Intervista a Federica Storace, una scrittrice e una donna di valore

di Laura Gorini - In questo momento, tra tante incertezze, difficoltà, avere la certezza di un futuro carico di promesse buone, non è facile per nessuno. Ma, per i giovani, bisogna fare lo sforzo di essere riferimenti stabili e “distributori” di speranza.

Federica Storace è una donna speciale. Una che ama metterci il cuore quando si accinge a scrivere un libro, al di là del suo argomento e del pubblico al quale è rivolto. La sua più recente opera, “Azzurra e la sua sorprendente avventura. Il ladro di sogni”, pubblicata per la Edigiò, è dedicata espressamente ai ragazzi. Quei ragazzi che ancora oggi, nonostante tutto, non devono mai smettere di sognare e di lottare per fare in modo che i loro sogni diventino realtà.

Federica, che cosa significa essere una scrittrice oggi?

Coltivare una passione conciliandola con tante altre attività, non attendersi gratificazioni particolari ma non perdere il desiderio di comunicare e “comunicarsi” agli altri.

Tu ami indubbiamente esplorare molto a livello di scrittura e metterti molto in gioco e soprattutto lasciare qualcosa a chi ti legge... Per esempio nel tuo ultimo libro, il sesto, “Azzurra e la sua sorprendente avventura. Il ladro di sogni”, ne lanci uno fondamentale, ovvero quello di non smettere mai di sognare e di non permettere mai a nessuno di distruggere i nostri sogni e nel contempo di lottare per essi. Ma oggi pare che i giovani non riescano più a sognare o meglio a lottare... Tu da mamma e da insegnante come li vedi?

In effetti è così. I ragazzi sembrano aver perso entusiasmo e tenacia, coraggio di inseguire sogni. Del resto il contesto sociale in cui vivono è fragile, mancano punti di riferimento stabili. Cosa possono sognare se sanno che, per loro, sarà difficile trovare un lavoro e quindi un’indipendenza economica. E poi è arrivato il Covid. La necessità della didattica a distanza che ha azzerato ogni dinamismo nella mancanza della relazione interpersonale. Una generazione di “nativi digitali”, perciò già abituati a usare i Social, ha finito per diventarne quasi prigioniera perché anche le lezioni dovevano abitare quella dimensione virtuale. È l’aver vissuto questa esperienza che mi ha spinto a scrivere la mia ultima pubblicazione e a parlare di sogni e di futuro.

Se manca la speranza, manca tutto... Ma come si può non permettere a qualcuno, anche di indefinito, di togliercela?

È difficile. Tutto sembra remare in senso contrario. Forse non è “qualcuno” a toglierci la speranza, ma siamo noi che rischiamo di perderla, di tirare i remi in barca. In questo momento poi, tra tante incertezze, difficoltà, avere la certezza di un futuro carico di promesse buone, non è facile per nessuno. Ma, per i giovani, bisogna fare lo sforzo di essere riferimenti stabili e “distributori” di speranza. Negli adulti devono trovare il rifugio e, al tempo stesso, il “luogo” da cui partire per la loro strada di crescita e maturazione. Siamo noi a doverli guidare, ad essere i primi a mostrare l’alba che sorge dall’orizzonte.

Tra l'altro, quasi sul finale, tra le pagine del libro, hai espressamente scritto che “sognare si può, anzi si deve”!. Ma dove si può trovare la forza per farlo anche oggi?

Credo che, nei momenti più difficili dell’esistenza, ci venga data anche una forza speciale per non soccombere. Si tratta di tenere duro come fanno i marinai durante una tempesta o una madre durante il travaglio del parto. Si sopporta, si soffre perché si sa che la fatica ed il dolore non sono fini a sé stessi ma sono un “passaggio” obbligato per arrivare ad un traguardo. Ognuno, credo, dovrebbe guardarsi dentro, fin nelle pieghe più profonde dell’anima e capire perché e, forse, soprattutto, per chi vive e a chi vuole passare il testimone della sua vita.


Tu dove la trovi?

Nelle persone che amo.

Determinati si nasce o si diventa?

Chissà… Forse entrambe le “opzioni”. Certo la determinazione è una dote e, come tale, va coltivata. Nei giovani soprattutto. Si educa fin dalla primissima infanzia. Determinazione, banalmente, vuol dire, “non ti sollevo quando cadi ma ti sto vicino e ti incoraggio a rialzarti da solo”.

Tra l'altro mi ha molto colpito il fatto che in calce a questo bel libro tu abbia voluto mettere una splendida frase di Papa Francesco... Vuoi spiegare ai nostri lettori il perché di questa scelta?

Perché mi sembrava assolutamente in linea sia con quanto desidero che i miei figli imparino, sia con il messaggio che volevo comunicare con il mio libro. I giovani non devono perdere né essere privati di sogni, speranze e desideri.

Al centro poi di questa frase, molto bella e significativa, vi è la vita che fin troppo spesso non viene vista come un dono meraviglioso, tant'è che in tanti la sfidano. E nella loro folle corsa spesso la perdono. Come si può educare i giovani soprattutto al rispetto e all'amore per essa?

Forse ho trattato questo tema, in modo più specifico, nella mia pubblicazione precedente “Madri per sempre. Donne raccontano maternità possibili” (Erga Edizioni). Va recuperato, credo, il senso della vita come un valore e un dono, non un diritto acquisito, non una proprietà privata di cui si può fare ciò che si vuole anche distruggerla a forza di trasgressioni. È necessario un “rovesciamento” rispetto ai valori ed ai messaggi che vengono veicolati ai giovani oggi. Bisogna entrare in un’ottica di solidarietà e rispetto. La vita va rispettata. La nostra e quella degli altri. Va curata ed accolta nei suoi mille volti che possono essere tutte le diversità e fragilità che compongono la società di oggi (come quella di tutti i tempi del resto!). In questo, soprattutto le donne, hanno un ruolo fondamentale perché custodi e generatrici della vita. Donne che insieme con gli uomini, e non in competizione con loro, devono rigenerare un’altra società più umana e meno egoista, superficiale e consumistica. Bullismo, autolesionismo, abusi e dipendenze hanno senz’altro tante cause e motivazioni complesse ma se già si iniziasse a rispettare la vita come ciò che di più prezioso abbiamo, forse faremmo un passo avanti non da poco.

E soprattutto come si può far capire loro che vivere non significa sopravvivere?

Non so fino a che punto servano le parole. Mi chiedo: noi adulti siamo capaci di vivere o ci limitiamo a sopravvivere? Perché i giovani guardano noi fin da piccoli. Mentre crescono possiamo certo accompagnarli in vari modi ma credo sia il nostro “essere” ed il modo in cui ci relazioniamo con loro, la migliore “lezione” che possiamo dare.

Che cosa ti senti di augurare ai tuoi figli per il futuro più imminente?

Che siano felici e realizzino i loro sogni per cui stanno lavorando duro. Il più grande è alle prese con la laurea magistrale mentre “ il piccolo” con la maturità classica. Per il futuro hanno già tante idee e progetti. Beh, il mio augurio è che riescano in ciò che desiderano e che sappiano rialzarsi se e quando sarà necessario.

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