Gloria Campaner, pianista e concertista di fama internazionale, Direttore Artistico dell’“Associazione Musicale Vincenzo Bellini” di Messina. INTERVISTA di Andrea Giostra.
Ciao Gloria, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro
invito. Ai nostri lettori che volessero conoscere qualcosa di te quale artista,
cosa racconteresti?
Racconterei di come la musica mi ha cambiato la vita ed è diventata,
da quando avevo 4 anni, la mia principale via di comunicazione e di
espressione col mondo esterno. Una sorta di linguaggio universale con cui
riesco ad esprimermi al meglio e grazie al quale posso arrivare al cuore della
gente.
Qual è stato il tuo percorso
artistico e
professionale?
Ho iniziato a suonare per caso e per divertimento su un pianoforte
giocattolo bianco e rosso regalatomi da una zia al mio terzo compleanno. Ho poi
continuato, seguendo una mia vicina di casa, partecipando a un corso di
propedeutica musicale in una scuola di musica dove ho incontrato la mia prima
insegnante di pianoforte. Da lì non mi sono più fermata: ho terminato il
conservatorio, mi sono diplomata all’accademia di alto perfezionamento
pianistico di Pescara, ho ottenuto un dottorato alla Hochschule für
Musik di Karlsruhe in Germania e ho seguito master e corsi di
perfezionamento in tutto il mondo con grandissimi docenti e concertisti. E poi
sono arrivati i premi ai concorsi e i riconoscimenti. Mi sono ritrovata con un
bagaglio di insegnamenti utilissimi da mettere a frutto ogni giorno della mia
vita: posso dire di essere soddisfatta del percorso che ho fatto e che sto
portando avanti.
Come definiresti il tuo
stile di concertista? A cosa e a chi
ti ispiri?
Non saprei dire se ci sia davvero uno ‘stile’ concertistico, ma
certamente la mia insaziabile curiosità e voglia di spaziare tra diversi ambiti
e linguaggi artistici mi hanno portato a vivere indimenticabili esperienze di
sperimentazione nell’arte, per esempio affiancando la musica classica alla
danza contemporanea, all’elettronica, al jazz, alle video proiezioni, al teatro…
Se dovessi pensare a un musicista che ha saputo rinnovarsi e precorrere i tempi
mi verrebbe da dire Miles Davis. Per la dedizione e preparazione mentale
e fisica che richiede la performance di un musicista ci si può ispirare però
anche a grandi sportivi, oppure a scienziati - filosofi come Nicola Tesla,
Einstein o maestri zen che ci ricordano che è vero che abbiamo due occhi
per guardare il mondo esterno, ma che spesso tutte le risposte che cerchiamo
sono già dentro di noi.
Chi sono i pianisti del
passato che ami di più e perché? E quelli che hai studiato maggiormente e che ti hanno appassionato?
Questa è una domanda difficile perché dipende anche da quale sia
l’esigenza musicale che ti spinge ad ascoltare. Tra gli interpreti del passato
citerei senza dubbio Arturo Benedetti Michelangeli, che sosteneva che
una vita non bastasse per far bene nemmeno una cosa sola, Sviatoslav Richter,
Emil Gilels e Vladimir Horowitz, pilastri della tradizione russa,
Glenn Gould che ha inseguito per tutta la vita un suo ideale di suono
perfetto dedicandosi quasi esclusivamente a un solo compositore, Johann
Sebastian Bach, e ancora Claudio Arrau e Friedrich Gulda per
le interpretazioni di pagine di Beethoven… ma la lista è certamente
molto più lunga. Tra i pianisti-compositori invece sicuramente Sergej
Rachmaninov, Ludwig van Beethoven e Robert Schumann che è il
mio preferito.
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foto Gaby Wagner |
Chi sono stati i tuoi
maestri, quelli che ami
ricordare e dei quali vuoi parlare con noi?
Per quanto riguarda la mia formazione pianistica ricorderei Daniela
Vidali (mia prima insegnante), Bruno Mezzena, allievo di Arturo
Benedetti Michelangeli, la brasiliana Fany Solter, Konstantin
Bogino, esponente della scuola russa, e più recentemente Mitsuko Uchida
con la quale ho trascorso diverse settimane estive in residenza al Festival
di Marlboro nel Vermont (USA). Ma ogni grande musicista che ho
incontrato e con cui ho collaborato ha contribuito ad arricchirmi
professionalmente e come persona.
