All’apparenza
un giuoco di parole, al contrario una affermazione meritevole di attenzione.
Il Grand
Tour è una pagina celebre della Storia Europea e vuole ricordare quel
periodo consolidatosi con certe finalità ed obiettivi iniziato verso la prima metà del 1700 e, solo in
parte, interrotto con l’avvento di Napoleone:
al principio fu il ceto abbiente
e colto inglese e poi gradualmente si allargò a tutta la cultura e nobiltà
d’Europa: sorse quasi una esigenza,
quella della avventura e della visita dei luoghi storici europei e mediterranei
non tanto per ‘turismo’ -da qui nacque la parola- bensì per cultura e conoscenza e acquisizione di
esperienze nuove e perciò le mete furono
le città e luoghi storicamente e artisticamente appetibili in Europa e il paese ambito per eccellenza era
l’Italia grazie ai suoi beni
architettonici e archeologici e artistici e paesaggistici: in tale lunga peregrinazione che durava mesi,
le destinazioni per eccellenza erano Venezia, Firenze, Roma e Napoli: e Roma,
la città dei Papi, era il luogo più agognato non solo per i tesori d’arte e di
antichità ma anche perché vi si assaporavano e gustavano
e sperimentavano, senza limiti e senza impedimenti, sensazioni e esperienze anche le più audaci, mai vissute. A ulteriore eccezionale motivo di acculturamento e di
godimento a quell’epoca a Roma si aprì al forestiero transalpino un nuovo
incredibile mondo e cioè lo spettacolo delle
scoperte archeologiche e dei reperti romani e greci che affioravano dalle
viscere della terra. Affianco alla comunità straniera più sopra descritta, a Roma, già dal 1500, vivevano artisti europei ad apprendere e conoscere le antiche vestigia e a fine 1700-inizi 1800 le cronache registrano che ogni giorno
dell’anno ne fossero presenti almeno cinquecento, in prevalenza pittori e anche
scultori. Ed è in questo momento della
storia che abbraccia le ultime decadi del 1700 e le prime del 1900,
che il visitatore a Roma si imbatté in un secondo inaspettato e altrettanto eccezionale motivo di richiamo: il
brigante, il pifferaro, lo zampognaro, il ciociaro, la ciociara nelle loro
sgargianti vestiture e con quei calzari così strani eppure così classici ai
piedi. E si visse una esperienza originale e unica: il soggetto della pittura
dei giovani artisti transalpini a Roma in quegli anni, divennero il brigante,
il contadino, il pifferaro, la ciociara: mai si era visto nella pittura che gli
ultimi della società, i braccianti, i girovaghi, i fuorilegge, divenissero i protagonisti
in un quadro! Fu un capovolgimento nell’arte. E così avvenne e nacque un nuovo
genere pittorico, la pittura di genere
all’italiana, di successo
planetario.
E non fu una bolla di sapone passeggera bensì un movimento europeo che durò quasi
centocinquantanni, nella gratificazione dei collezionisti ed amatori e nella
soddisfazione continua da parte della maggioranza degli artisti. Oggi la situazione è tale che
in ogni museo o galleria del pianeta si
è sicuri di rinvenire un dipinto o una scultura che illustra un personaggio
ciociaro o una modella ciociara: non esiste un altro soggetto nell’arte occidentale dell’epoca che abbia
vissuto una tale fortuna e che abbia goduto
di certe firme quali quelle di Manet,
Corot, Degas, Rodin, Cézanne, Matisse,
Sargent, Leighton, Whistler, Thornycroft, Van Gogh, Braque, Picasso…,. Una
autentica apoteosi, sola ed unica del personaggio in costume ciociaro: nessun
soggetto vanta tali pittori e scultori. E avviene che ogni giorno milioni di visitatori di musei e di gallerie hanno sotto gli occhi ovunque nel mondo un quadro
o una scultura con questa umanità.
Ed ecco il Grand
Tour di Ritorno: che cosa può mai accadere se in Ciociaria, cioè nella patria delle
creature che gli artisti europei tra i quali i sommi hanno contribuito a
rendere letteralmente immortali, si realizzasse,
finalmente, una pinacoteca del
costume ciociaro di afflato artistico europeo? A parte la cancellazione di una vergognosa lacuna e di una imperdonabile macchia ai danni della
collettività e della civiltà, si metterebbe
a disposizione di un pubblico
internazionale che da sempre conosce e ama
queste immagini, un luogo dove di tali opere non ve ne sarebbe una o due
o tre ma qualche centinaio da ammirare e da studiare. Inimmaginabile il
successo di una tale iniziativa realizzata e gestita con criterio e chiarezza
di idee e principi: non solo il quadro di per sé motivo di richiamo ma altresì,
ad esame più attento, anche la ricerca dei luoghi di origine di queste creature,
il loro nome, la loro storia, il loro folklore…e non solo da parte dei cultori
e studiosi internazionali ma anche da parte dei figli e nipoti degli emigrati
ciociari sparsi per il mondo…Una inimmaginabile fonte di attività e di
iniziative. Ecco dunque il Grand Tour… di Ritorno, dall’Europa essenzialmente, da
dove è partito, e di Ritorno verso i luoghi dove più che altrove i ‘touristi’
hanno rinvenuto e goduto il distillato artistico e umano delle esperienze
vissute; e se si ricorda che il costume ciociaro a suo tempo era la lingua franca dell’arte europea, oggi la pinacoteca potrebbe diventare o diventerebbe la meta ricercata e ambita dei nuovi viaggiatori.
E senza
parlare dei ciociari stessi, specie quelli della
provincia di Frosinone, ai quali non è stata data mai la possibilità e la
gratificazione di ammirare di osservare
di apprezzare uno di questi quadri, totalmente assenti nelle istituzioni,
pubbliche e private!
Michele
Santulli