Amleto Cataldi (1882-1930) è lo scultore di Roma, nessun artista è rappresentato da tante opere quanto lui nei musei locali e nei palazzi istituzionali e in giro per la città.
Ma è in una antica regione italiana che intendo guidare il lettore, in Capitanata, perché qui si trovano delle opere di Cataldi semplicemente mirabili e generalmente sconosciute. La rete fornisce tutto quanto c’è da sapere sulla Capitanata e la sua storia. Qui ci riferiamo a Foggia e, nelle vicinanze, a San Severo. Tutto nacque, fatalità, immediatamente dopo la fine della cosiddetta febbre spagnola che nel 1918 devastò l’Italia e l’Europa: si parla di diecine e diecine di milioni di morti, solo in Italia di seicentomila, dicono le cronache. E tra queste, a San Severo, vi furono la moglie e i tre figlioletti di Raffaele Fraccacreta (1854-1934), uomo politico e deputato al Parlamento. La famiglia Fraccacreta era, ed è ancora oggi, tra le poche famiglie di prestigio e di nobiltà ma soprattutto di cultura, della città di San Severo: non poche vie e piazze intestate a personaggi della famiglia.
La tragedia che colpì Raffaele Fraccacreta aveva bisogno di essere in qualche modo tenuta sempre presente, mai abbandonata all’oblio. E perciò si rivolse ad Amleto Cataldi, l’artista a quell’epoca a Roma il maggiormente considerato e stimato. Dopo all’incirca due anni, il cimitero si arricchì del suo monumento più prestigioso: sulla sommità della cappella, sprovvista di qualsiasi segno confessionale o ideologico, progettata probabilmente da Cataldi stesso, si distende una vera e propria ribalta, un palcoscenico sul quale recitano cinque personaggi, in grandezza naturale, in bronzo: il padre annichilito e rattrappito dal dolore, con affianco la moglie: ritengo che in particolare nella resa della immagine della donna Cataldi abbia raggiunto l’apice della sua maestria di scultore e della sua sensibilità di grande artista: tra le sue molte donne, nessuna eguaglia nel fascino e nella bellezza la donna Fraccacreta: bellissima, serena e dolce e tranquilla che, ormai dal suo mondo lontano, consola il marito affranto: e i tre bimbetti attorno a lei, anche questi resi con incanto e dolcezza: non vogliamo sembrare iperestimatori, ma non si riscontrano nell’arte in genere, volti e sembianti pieni di fascino e di grazia e al contempo di magistrale qualità esecutiva quali quelli della madre e dei tre bambini ricreati da Cataldi. A parte l’atmosfera che il luogo mette ancora di più in risalto, grande, grandissima la qualità e la purezza delle fisionomie e delle figure tali da richiamare qualche personaggio nel Paradiso della Divina Commedia: volti così incantevoli che possono essere circoscritti al meglio con i due termini del Classicismo tedesco: ‘semplicità nobile’ e ‘grandezza silenziosa’: le parole con le quali a suo tempo Winckelmann iniziò il suo saggio sul Laocoonte. E qui sulla ribalta del cimitero di San Severo si assiste alla medesima antica tragedia, ingiustificata, voluta solo dalla mala sorte o dal dio malvagio: Laocoonte che vede morire davanti ai suoi occhi i suoi figli e lui con loro: non c’è pathos, non ci sono superfetazioni sentimentali e retoriche nella loro immensa sofferenza, non stravolgimenti irreali: tutto è contenuto, sofferto in sé, ma puro e nobile. Così la madre coi tre figli: semplici, grandi, nobili, genuini nel dolore. La pesante ossidazione che avvolge le sculture dal 1923 mai ripulite, poco toglie al fascino delle immagini.
All’imbocco del cimitero su un cippo di pietre si leva una vittoria Alata, un bronzo di due metri, di fattura quasi greca, come uscita dallo scalpello di un Policleto: qualità superba per le proporzioni, l’armonia delle forme, la originalità della espressione e del volto e ancora di più la cura particolare e dei dettagli e dell’opera di cesello ivi trasfusi. Si abbandona il cimitero e nella piazza di San Severo si leva il Monumento ai Caduti: tale genere di cimeli si rinvengono in ogni angolo d’Italia ma di siffatta qualità e possanza e di uniformità ai criteri classici autentici, non credo che ve ne siano: la sobrietà degli animi e la purezza delle forme, la qualità dei corpi e il loro equilibrio elegante. Siamo nel periodo della purezza stilistica di Cataldi, l’epoca dei capolavori. Abbandoniamo San Severo e siamo nella piazza principale di Foggia dove si leva il monumento ai Caduti più importante dell’artista per la maestosità e la imponenza architettonica. Quattro putti ai lati dai quali sprizza acqua e al centro tre personaggi che illustrano le finalità del monumento: la difesa della patria, l’etica del lavoro e il ruolo della famiglia. “Intendo fare un monumento fra i più belli che ci siano in Italia…” le parole dell’artista in occasione di una intervista e tale è il monumento, effettivamente tra i più significativi in Italia per dimensioni e per qualità. Perfezione artistica che si celebra già alla presenza dei quattro putti in bronzo sui quattro angoli. A pochi metri dalla piazza si trova il Museo Civico di Foggia e qui in esposizione anche un capolavoro di Cataldi, un piccolo arciere in bronzo alto 66 cm.
Molto più esaustiva sarebbe dovuto essere la descrizione di queste cinque opere ma intendimento era di informare e di risvegliare la curiosità, impagabile, di una dislocazione sui luoghi ed ammirare de visu i capolavori.
Michele Santulli