«L’importanza di ciò che si narra è direttamente proporzionale all’uso del linguaggio usato più o meno accattivante. Io sono una scrittrice “neonata” che non utilizza censure nei suoi scritti, una classica storia d’amore adolescenziale per me può diventare intensa, cruda, viscerale grazie all’uso del vocabolario che ho deciso di utilizzare. » - di Andrea Giostra.
Ciao Madeleine,
benvenuta e grazie per avere accettato il nostro invito. Come ti vuoi
presentare ai nostri lettori? Chi è Madeleine scrittrice e Madeleine nella
quotidianità?
Buongiorno,
è davvero un onore che dedicare del tempo alla mia opera. Sono Madeleine
Hakizimana, mi definisco “Italo/Burundese”, cresciuta tra due culture
intensamente contrastanti tra loro. Io come scrittrice ho imparato a comporre
anche nella confusione, nel rumore, tra il marasma della quotidianità. Ho due
figli e posso tranquillamente mettere nero su bianco capitoli interi pensieri e
concetti mentre i miei bambini giocano o bisticciano davanti a me. Nella
quotidianità sono eterna sognatrice, per me è sempre stato necessario credere
che esista una realtà che somigli a una chimera, fatta di assurde ipotesi perché
rappresenta da sempre il mio luogo sicuro. Non ho voglia di vivere sempre in
ciò che esiste effettivamente. Mi definisco poliedrica ma non è facile rimanere
compatibili con i miei multipli aspetti, per questo motivo spesso mi ritrovo a
vivere periodi solitari.
Qual è
la tua formazione letteraria? Ci racconti il tuo percorso artistico-letterario che
ti ha portato a scrivere romanzi?
La
formazione letteraria, bella domanda! Il mio primo vero libro letto a otto anni
è stato “Una bambina” di Torey Hayden. Grazie a quel romanzo mi
si è accesa una lampadina. Stavo comprendendo che con la scrittura si potevano
esorcizzare molti disagi interiori. Ciò che mi ha portato a scrivere è stato
l’elaborazione del dolore per la perdita di mio padre. Le pagine di un quaderno
si sono rivelate un riparo, un involucro dove poter nascondere la sofferenza, e
la penna la mia arma di difesa.
Hai recentemente pubblicato “Mi machi Tan”, il tuo romanzo d’esordio edito da Bookspintedizioni. Ci racconti come
nasce questo libro, dove è ambientata la storia e di cosa narra?
Semplicemente il
romanzo nasce dalla curiosità, ovvero avevo un istituto di bellezza al Fleming
(quartiere particolarmente benestante di Roma) e le mie clienti, spesso giovani
adolescenti, mi raccontavano le loro avventure amorose articolate tra feste,
droga e sesso. Ne sono rimasta affascinata, perché io alla loro età invece che
ragazzi stringevo ancora Barbie e bambole. Nella mia mente piano piano si è
creata una fantasia che necessitava di essere raccontata. Da lì “Mi Manchi Tan”. Un “teen drama” che offre uno sguardo ravvicinato sui turbamenti
e sulla fragilità dell’adolescenza, ambientato nella “Roma bene” dei giorni nostri in grado di innalzare
illusioni che una volta infrante possono mettere in crisi l’intera esistenza.
C’è un amore quasi shakespeariano di lei determinato dal rispetto, dal vincolo
dell’esclusività, ossessivo in alcuni aspetti, contrapposto dal mero affetto
superficiale del ragazzo amato. Dove l’amore genera dipendenza quando invece
dovrebbe gridare indipendenza. Un racconto amaro, realistico ma al contempo
surreale dove ogni errore madornale commesso viene pagato a caro prezzo, e il
semplice “Amore” diventa utopia.
Qual è stata l’ispirazione che ha generato questo tuo primo romanzo e
quale il messaggio che vuoi arrivi a chi lo leggerà?
