sui barconi e approdando attraverso le acque non sempre calme del Mediterraneo sulle coste della Chiesa di Agrigento, di cui Lampedusa e Linosa sono porzione.

La migrazione, lo si evince a piè sospinto nel testo, presenta implicazioni di vario genere: politiche, economiche, etniche, e viene affrontata dagli autori sì nella sua ossatura teologico letteraria, ma a partire dalla vita, nel vissuto della comunità di Lampedusa e di don Stefano Nastasi, che ha svolto il suo ministero di presbitero, tra il 2007 e il 2013, in detta parrocchia, a stretto contatto con i migranti e le loro vicende.

Gli autori, a cui va il mio migliore augurio e plauso, attraverso questo contributo ci permettono di cogliere un aspetto che altrove non si trova debitamente sottolineato: la tenerezza di Dio manifestatasi a Lampedusa e Linosa, in un cuore pulsante tra le riviere del Mediterraneo.

Luisa Bisaccia

Fattitaliani

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