Proscenio, Giulia Bartolini presenta "Canaglie" commedia degli equivoci: credo nella favola e nel pubblico. L'intervista

A Roma dal 5 al 10 ottobre al Teatro Le Maschere, nell’ambito della rassegna “Nuova Drammaturgia - Incontri”, è in scena lo spettacolo CANAGLIE, scritto e diretto da Giulia Bartolini, intervistata da Fattitaliani per Proscenio.

 "Canaglie" in che cosa si contraddistingue rispetto ad altri suoi testi?

Canaglie vuole essere una vera e propria commedia degli equivoci. Ho provato a scrivere un testo che richiamasse il mondo del Vaudeville, quello della commedia all’italiana, che sfiorasse l’universo del fumetto e quello dei cartoni animati; che giocasse con i cliches e provasse a rinnovarli. È un testo di “genere” in cui il genere è un pretesto per raccontare una serie di dinamiche familiari che tutti conosciamo bene. Solitamente sono legata di più alla fluidità del plot, amo avere tutti gli attori sempre in scena… Qui ho voluto giocare con la simmetria, con le musiche, con i cambi... Le scene si susseguono una dopo l’altra vivendo di espedienti dichiarati, come i fotogrammi di una pellicola in bianco e nero, come strisce di vecchi fumetti. I contorni sono netti.

Quale linea di continuità, invece, porta avanti ?

Credo nella favola. Che sia mito, fiaba, o racconto nero…credo che l’archetipo possa ancora regalare qualcosa al pubblico. E credo nel pubblico.

Vengo dalla facoltà di lettere, prima che dall’Accademia, sicuramente sono più i romanzi che ho letto rispetto agli spettacoli teatrali che ho visto. E amo profondamente il mondo della prosa, della letteratura, ma credo che il teatro sia un’altra cosa, un’altra letteratura; che abbia sfiorato delle vette intellettuali altissime ma che ora sia assolutamente necessario tornare alle origini.

Dobbiamo tornare alle storie, a parlare al pubblico…togliamo gli orpelli e tutto ciò che non ha funzione comunicativa, quello che è pura estetica ed elucubrazione mentale…e ricordiamoci che il teatro nasce per il popolo. E cresce nell’arte.

Vorrei che fosse questa la linea di continuità. E come si fa? Ah, non lo so.

2.    Com'è avvenuto il suo primo approccio al teatro?Racconti...

Amleto. Il testo. Mi ricordo anche dove l’ho letto. Il luogo e il tipo di luce che c’era. Avevo 10 o 11 anni. Era estate, dormivo in un lettino accanto ad una finestra che dava su una siepe d’alloro, c’era profumo di gelsomini. O forse no.

Il teatro l’ho scoperto tramite le drammaturgie, la scena l’ho trovata molto più tardi. Forse perché vengo da una famiglia di assidui lettori… Poi ho fatto il classico, e ho cominciato a frequentare dei veri e propri corsi per poi entrare in accademia a 21 anni.

Quando scrive un testo nuovo può capitare che i volti dei personaggi prendano man mano la fisionomia di attrici e attori precisi?

Succede sempre. Spesso avviene anche il contrario. Ho un attore in mente con il quale vorrei lavorare e comincio a scrivere un personaggio, a volte le storie arrivano con i personaggi, altre volte prima e a volte ancora non lo so perché comunque (per dircela tutta) non ne ho scritti tanti di testi ancora. Fra qualche anno spero di poter rispondere meglio.


È successo anche che un incontro casuale ha messo in moto l'ispirazione e la scrittura?

Sì. Scrivere per un attore è una cosa così personale che secondo me è raro che non accada. E io per ora sono stata tanto fortunata. Per esempio con Luca, Giulia, Francesco e Grazia (gli attori di CANAGLIE)…i personaggi non nascono a priori da loro. Nascono su quello che ho visto di loro, su quello che generosamente mi hanno mostrato.

Per un autore teatrale qual è il più grande timore quando la regia è firmata da un'altra persona?

Anche all’interno del testo esiste una regia che viene ancora prima di quella del regista (quando si tratta di grandi testi, chiaramente). La bravura del regista, secondo me, sta nel cogliere, trasformare rendere quell’idea di regia già presente nel testo e che di base serve a valorizzarlo. Credo che il punto sia che è molto difficile trovare persone con cui si condivide una linea comune in ambito lavorativo. Capire il regista e farsi capire non è sempre facile. Ma quando succede è un valore aggiunto.

Quanto condivide questo aforisma "Quando la sala del teatro è piena, i polmoni dell’attore hanno meno ossigeno. Ma il cuore…" di Nicolae Petrescu Redi?

Questo è un lavoro che richiede coraggio. Quando si recita, quando si scrive, quando si dirige, quando si fanno le luci, i costumi, si compongono le musiche, si immaginano e si creano scenografie ecc ecc. E senza pubblico quel coraggio non ha scopo.

Il suo aforisma preferito sul teatro... o uno suo personale...

Non ce l’ho. Ma una mia amica, mia sorella praticamente, me ne ha regalato uno un po’ di tempo fa. In francese in realtà… tradotto sarebbe: “Tutto questo passerà”. Mi piace. Sa di fiume che scorre, sa di cambiamento.

L'ultimo spettacolo visto a teatro? 

Una settimana fa ho visto Bobby and Amy regia di Silvio Peroni con Margherita Varricchio e Mauro Lamantia, sembra fatto apposta perché fa parte anche quello della rassegna in cui andiamo in scena anche noi con Canaglie ma è davvero l’ultimo spettacolo che ho visto.