L’ispirazione è data
dal pensiero della mia gioventù che piano piano sta lasciando il posto ad una
donna sempre più consapevole, razionale e che ha paura di lasciarsi andare
davanti a scelte più azzardate. Mi manca il poter sbagliare e pensare di essere
in tempo per ritentare. Sono un’autrice nostalgica, ma non voglio peccare di
presunzione asserendo di voler lanciare un messaggio con questo libro. il mio
unico e solo desiderio è che quando il lettore sfoglierà l’ultima pagina si
sentirà come se stesse lasciato un migliore amico.
Hai scritto altre opere letterarie, magari ancora da pubblicare? Se sì,
quali e di cosa parlano?
Ho scritto un’opera
per fanciulli “Kenny Lou e i portali magici”, un racconto completamente in rima finemente illustrato, che tratta di
bullismo tra i bimbi. Non l’ho ancora pubblicato, ma sarà fatto a breve. Questo
bambino vittima dell’impertinenza e arroganza dei suoi coetanei, con l’aiuto di
personaggi fantastici dovrà risolvere degli enigmi che si celano nei mondi
raggiungibili attraverso portali magici, a fine avventura si scoprirà se
riuscirà a cambiare chi lo bullizza facendolo diventare migliore. E ora sto
scrivendo una storia, molto forte, di una giovanissima ragazza con disturbi di
personalità che subisce abusi in ospedale durante i ricoveri, e descrive
perfettamente gli ambienti ospedalieri psichiatrici. Mi sono documentata molto
prima di iniziare un’avventura così complessa, ho studiato anche i vari farmaci
che sono prescritti per i diversi disturbi per poter ricreare dei dialoghi ben
costruiti e veritieri tra i medici. Questo racconto è una scommessa con me
stessa, perché con “Mi manchi Tan” è stato facile perché
l’ambiente non mi era del tutto estraneo, con questo in corso d’opera ho meno
confidenza con la trama, ma ciò nonostante le parole fluiscono molto più
velocemente del primo libro. Staremo a vedere.
Come nasce la tua passione per la scrittura? Ci racconti come hai
iniziato e quando hai capito che amavi scrivere?
Avete presente quando
un bimbo con sedie e coperte si costruisce il suo primo fortino, e lo
percepisce inespugnabile, è certo che nessuno potrà fargli mai del male se lui
è protetto lì dentro? Ecco, la scrittura è il mio nascondiglio magico. La prima
volta che ho scoperto questo “potere” ero alle elementari, mi piaceva un ragazzo,
ma lui non ricambiava così ho iniziato a scrivergli delle lettere tutti i giorni,
consapevole che non gliene avrei mai data una in vita mia. Utilizzo la
scrittura solitamente per allontanare i malesseri, quando soffro la penna
scorre come scii sulla neve. L’idea del libro è stata un azzardo perché
solitamente non faccio leggere i miei componimenti a nessuno, sono intimi,
privati e inizialmente anche “Mi manchi tan” doveva rimanere
riservato, poi leggendolo a mia sorella come piacevole passatempo mi ha
convinta a farne un libro da pubblicare.
Una domanda difficile Madeleine: perché i nostri
lettori dovrebbero comprare “Mi manchi Tan”? Prova a incuriosirli perché vadano in
libreria o nei portali online per comprarlo.
È una domanda davvero difficile. Prima di
realizzare che “Mi manchi tan” potesse diventare un libro avevo
immaginato che comunque il lettore ideale sarebbe stato un’adolescente. Perciò
è un romanzo molto “Smart”, vi assicuro che non annoia perché ho vietato
a me stessa di inserire periodi troppo lunghi e tediosi. È un libro particolarmente
ricco di colpi di scena, ogni giorno ne vorresti di più. Chi l’ha letto mi ha
detto “Non voglio concludere l’ultimo capitolo perché poi finisce e mi
dispiacerebbe”. È per maggiori di 14 anni, parlo in maniera diretta di
droga, sesso. Ogni tema trattato è fatto in maniera esplicita, dalla perdita
della verginità, all’aborto. Le sofferenze sono descritte in maniera cruda,
vera senza giri di parole. È un racconto che lascia senza fiato, per questo non
è lunghissimo, per non far affogare il lettore. È totalmente contemporaneo
perciò è consigliato anche ai genitori di ragazzi dai 13 ai 18 anni, così
magari regalo loro la possibilità di aprire gli occhi su molti aspetti dei
disagi adolescenziali.
