Rubrica a cura di Roberta Cannata e Andrea Giostra #iorestoacasa #andratuttobene #aiutiamochiesolo … Terza puntata | edited by Andrea
Giostra. Voce
e interpretazione di Emanuela Trovato e Giovanni Carta - “Leandra e Oleg”
Che bella
giornata oggi: C’è il sole splendente, il cielo è di un azzurro primaverile che
apre il cuore, la temperatura mite. Sto pensando di fare una passeggiata in
pineta, proprio dietro la villetta dei miei dove da oltre un mese sono
rinchiuso. Si trova a meno di 10 minuti a piedi. A meno di un chilometro di
distanza. Vivo questi giorni in mezzo alla campagna, alla natura, alle gazze
ladre, ai merli, alle rondini, alle tortorelle, ai falchetti che si sono
rimpossessati del cielo di queste terre. Ai passerotti che cinguettano dietro l’ampia
finestra della cucina per chiedere quelle mollichine che mia mamma regolarmente
da anni, ogni mattina alle sette, poggia sul davanzale in marmo bianco aspettando
che arrivino e consumino, anche loro, una buona colazione. Non c’è nessuno qui
dove abito adesso. Io e i miei genitori ottantenni. Poi solo campagna brulla,
non più coltivata, con le salibbe fatte di pietra viva che si
sovrappongono l’un l’altra lungo il ripido pendio della collina come a formare,
se viste da lontano, un’artistica parere di terrazze con muri in pietra viva adesso
piene di erbacce selvatiche che hanno preso il posto dei profumati frutti e dei
genuini ortaggi coltivati con sacrificio e dedizioni dai nostri nonni e
genitori durante l’ultima grande guerra per sfamare la famiglia e i cari.
Quello che
vedo dall’ampia finestra del mio studio monteleprino è questo paesaggio. Decido
allora di fare una passeggiata, forse una corsetta, per tenermi in movimento,
immaginando di riconquistare quella forma fisica che ho perso da anni. Che mi
riprometto, da altrettanti anni, di recuperare, ma so bene dentro di me che non
accadrà mai.
Spengo il
mio PC, calzo scarpette da ginnastica, mi avvio verso il cancello che s’apre verso
il pizzo della collina di Montedoro. Squilla il cellulare. Non so che fare. Rispondere
oppure lasciar perdere e richiamare al mio rientro. Lo guardo per vedere chi è,
magari è una telefonata importante di lavoro, mi dico. No, è Leandra, una mia
amica modella. Lei vive e lavora a Milano. Leandra è una modella molto
richiesta dai più importanti artisti delle arti figurative milanesi. Il suo
corpo è armonico, scultoreo, plastico, fotogenico. Il suo viso e i suoi occhi
hanno quella personalità necessaria a trasmettere emozioni. Come me anche lei sarà
rinchiusa in casa da settimane. La immagino in appartamento nel centro storico
della capitale lombarda. Chissà come sta vivendo questi giorni di clausura
forzata, lei, abituata a vivere una vita intensa tra lavoro e le tante
relazioni sociali che appartengono al suo mondo. Il mondo della moda,
dell’arte, delle socialità vip della Milano della moda e dell’arte più
sofisticata. Col polpastrello dell’indice destro pigio l’icona verde a forma di
cornetta del mio Smartphone…
- Ciao
Leandra, come stai? Che piacere sentirti…
- Ciao
Andrea, io bene… tu?
- Bene…
bene… anche se come tutti comincio a soffrire questa clausura forzata…
- Non dirmi
questo per favore… io sto soffrendo maledettamente… i primi due tre giorni mi
sono sembrati un po’ un gioco… come essere in vacanza... come voler staccare la
spina da tutto per un weekend e rigenerarmi… ma adesso è passato più di un mese
e sinceramente non ce la faccio più…
- Occorre
avere pazienza Leandra… non possiamo farci nulla… e soprattutto non mollare mai
…
- Sì, hai
ragione… ma non è così facile... credimi… Ho letto l’articolo della rubrica su “L’amore
ai tempi del Covid-19” che avete scritto tu e Roberta Cannata…
mi è molto piaciuto… e ho pensato alla mia storia sentimentale che sto vivendo in
questi giorni con il mio fidanzato…
- Spero che
stiate passando insieme questi giorni…
- No…
purtroppo no… ed è proprio questo il punto…
La voce di Leandra
improvvisamente cambia tono. Diventa seria, decisa, emozionata. Ha bisogno di raccontare
la sua storia, di parlare con qualcuno. Di sfogare come sta vivendo questi
giorni. Giorni di lontananza fisica dal suo amore. Di necessario distanziamento
sociale direbbero gli esperti dell’ultim’ora. Senza che io dica una parola,
senza che io la interrompa, inizia la sua narrazione. Leandra comincia a
raccontarmi del suo amore ai tempi del Covid-19…
- Sai
Andrea, io mi trovo in una situazione particolare. La mia storia d’amore è iniziata
poco più di quattro mesi fa. Una relazione sbocciata in modo tanto improvviso quanto
inaspettato. È maturata in maniera naturale ed è cresciuta intensamente. Stavo