Hai iniziato a suonare il
pianoforte all’età di quattro anni. Il primo concerto pubblico lo hai fatto a
cinque anni. Hai vinto decine di premi e di riconoscimenti artistici.
Raccontaci qualcuno degli eventi che hanno segnato la tua brillante carriera
artistica. Quale quelli che ricordi con più piacere e perché?
Sicuramente quella che non si scorda mai è la prima volta che si suona
accompagnati da un’intera orchestra; io avevo 11 anni. L’abbraccio
sonoro è indescrivibile ed è una sensazione così totalizzante che all'inizio
non è per niente facile rimanere concentrati. Ricordo bene anche la prima volta
che ho suonato il Concerto n.2 di Rachmaninov: stavamo provando
il secondo movimento e quando è arrivato il tema del flauto mi sono emozionata
così tanto da sbagliare l’accompagnamento. Per fortuna che era solo una prova! Ci
sono poi tantissime altre storie curiose, per esempio ho suonato in concerto a Rapa
Nui sull’Isola di Pasqua e probabilmente si trattava del primo
concerto di pianoforte solo della storia dell’isola, all’aperto. Evidentemente
il suono dello strumento era così esotico da far incuriosire non solo gli
abitanti ma anche gli animali: la platea si riempì infatti di cani, cavalli
selvaggi e tacchini…
Recentemente, Gloria, hai
avuto un prestigiosissimo incarico
in Sicilia, la mia terra. Dal 2018 sei infatti il Direttore
Artistico dell’“Associazione
Musicale Vincenzo Bellini” di
Messina. Ci vuoi raccontare
come è nato questo riconoscimento di
grande responsabilità? Quali sono i tuoi progetti e i programmi prossimi
che hai intenzione di sviluppare in
Sicilia?
È da molti anni che ho il privilegio e l’onore di suonare in Sicilia,
terra che amo moltissimo. Sono andata a Messina per la prima volta nel 2007
dopo aver vinto il premio Giovani Carriere del CIDIM. Da allora ho avuto
l’onore di tornarvi ogni anno presentando progetti sempre diversi, ma non mi
sarei mai aspettata che un giorno il Presidente Giuseppe Ramires mi
avrebbe chiesto di diventare il Direttore Artistico dell'Associazione
Musicale Bellini. Mi chiamò al telefono e inizialmente pensai che
scherzasse, poi capii che faceva sul serio e che credeva in me. Allora mi misi
all’opera per cercare di offrire alla città non solo un cartellone di altissima
qualità, che era una costante da sempre, ma anche dei progetti nuovi per
stimolare la curiosità del pubblico ad esempio nei confronti della musica
contemporanea, della musica etnica o del crossover che unisce più generi
musicali. Inoltre ho aperto le prove alle scuole a indirizzo musicale, ho cercato
di instaurare una viva collaborazione con il conservatorio della città e con il
teatro dell’opera e soprattutto ho voluto incrementare le agevolazioni sui
biglietti per i giovani e gli studenti: il risultato è stato l'aumento degli
abbonati e un numero crescente di giovani presenti ai concerti. Una
soddisfazione impagabile e indimenticabile.
Un grande innovatore della
musica classica di fine ‘800 inizi ‘900 fu il grande pianista e compositore
francese Claude Debussy (1862-1918), che ti ho sentito suonare recentemente in
modo meraviglioso in un bellissimo programma di RAI 5 - https://www.raiplay.it/video/2017/05/DEBUSSY-SUITE-BERGAMASQUE-8d38d19d-b0ae-42c4-82d6-012fe2eb25cf.html
- Cosa pensi delle sue composizioni e
della sua tecnica? Nel tuo modo di suonare c’è qualcosa che si ispira a
Debussy?
Claude Debussy, nel pieno del simbolismo e dell'impressionismo
francese, si è distinto fra tutti per le sue innovazioni timbriche, armoniche e
stilistiche. Il suo discorso musicale è fatto di piccole immagini in continuo
movimento che mutano ed evolvono, rinnovandosi, restando però indipendenti tra
loro. Inoltre Debussy era molto interessato all’esotismo e aveva uno sguardo
sempre rivolto all’oriente: un mondo e una cultura che da anni mi interessa e
mi affascina profondamente.
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foto Andrea Basile |
Un altro grande pianista e compositore
a cavallo tra i due secolo scorsi fu Erik Satie, grande innovatore che seppe creare musiche e composizioni che
dal classico sanno essere contemporanee e moderne insieme. Cosa pensi della sua
musica molto apprezzata anche oggi? E
perché piace secondo te?