Dare un
significato all’arte è quasi come definire il concetto di Dio. L’arte è la
rappresentazione della vita che genera un impatto emotivo. Attualmente non è
mai stata così accessibile a tutti in nessuna epoca passata, un’opera d’arte
può diventare virale in poche ore e allo stesso tempo un artista emergente può
raggiungere la popolarità a colpi di like. Per non parlare che prima dei social
le opere, come un quadro, una statua, un monumento erano i protagonisti
indiscussi, con l’arrivo dei social è l’osservatore ad essere l’elemento
principale, catturandone i dettagli, le sfumature e condividerle in pochi
attimi secondo il proprio punto di vista. L’arte di oggi richiede una grossa
riflessione perché anche se molto meno riconosciuta rappresenta una necessità
di manifestazione dell’essere umano, un’espressione profonda dell’esistenza. Al
momento l’arte è più un appiglio che una vera necessità, serve a non far
crollare l’identità di una persona in un vortice di nullità che caratterizza la
società di adesso. E poi ricordiamoci che è sempre tutto relativo, soggettivo e
intimo.
Charles Bukowski, grandissimo poeta e
scrittore del Novecento, artista tanto geniale quanto dissacratore, a proposito
dell’arte dello scrivere diceva: «Non mi preoccupo di cosa sia o
meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o
funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia,
questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e
questo è quanto. Io la penso così.» (Ben
Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los
Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia
successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il
linguaggio utilizzato più o meno originale e accattivante per chi legge), volendo
rimanere nel concetto di Bukowski?
Bukowski non dava
etichette, le cose funzionano o non funzionano al di là delle denominazioni che
gli diamo. L’importanza di ciò che si narra è direttamente proporzionale all’uso
del linguaggio usato più o meno accattivante. Io sono una scrittrice “neonata”
che non utilizza censure nei suoi scritti, una classica storia d’amore
adolescenziale per me può diventare intensa, cruda, viscerale grazie all’uso
del vocabolario che ho deciso di utilizzare. La storia rimane la stessa, la percezione
di essa cambia attraverso le parole e i termini. Anche io come sostiene Bukowski
“butto giù”, ovviamente non posso non considerare la situazione sociale
e personale in cui è vissuto lo scrittore, amplificata da un’importante
infanzia traumatica causa di grande rabbia e rancore.
Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli
scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?
È difficile per me definire qualcosa o qualcuno che rappresenti un modello.
Non vorrei generalizzare ma provo molta ammirazione per chi ha il dono della
costanza, chi si accontenta della semplicità, chi ha amore per l’insegnamento,
chi sa ascoltare e avere pazienza. Io ho un temperamento carente di ogni
qualità che ho elencato, sono continuamente ed alla ricerca di qualcosa. Mi
trovo molto affine alla teoria del piacere Leopardiana, ogni mezzo che utilizzo
per raggiungere le mie soddisfazioni si rivelano effimere. Perciò apprezzo
coloro che si sanno accontentare. Sicuro vivono meglio di me. Per quanto
riguarda la lettura, amo i romanzi ma raramente mi innamoro degli autori, vario
da una Sveva Casati Modignani con i suoi scorci Milanesi a “Muori con me”
di Karen Sander dove sono descritte le più macabre violenze di un serial killer
su delle giovani ragazze. Spazio molto. Credo nelle prime pagine di un libro,
quale esso sia. Se è in grado di catalizzare la mia attenzione al di là dei
rumori, dei cani fuori al giardino che abbaiano o dei miei figli che mi
chiamano allora sarà un libro che sicuramente finirò. Ci dev’essere
l’imprinting, la scintilla. Un’amicizia a prima vista.
Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti
assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre
autori da leggere questa estate dicendoci il motivo della tua scelta.