vivendo una fase della mia vita nella quale avevo deciso di stare da sola. Accadde
però che mentre stavo lavorando per la Biennale Art Meeting 2019 di Milano, Oleg,
questo il suo nome, che si occupava della sicurezza personale di alcuni artisti
e manager molto importanti ospiti dell’evento, per tutti quei giorni di lavoro
mi ha corteggiata in un modo bellissimo. Una sera, dopo che avevo finito di
lavorare, sarei dovuta andare a fare la spesa. Era molto tardi. Le undici. Oleg
si offrì di accompagnarmi. Pensai che per una donna a quell’ora tarda è sempre
meglio essere in compagnia se devi andare in posti anche se pubblici un po’
isolati. Accettai il suo invito. Avrei dovuto aspettarlo pochi minuti perché
terminasse le cose da fare per il suo lavoro. Ritornò dopo poco più di cinque
minuti. Andammo con la sua auto verso l’unico supermercato ancora aperto a
quell’ora. Lui non abita a Milano come me, ma in un paesino distante pochi
chilometri. Feci la spesa e mi riaccompagnò a casa. Lo ringraziai, ci salutammo
come due vecchi amici, e andò via spedito verso casa sua. La mattina seguente,
già alle sette e trenta, avrebbe dovuto essere sul posto di lavoro per
verificare che tutto fosse pronto in vista dell’arrivo per le nove di un ospite
francese molto importante. Dopo quella sera, durante i rimanenti giorni della
biennale, cominciammo a frequentarci sempre, anche se i nostri orari di lavoro non
erano compatibili. Ci vedevamo la mattina presto per fare colazione insieme. Oppure,
qualche volta, Oleg veniva a trovarmi in galleria per salutarmi e fare due
chiacchiere veloci. Poi una sera decidemmo di cenare insieme. Fu una serata bellissima.
Oleg è un ragazzo moro, gentile, dolce, sorridente, con un fisico da giocatore
di rugby, alto quasi un metro e novanta, robusto ma al contempo agile nei
movimenti, due occhi profondi e scuri, una folta chioma di capelli castani e
lisci. Quella sera, usciti dal ristorante, dormì da me. Da quel momento non ci
lasciammo più. Insieme creammo una routine quotidiana bellissima. Anche se sono
passati poco più di quattro mesi, per me sembra che sia passato un anno per la
familiarità che sento di avere vissuto in quelle settimane insieme a Oleg. Ci
divertivamo, parlavamo moltissimo, giocavamo insieme… mi accorgo adesso che sto
parlando al passato… caspita…! Evidentemente questo periodo di isolamento da Oleg
mi fa vivere questa cosa come se fosse accaduta chissà quanto tempo fa. Ho
vissuto quel periodo con una intensità fantastica. Poi improvvisamente il nulla
più totale. La cosa assurda è che all’inizio di questa fase di isolamento,
anche stando fisicamente lontani, e vedendoci tantissimo prima che accadesse la
Pandemia, ci sentivamo rarissimamente. Io era a casa mia da sola cercando di
fare qualcosa di utile, mettendo a posto le mie cose come una disperata che
cerca di impiegare al meglio il suo tempo, cercando di fare tutte quelle faccende
domestiche che non ho mai fatto. Lui altrettanto, chiuso in casa che cercava di
impegnarsi in tante cose che neanche lui aveva mai fatto prima. Abbiamo passato
le prime due settimane sentendoci una sola volta al giorno. Adesso però siamo
veramente disperati. La sera abbiamo cominciato a chiamarci su Skype per
passare il tempo insieme con giochi che facevamo da bambini, tipo “nomi,
cose e città”… oppure, Oleg, che suona la chitarra, ha cercato di
insegnarmi a suonarla visto che io ho avuto sin da bambina questo desiderio. Ma
dopo pochi giorni si è arreso. Adesso, da qualche giorno, è accaduta una cosa
bellissima che voglio raccontarti. La sera dopo cena ci sentiamo, lui sul suo
balcone, io sul mio. Ci guardiamo negli occhi attraverso Skype. Poi Oleg
prende la sua chitarra, inizia a suonare e a cantare. Le sue sono canzoni romantiche
bellissime. Sono le sue serenate che mi dedica. Le parole sono in moldavo e io non
ci capisco nulla ovviamente. Lo ascolto suonare e cantare. Lo guardo negli
occhi, così come lui mentre canta e suona mi guarda negli occhi. Mi godo quei
minuti con una emozione intensa, viva, per niente virtuale. Poi, subito dopo, quando
abbiamo chiuso il collegamento, terribilmente curiosa di conoscere le parole
che mi ha dedicato, corro su Internet, cerco il testo della canzone, lo faccio
tradurre da Google, e leggo in italiano quelle parole che pochi minuti prima il
mio Oleg mi ha dedicato suonando la chitarra dal balcone di casa sua sotto un
cielo che immagino blu notte illuminato da miliardi di minuscole stelle…
“L’Amore al tempo del Covid-19” …appuntamento alla prossima puntata su questo
stesso canale…
LE
PUNTATE PRECEDENTI:
Prima
puntata:
Seconda
Puntata:
Roberta Cannata
Andrea Giostra