di Giuseppe Lalli - La notizia che nei giorni scorsi, a Milano, nella sede dell’Università Statale degli Studi, è stato
allestito un piccolo Museo della filosofia, prima tappa di un ambizioso progetto
finalizzato a far conoscere al grosso pubblico gli argomenti e le teorie
filosofiche attraverso l’interattività, mi stimola a parlare di questa
fondamentale ed affascinante disciplina.
La filosofia, intesa come pensiero speculativo rigoroso, è nata
nell’antica Grecia. L’umanità intera
dovrebbe sentirsi debitrice nei confronti della Grecia, culla dell’Europa, il
continente dove, per un felice concatenamento di cause, la civiltà si è
espressa con manifestazioni che si sono inserite in uno svolgimento che ha
assunto un significato e un valore universali. Pensiamo per un attimo a
qualcuna di queste manifestazioni. La scienza moderna è, se così si può dire,
un’invenzione dell’Occidente, figlia del pensiero greco; e così pure il
liberalismo politico, il capitalismo, la separazione tra la società civile e lo
Stato, tra la religione e lo Stato, la stessa distinzione dei poteri che
l’illuminismo giuridico porterà a consapevole compimento, i “diritti dell’uomo”
e le dichiarazioni, che diventeranno, per l’appunto, “universali”: tutte
conquiste dello spirito umano che hanno nel pensiero dei filosofi greci la loro
remota ma innegabile radice. Siffatta radice si innesterà poi in quell’altro
grande filone di pensiero rappresentato dalla tradizione ebraico-cristiana, in
un rapporto spesso conflittuale ma che alla fine risulterà di felice
contaminazione.
È questo un dato
della storia umana che noi europei spesso dimentichiamo, o che non consideriamo
abbastanza. Il rispetto per le altre culture è fuori discussione. Ciò non
toglie che si debba rivendicare all’Europa il focolaio della moderna civiltà
umana. C’è inoltre da osservare che, pur essendo la cronologia importante, nel
pensiero filosofico la storia non costituisce mai una netta linea di
demarcazione. Nel trattare un determinato problema teoretico, un filosofo
moderno non può non tener conto della soluzione che allo stesso problema ha
dato un filosofo antico.
Valga qualche esempio. Tommaso d’Aquino (1225-1274),
grande pensatore medievale, rilegge magistralmente Aristotele (384/383
a.C.- 322 a.C.) alla luce della Rivelazione, che i filosofi greci antichi, con
tutto il loro acume speculativo, non potevano conoscere, e ci lascia un
pensiero che è una “colonna” della dottrina cattolica, tanto in filosofia che
in teologia. Analogamente, Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274) rilegge
Agostino (354-430) e Platone (428/427-347), mentre, nei nostri
tempi, Martin Heidegger (1889-1976), nel suo capolavoro, Essere e
tempo, si prefigge di dare una soluzione nuova all’eterno fondamentale
problema dell’essere.
Bisogna poi riconoscere la grandissima rilevanza assunta nel
tempo moderno e contemporaneo dalla riflessione filosofica francese e tedesca,
senza le quali la filosofia sarebbe solo un bellissimo monumento antico, e non
qualcosa di vivo ed operante. René Descartes (Cartesio) e Immanuel
Kant (1724-1804), Henry Bergson (1859-1941) e Edmund Husserl (1859-1941),
con le loro riflessioni in tema di teoria della conoscenza, danno un decisivo
contributo alla fondazione stessa della scienza.
La terra italiana ha dato al pensiero filosofico un contributo
importante. Basti pensare a Cicerone (106 a.C.- 63 a.C.), a Severino
Boezio (480 c.- 524), allo stesso Giordano Bruno (1548-1600), genio
filosofico rinascimentale che dischiude alla mente orizzonti nuovi. E che dire
di Antonio Rosmini (1797-1855), il Kant italiano? E in tempi a noi più
vicini, come ignorare Benedetto Croce (1866-1952) e Giovanni Gentile
(1875-1944), che rileggono, sia pure con diversità di accenti, la lezione
idealistica di G.S. Friedrich Hegel (1770-1831)? O Augusto Del Noce
(1910-1979) e Cornelio Fabro (1911-1995), pensatori cattolici nella
modernità?
In filosofia, come
dianzi si diceva, la cronologia non è decisiva: si verifica, nella ricerca
teoretica, un continuo rimando tra l’antico e il moderno, tra ciò che si
ritiene vivo e ciò che appare morto della riflessione che precede. Si assiste,
nella riflessione filosofica, a qualcosa di simile a quanto avviene, in ordine
alla Rivelazione, tra l’antico e il nuovo Testamento: l’uno si comprende alla
luce dell’altro.
Solo chi non l’ha
mai studiata seriamente può ritenere la filosofia una disciplina inutile, o,
che è peggio, un complesso di cervellotiche astrusità.
Non è poi vero, come a volte si sente dire, che i sistemi di
pensiero che la storia ci ha tramandato si elidono a vicenda. Essi, al
contrario, pur nel contrasto, si sommano e si integrano reciprocamente, e
possono incidere sul pensiero complessivo delle società e sulla vita stessa
delle nazioni, anche se di ciò non ci si avvede. I grandi pensatori dell’antica
Grecia hanno gettato le fondamenta di uno splendido edificio che è stato
costruito, e via via ristrutturato, attraverso i secoli. L’albero del sapere
filosofico è nato e fiorito nella vecchia Europa. Senza di esso il panorama
mondiale non sarebbe quello che è.