Consiglio di provare a leggere narrative
leggermente più articolate; ho avuto un periodo della mia vita che ho letto
tutti i romanzi di Jane Austen, “Orgoglio e pregiudizio”, “Ragione e
sentimento”, “Persuasione”, “Emma”. Trame belle consistenti e coinvolgenti.
Siamo così inglobati in questo universo social, smart, easy, speedy, che
abbiamo settato il cervello a livelli basici, perché non farlo ripartire con
dei testi di narrativa neoclassica. All’inizio potrà sembrare noioso, ma sono
sicura che come me verrete catapultati in mondo fatto di dame, doti, cortesie e
galateo. Qualità perse completamente negli anni.
Ti andrebbe di consigliare ai nostri lettori tre film da
vedere assolutamente? E perché secondo te proprio questi?
Inizio
con il dire che ho un amore immenso per Tim Burton, perciò qualsiasi film come “Edward
mani di forbici” o “Nightmare before christmast”, lo consiglio con
tutto il cuore. Anche se all’apparenza posso sembrare una ragazza estremamente
solare, positiva, si nasconde un lato molto dark, gotico e
caratterizzato da molte contraddizioni. Proprio come nei suoi film dove i
protagonisti sono quasi sempre emblemi di emarginazione sociale. Scegliere tre
film adesso è esattamente come quando devi raccontare al volo una barzelletta,
e per quante tu ne abbia sentite nel corso della vita non te ne viene in mente
nemmeno una. “Giustizia privata”, protagonista un machiavellico Gerard
Butler; un film dallo sviluppo davvero inaspettato. L’avrò visto almeno dieci volte.
“Shutter iland” con Leonardo Di Caprio. Sono sempre attratta da ciò che
concerne la psichiatria, come il mio secondo libro. Alla fine hanno regalato un
colpo di scena degno di un Oscar. “Nightmare Before Christmas”, perché
tutte le canzoni, mi riportano all’infanzia, perché i suoni, i colori e i
personaggi sembra che gli abbia creati io. Avevo 10 anni la prima volta che
l’ho visto e continuo a guardarlo con i miei figli anche d’estate, sebbene
parli di Halloween e Natale. Scaturisce in me sensazioni di malinconia che mi
avvolgono in maniera protettiva. Non saprei spiegarlo meglio.
Quali
sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi
condividere con i nostri lettori?
Il mio
libro è uscito in un periodo particolare, ovvero dopo il lock down. Per il momento
i miei progetti rimangono virtuali, con la speranza dopo l’estate che si
possano organizzare delle presentazioni nelle librerie senza timore di
assembramenti. Sono fiduciosa in settembre, per il momento ho scelto il self
publishing per sponsorizzare il romanzo, e mi sto divertendo davvero molto
perché nonostante i distanziamenti fisici sto conoscendo tantissime persone,
autori, editori, uffici stampa pazzeschi. Il vero lancio del libro avverrà a
metà settembre, anche se da giugno si sta vendendo benissimo. A questa domanda
sono sicura che a fine settembre potrò rispondere in maniera adeguata, nel
frattempo buona estate a tutti.
Dove
potremo seguirti?
Potete
seguirmi su Instagram sia il mio account personale @madeleinehakizi che su
quello del libro @mimanchitan. Su Facebook alla pagina Madeleine Hakizimana.
Come
vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa
intervista?
Sono
nuova nell’ambiente, mi ci sono tuffata completamente impreparata. Come un
marinaio senza bussola. Ho avuto il mio libro in mano similmente a un bimbo
appena nato, da proteggere e far crescere. La mia buona stella mi ha aiutato a
trovare chi ha saputo guidarmi fin qui. Dico sempre che non c’è mai una seconda
occasione per fare una buona impressione la prima volta, ma soprattutto non si
può peccare di presunzione e voler piacere necessariamente a tutti. Ma a coloro
che vorrebbero che fossi diversa dico di ricordarsi che il desiderio è la madre
di tutte le delusioni. Tenetemi così, semplice.
Madeleine Hakizimana
Andrea Giostra