di Laura Gorini - Gli scrittori devono mantenere una giusta distanza
dai loro personaggi, altrimenti diventano noiosi.
È un eccellente scrittore, apprezzatissimo dai lettori di ogni età. Un
vero maestro del genere noir, ma anche molto di più, Massimo
Carlotto. Il suo ultimo romanzo, La
Signora Del Martedì,
è un testo che lascia col fiato sospeso fino all'ultima pagina e
perfettamente in grado di far riflettere e talora persino sorridere
un lettore accorto. Un piccolo grande capolavoro da leggere tutto
d'un fiato!
Massimo,
come si costruisce una carriera vincente nel mondo della scrittura?
Scrivendo
buoni romanzi, prima di tutto, e costruendo relazioni proficue con i
lettori, librai ed editori.
Com'è
cambiata, nel corso del tempo, sia nel Bene che nel Male, rispetto ai
tuoi esordi?
Certamente
l’esperienza è fondamentale. La scrittura, come il sapere, vanno
nutriti costantemente e con rigore. Se devo guardare al passato per
un bilancio, direi che è positivo.
Sinceramente
credi che i Social ed Internet siano positivi o qualcosa
di negativo
per la scrittura?
Ormai
fanno parte del nostro presente e non si può commettere l’errore
di ignorarli ma nemmeno di subirli. Una realtà che va affrontata
cercando di individuare i sistemi migliori per adattare le esigenze
della scrittura.
Oggigiorno
siamo abituati a comunicare, a causa della pandemia, più che mia
tramite i Social e Internet. Ma se prima dell'arrivo del Coronavirus
in qualche maniera potevamo scegliere di utilizzare questi strumenti,
ora pare che sia diventata una prassi. Ma non temi che, una volta
ritornati alla normalità, non avremo più l'interesse di
relazionarci anche di persona con gli altri?
Il
pericolo esiste. Spero che la pandemia passi in fretta perché c’è
bisogno di tornare a incontrarsi nelle librerie, nelle biblioteche.
La comunicazione virtuale rischia sempre di deformare la percezione
“dell’altro” e di disumanizzare le relazioni. Siamo animali
sociali dobbiamo avere la possibilità di scelta del mezzo con cui
incontriamo le persone e soprattutto le necessità dell’emergenza
non devono mai trasformarsi in normalità.
Dialogare
è molto importante. Tu come riesci a trovare il linguaggio giusto e
i dialoghi corretti per i tuoi personaggi e per i tuoi romanzi?
I
buoni dialoghi nascono dalla profonda conoscenza dei personaggi da
parte dell’autore. Io lavoro a lungo, nella fase preparatoria,
sulla loro costruzione, cercando di evidenziare tutti i dettagli che
mi possono aiutare a “farli parlare” in modo realistico.
Durante
una tua presentazione hai dichiarato che tendenzialmente scrivi molto
e che poi asciughi pian piano il testo: dunque ami scrivere di getto?
No.
Non scrivo mai di getto, ma asciugare il testo mi permette di
lavorare sulla “velocità di lettura”. Mi interessa che il
lettore entri nella storia e venga catturato dalla trama e dal ritmo.
Una tecnica come altre ma che – a mio avviso – è particolarmente
efficace e si adatta bene ai miei progetti narrativi.
Solitamente
quando nasce la tua ispirazione?
Da
spunti e storie che pesco dalla realtà. Gli scrittori sono attenti
osservatori del reale e a me interessa sviluppare romanzi che lo
raccontino, facendo attenzione a stratificare nella narrazione
elementi di complessità che aiutino il lettore a comprendere e a
riflettere.
Sii
sincero: non ti è mai capitato di emozionarti per un tuo personaggio
creato con le tue stesse mani?
Molto
spesso.
C'è
qualcosa di te in ciascuno di loro?
Spero
di no. Gli scrittori devono mantenere una giusta distanza dai loro
personaggi altrimenti diventano noiosi.
E
una volta che hai concluso una storia non hai mai avuto la sensazione
di sentire la loro mancanza come se fossero persone reali?
No.
I personaggi di un romanzo, come si dice, sono di “carta” e tali
devono restare altrimenti il romanzo stesso perde senso e ruolo
perché non è altro che una rappresentazione della realtà. Un
confine molto nitido.
A
proposito, qual è il segreto per renderli tali?
Rendere
“reali” i personaggi è fondamentale perché è necessario che i
lettori li amino o li detestino a seconda del ruolo che rivestono nel
romanzo. E il segreto è scavare nella loro psicologia e mettere a
nudo la loro umanità.
Nel
tuo ultimo romanzo, La
Signora Del Martedì,
uno dei personaggi più belli e accattivanti è il signor Alfredo.
Come sei riuscito a trovare il giusto equilibrio per non renderlo
esagerato e ridicolo?
Un
problema che mi sono posto. Era necessario mettere in risalto gli
aspetti più intimi del signor Alfredo per trovare un equilibrio con
la sua esteriorità così marcata, lontana dallo sguardo moralista
della nostra società.
Quanto
conta l'esperienza nella scrittura per dare in mano ai lettori un
buon libro?
Conta
molto come ho ribadito prima ma la scrittura non è solo esercizio e
metodo, bisogna avere anche talento e una grande conoscenza del
romanzo in tutte le sue forme.
Sei
favorevole a corsi di scrittura o credi che in realtà possano
sminuire o cambiare lo stile di ciascuno?
Sono
favorevole se non illudono sulle enormi difficoltà di arrivare a
essere pubblicati e diventare poi scrittori di professione.
Come
credi che si possa trovare il proprio?
Con
un lungo e faticoso percorso di studio e pratica.
E
tu con quali parole descriveresti il tuo?
La
descrizione dello stile è di competenza della critica letteraria, è
un territorio che, a mio avviso, l’autore non deve invadere.
Quanto
rappresenta il tuo modo di scrivere la persona che sei oggi?
Non
lo so, non cerco storie e romanzi per raccontare me stesso. Non mi
interessa.
La
scrittura ti ha aiutato anche a livello umano a crescere e migliorare
o come persona?
Spero
di sì ma, ripeto, l’idea che la produzione letteraria di un autore
corrisponda fedelmente alla sua vita, alla psicologia e all’intimità,
mi è davvero lontana.
La
scrittura serve a produrre a romanzi che devono far viaggiare i
lettori in mondi che non conoscono, giusto per citare Eco. Mondi
emozionanti dove si possano riconoscere, alla perenne ricerca della
bellezza.
Foto di Damiano Conchieri