Non mi permetto di dare giudizi. Sono una bambina in questo lavoro. Posso solo dire che a me è piaciuto tantissimo. La semplicità ha una forza incredibile. E rende tutto nuovo. E vivo. E teatro. Andateci se vi capita di trovarlo di nuovo in scena.

Degli attori del passato chi vorrebbe come protagonisti ideali di un suo spettacolo? perché?

Tantissimi. Mastroianni, la Loren, il Sordi di una vita difficile, Totò, Marlon Brando e poi Heath Ledger e mille altri….credo che non serva neanche scrivere il perché.

Il miglior testo teatrale in assoluto qual è per lei?

Non so rispondere a questa domanda. Non ne ho le competenze e non ne ho letti quanti vorrei neanche fino ad adesso.

La migliore critica che vorrebbe ricevere?

Grazie. È sempre la parola più bella.

La peggiore critica che non vorrebbe mai ricevere?

Non ho capito.

Dopo la visione dello spettacolo, che cosa Le piacerebbe che il pubblico portasse con sé a casa?

Sicuramente la borsa. Siamo truffatori in questo spettacolo, ma solo per finta. Poi, magari, un po’ di leggerezza.

C'è un passaggio, una scena che potrebbe sintetizzare in sé il significato e la storia de "Canaglie"?

Sicuramente l’ultimo atto è la chiave di Canaglie. Sa di confusione e di cose non dette e di risate che scoppiano nel momento più sbagliato, e sfumano nell’aria come colori. Giovanni Zambito.


LO SPETTACOLO

In scena una famiglia italiana. Una madre, tre figli da crescere, una tavola intorno a cui riunirsi ogni sera per parlare della giornata, gli studi, il lavoro, i battibecchi, la necessità di arrivare a fine mese … e poi la vicina di casa, un parroco che sembra un prete, una lettera scarlatta che appare sulla soglia, così, dal nulla (ma poi perché?), una vecchia fiat ‘500, il sospetto, il dubbio, le bugie e alla fine la rivelazione di tutti i segreti (ma proprio tutti) di una famiglia per niente normale, esperimento sociale di un mondo ribaltato.


Una favola comica che parla di ciò che siamo e ciò che scegliamo di essere, in un mondo leggero come un cartone animato in bianco e nero che finisce per trasfigurarsi in una realtà piena di colore e più cruda che mai.

 

L’idea dello spettacolo nasce dalla volontà di creare una favola moderna che permetta allo spettatore di sognare e immaginare entrando all’interno di un mondo in cui le regole non possono essere messe in discussione, come in un gioco tra bambini. 

 

È l’immaginazione dello spettatore quella che vogliamo stimolare, seguendo il principio base secondo il quale con poco si può fare molto, soprattutto in questo preciso momento storico.”_ afferma Giulia Bartolini.  “Cosa è giusto e cosa è sbagliato? Cosa c’è alla base di ogni famiglia? Alla base di ogni legame? La forma perfetta equivale davvero alla sostanza perfetta? Cosa ci spinge a superare il limite?

E qual è il limite? Che significa avere trent’anni e sentirsi ancora figli?

Sono tutte domande che il nostro spettacolo si pone e pone allo spettatore con quello che è propriamente un piccolo thriller familiare, una commedia oscura, fuori dalle righe, un incastro, semplice eppure complesso, alla fine del quale capiremo ciò che è veramente reale e ciò che non lo è. “

 

Uno spettacolo non fondato sulla forma o sull’estetica, ma sul contenuto, sulla storia, sull’intreccio della narrazione. Il mondo raccontato in scena prende forma attraverso un codice preciso. Le pennellate sono nette. Non c’è una via di mezzo.

 

Sullo sfondo di un’Italia degli anni ’50-‘60, il paese della grande commedia all’italiana, de “I soliti Ignoti”, ”Il Vedovo”, “I Mostri”, “Una vita difficile”, dei grandi film di Totò come “Totòtruffa ‘62” o “Guardie e ladri”, i protagonisti Grazia Capraro, Luca Carbone, Francesco Cotroneo, Giulia Trippetta, sono moderni, parlano di una società contemporanea, ma è come se fossero, nei costumi, nei colori, nell’immaginario, bloccati in un’Italia che non esiste più, a raccontare quella sindrome dell’epoca d’oro che tutti noi conosciamo bene.  Sono personaggi eleganti eppure non hanno un soldo in tasca; sono chiusi all’interno di quella che sembra una vecchia pellicola in bianco e nero, documentario d’un mondo fatto di fame e sorrisi, ormai estinto, finché, a mano a mano che la verità si svela, il colore non entra a far parte della narrazione cambiandone la natura, la sostanza stessa.


CANAGLIE

di Giulia Bartolini

con: Grazia Capraro, Luca Carbone, Francesco Cotroneo, Giulia Trippetta

regia: Giulia Bartolini

produzione: Khora.Teatro e Compagnia Mauri Sturno

INFO:

CANAGLIE

DAL 5 AL 10 OTTOBRE

Teatro Le Maschere

via Aurelio Saliceti 1/3 – 00153 Roma

Orario spettacoli:
da martedì a sabato ore 21:00 – domenica ore 19:00.

Prezzo biglietto € 12,00
Sono previste riduzioni per gruppi CRAL e Associazioni. 
Per info: Tel. 06 58330817

Per informazioni e prenotazioni:

tel. 06 58330817- 331 7642221

e-mail: info@teatrolemaschere.it

Fattitaliani

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