Che cosa si devono aspettare o possono ritrovare i tuoi affezionati
lettori in questo nuovo libro?
Nel mio precedente romanzo Il Chiodo nel
Pupazzo tratto la tematica del male solo in alcune sue espressioni quali la
presenza nelle istituzioni, anche in quelle a più alta valenza morale, quali la
Chiesa e la Legge. In questo secondo libro, Il Vestito nuovo di Helene vi è una riflessione a
360 gradi sul male, in tutte le sue forme, a partire dall’Olocausto che ne ha
rappresentato il più spinto e perverso modello di organizzazione, cementato in
un struttura pseudoculturale. Poi il male per così dire individuale, quale
l’omicidio, le accuse a chi non può difendersi. Il male come violenza contro la
donna, sia nella sua espressione fisica (lo stupro), sia nella sua
estrinsecazione psicologica (il ricatto, l’amore malato). Infine, il male
sociale insito nei meccanismi perversi o arrugginiti di alcune istituzioni,
nelle collusioni col potere, nella corruzione, nel pregiudizio. I miei romanzi
partono da denunce di situazioni reali, trasfigurate in opera di fantasia che
trasmettono emozioni e la suspense del thriller. Il romanzo,
ambientato a Roma nel 1962, viene narrato in prima persona da Marta, la madre
di Elisa, una ragazza con problemi psichiatrici, accusata ingiustamente
dell’omicidio di una suora. La ragazza, con un provvedimento poco chiaro delle
istituzioni, era stata sottratta alla madre e rinchiusa in un istituto di
suore, ove poi è avvenuto il delitto. Personaggio chiave e dal forte impatto
emotivo è Sonia, una polacca di origine ebraica che vive in una vecchia
roulotte ai confini di una discarica. La donna, sopravvissuta al campo di
sterminio di Birkenau, è convinta di vedere in Elisa la reincarnazione della
sorella Helene, morta in quel lager nel 1943, che da allora chiede vendetta.
Questa sua convinzione agirà in modo determinante sulla psicologia di Elisa e
le permetterà di ritrovare se stessa e difendersi dalle accuse ingiuste. Altro
personaggio chiave è Gerard Fischer, psichiatra austriaco, che vive da anni in
Italia. Il romanzo, ricco di colpi di scena in una trama fortemente
concatenata, ha un finale del tutto imprevedibile.
Dovendo scrivere un thriller mi sono attenuto a una trama ben strutturata e ad una costruzione coerente del personaggio. Penso che solo in questo modo si rendono credibili i colpi di scena e le agnizioni. Cionondimeno, nel corso della stesura è avvenuta una rielaborazione e arricchimento di alcune scene, poiché lo scrivere alimenta la fantasia e quest’ultima lo scrivere. Oggi uno scrittore che usi il computer ha un forte dinamismo narrativo, per cui non si può parlare di stesure in senso proprio. Penso, invece, ai romanzi dell’800, al lavoro manuale di scrittura e riscrittura che gli autori del passato dovevano effettuare, intingendo ogni volta il pennino nell’inchiostro. E poi cancellare e riscrivere. Una vera fatica e una grande genialità. Chi scrive oggi è molto facilitato. Col computer correggi continuamente, aggiungi e togli facilmente parole e frasi mentre scrivi. In pratica hai sempre davanti la bella copia. E poi, quando hai qualche dubbio, con i motori di ricerca vai facilmente in internet a verificare il significato di quella parola che magari usi sempre nella lingua parlata, ma vuoi inserire in maniera appropriata nel testo. Allo stesso modo verifichi la grafia corretta di termini stranieri, entrati ormai nell’uso della lingua italiana. Internet, inoltre, ti permette di documentarti in un attimo su qualsiasi riferimento storico o di costume o geografico che vuoi inserire nel testo. E ogni scrittore sa quanto sia importante documentarsi. sostituire una parola con un’altra.
Personalmente che effetto
fa su di te concepire e scrivere una nuova storia?
Nel concepire una storia, nel
pensare la trama e i personaggi, provo una grandissima emozione,
indescrivibile. Direi che la maggior
parte di un romanzo lo “scrivo” nella mente, lo arricchisco, lo intuisco nel pensiero,
nella vita quotidiana. Nel corso della scrittura vedo nascere i personaggi, è
come vedere nascere una nuova vita,prima a livello embrionale, potenziale, poi
come vero e proprio essere dotato di una propria identità ed autonomia. Mi
innamoro dei personaggi, di tutti a prescindere dai valori che ad essi conferisco,
perché li sento vivere, appropriarsi del loro esserci.
Invece leggere i libri degli altri autori che cosa ti
fa trovare?
Dipende dagli autori. Amo
molto la letteratura russa del secolo scorso perché introspettiva. C’è la
grande problematica del male, c’è l’angoscia morale come in Dostoevskij, c’è la
ricerca di Dio, il tormento, i sentimenti forti. A prescindere da ciò, leggo comunque
con interesse anche libri che non mi appassionano, perché cerco di imparare
qualcosa da tutti gli autori.
C’è una scena, un momento del libro che ne può rappresentare appieno il significato?
Sono molteplici i passi significativi. Ma forse la scena che più coinvolge emotivamente e si8ntetizza il romanzo è quella riportata nel capitolo 26, la morte di Sonia. Non credo di fare spoiler se la riporto. “La signora con la tuta verde esce dalla porta a vetri e ha una busta di velluto come quelle che usano i gioiellieri per avvolgere gli oggetti preziosi. La riconosco, è la busta che aveva con sé Sonia per conservare la treccia. La signora ci guarda e si dirige senza esitare verso di noi.
«L’aveva con sé. Mi ha detto di consegnarla alla sua
sorellina. È per te!» Dice porgendola al Elisa.
Lei si mostra impaurita ed esita a prendere quel
sacchetto.
«È tornata nell’abitacolo apposta per prenderla perché
te l’aveva promesso» insiste, con tono invitevole la signora in verde.
«Per questo si è intossicata?» Chiedo con la voce
rotta.
«Per questo è morta.»
Elisa afferra la busta e la stringe forte. Lei le
poggia una mano sulla spalla in segno di consolazione.
«Sono i miei capelli!» Esclama con orgoglio.
«Non sono capelli» sussurra la signora con la voce
leggera di una fata «non sono capelli» ripete scuotendo la testa «sono
l’amore!»
«Sìììì.» Elisa le butta le braccia al collo e piange.
«Povera Sonia, povera amica mia! Hai superato indenne
l’inferno di Auschwitz, hai domato le tigri e i cani ringhiosi, per poi venire
a morire in un piccolo stupido incendio, per un assurdo gesto d’amore» commento
io.