Sono
giorni di reclusione quelli che stiamo vivendo e, pur capendone la
necessità, ci troviamo schiacciati dal loro peso.
Io
mi ero sempre reputata fortunata per non aver vissuto gli anni della
guerra, di averne sentito solo parlare dai miei genitori, nei cui
occhi inumiditi avevo visto la paura ma anche la riconoscenza per
essere sopravvissuti.
Oggi
stiamo provando tanti stati d’animo che ci stanno mettendo a dura
prova e ce ne chiediamo continuamente il perché.
Avevamo
la libertà di andare, tornare, incontrarci, scontrarci, progettare,
rifiutare, star bene; tutto questo oggi ci manca perché un nemico,
quasi invisibile, gioca con le nostre vite, purtroppo, vincendo tante
volte.
Le
città sono vuote, le case sono l’unica protezione che fanno da
schermo tra noi e il nemico. Il silenzio viene spesso interrotto
dall’imprevedibile urlo delle sirene che cercano di battere il
tempo, per strappare qualcuno alla morte.
In
ogni casa c’è un pensiero funesto che aleggia nell’aria, nella
paura dei vecchi, negli sguardi dei bambini che ci interrogano e
vogliono, con semplicità, sentirsi dire cosa sta succedendo.
Non
riusciamo a rassicurarli, perché siamo allagati di dolore per ciò
che si vede, che si legge, che si ascolta e cerchiamo una
giustificazione che non troviamo.
Questo
mondo è gravemente malato e si gioca il futuro dell’intera
Umanità.
Ci
sono immagini che rimarranno scolpite nella nostra memoria: abbiamo
visto tante salme che vengono trasportate in città che non sono le
loro, senza un segno di benedizione, come è giusto che sia per una
vita che si è conclusa con violenza e dolore, senza una mano amica
che non li ha fatti sentire soli nel momento del distacco.
Perché
un nemico così infido, sconosciuto che è la negazione della vita,
ci ha privato di tutto ciò che era Vita.
Vedere
una colonna di bare che, in fila, vengono giornalmente trasferite in
altre città è straziante, non c’è un nome, un numero, niente che
li faccia ritrovare dai propri cari, se non nella memoria.
Non
ci confortano più le rassicurazioni, i resoconti, abbiamo bisogno di
vedere una luce in tanto buio e squallore, di tornare a vivere.
Gli
Stati che tengono le fila di questo mondo trovano sempre il modo di
giustificarsi, di promettere, di scrollarsi di dosso responsabilità
e concorsi di colpa, non hanno capito che il Mondo siamo noi, che se
qualcosa non ha funzionato è perché chi di dovere non è stato
all’altezza del suo compito.
L’unica
cosa che ci dà un pò di sollievo è la preghiera, che ognuno
rivolge a Dio in modo personale ed intimo.
Forse,
se una positività c’è, è proprio quella di avvicinarsi a Dio per
chi aveva perso la fiducia in Lui.
Passata
la negatività in cui galleggiano i nostri pensieri, emerge la grande
solidarietà di chi, invece, combatte questa guerra in prima linea,
negli Ospedali, nelle corsie, nelle rianimazioni divenute troppo
affollate, Medici ed infermieri che hanno sacrificato la VITA per
aiutare gli altri, sconosciuti ma sentiti come fratelli. Riusciamo a
mangiare ed a curarci grazie a chi percorre la penisola in lungo e in
largo per portare nelle nostre case gli alimenti di prima necessità.
Troppe famiglie piangono ma in tutto questo squallore si erge, fiera,
la solidarietà, la generosità, l’altruismo di chi non ha mai
perso il senso dei veri valori della vita.
Non
dobbiamo perdere la nostra umanità che sì, è anche imperfezione,
debolezza, fragilità ma è anche capacità di riflettere, di
scegliere, di imparare, di credere in DIO che, da padre
misericordioso, ci solleverà da questo flagello.
Spetterà
a noi non dimenticare, elaborare il nostro vissuto di questi giorni
bui, per non avere più tanti SASSI
SUL CUORE.
Caterina
Guttadauro La Brasca