La musica di Erik Satie è immersa in quella ambiguità che la fa
apparire seria e ironica allo stesso tempo. Satie era un progressista, ma anche
un conservatore. Tutto il Novecento musicale gli è in qualche modo debitore,
dalle avanguardie al minimalismo fino ai contemporanei. Era un personaggio che
viveva nella provocazione di esprimere tutto e il contrario di tutto, non amava
farsi chiamare ‘musicista’ ma piuttosto ‘gymnopedista’, aggettivo intraducibile
e nonsense. Le Gymnopedies e le Gnossiennes sono i suoi
brevissimi - e solo apparentemente semplici - componimenti che lo hanno reso
famoso in tutto il mondo.
Perché secondo te oggi la
musica e l’arte in generale sono
importanti? E perché si dovrebbe già
da piccoli imparare a suonare uno strumento?
I bambini riescono a cogliere l’essenziale perché osservano le cose
con gli occhi dell’anima. Credo che far fare musica ai piccoli sia importante,
perché essa ti insegna a sciogliere il cuore e a immaginare il paradiso; non in
senso divino, bensì inteso come quel luogo di pace e serenità che ognuno di noi
ha dentro di sé.
Charles Bukowski, grandissimo poeta e scrittore
del Novecento, artista tanto geniale quanto dissacratore, in una bella
intervista del 1967 disse… «A cosa serve
l’Arte se non ad aiutare gli uomini a vivere?» (Intervista a Michael Perkins, Charles
Bukowski: the Angry Poet, “In New York”, New York, vol 1, n. 17, 1967, pp.
15-18). Tu cosa ne pensi in proposito? Da questa prospettiva, a cosa serve la
tua arte, ovvero, la musica?
Concordo pienamente: la musica aiuta a rimanere in vita e soprattutto
a mantenere un atteggiamento energeticamente positivo, resiliente, dinamico,
comunicativo. Evoca emozioni quindi mantiene continuamente attivo il processo
di azione-reazione nel nostro ‘sentire’ più profondo, e la musica dal vivo lo
fa ancora di più perché essa esiste nello stesso momento sia per chi la suona
sia per chi la ascolta generando comunione, espressione, comunicazione pura.
Hai inciso diversi dischi a partire dal 2013 quando hai pubblicato
il tuo primo album, ‘’Piano
Poems” con etichetta EMI e dedicato
a Schumann e Rachmaninov. Vorresti presentarlo ai nostri lettori dicendo loro perché secondo te dovrebbero
acquistarlo e ascoltarlo? Quali sono
state le tue incisioni successive che vuoi ricordare?
Non ho inciso in realtà moltissimi dischi perché credo molto nel
messaggio diretto della performance dal vivo. Allo stesso tempo, però, ritengo
che sia fondamentale suggellare in una incisione momenti unici del nostro
cammino di crescita artistica, attimi che non torneranno più. Ho quindi
privilegiato spesso nei miei album la forma della registrazione dell'esecuzione
live. “Piano Poems” non è un live, ma è stato
registrato quasi praticamente tutto d’un fiato alla RSI-Radiotelevisione
svizzera di Lugano, e siccome si trattava del mio esordio
discografico l’ho voluto dedicare ai due miei compositori preferiti, nonché
poeti del pianoforte: Robert Schumann e Sergej Rachmaninov.
Cosa ami della tua
professione di concertista e di pianista affermata a livello internazionale?
Ringrazio l’universo tutti i giorni e mi sento molto privilegiata
anche se è un percorso lungo, faticoso e difficile, fatto di estenuanti
sacrifici e di solitudine profonda. La cosa più bella sono i viaggi, e non
parlo ovviamente di quelli in aereo: mi riferisco all'incontro con il pubblico
che ti ascolta, al contatto con la gente di un luogo esotico o lontano che ti
ospita con tanta curiosità e gentilezza. L’andare così vicino al cuore delle
persone, a volte anche solo grazie al potere della musica, è forse il dono più
prezioso, direi che non ha prezzo.
Quali sono i tuoi prossimi
progetti e i tuoi prossimi appuntamenti artistici? A cosa stai lavorando adesso e dove potranno seguirti i
nostri lettori e i tuoi fan?
Sono rientrata da poco da Tokyo dove mi trovavo per una tournée
giapponese con la prestigiosa Nagoya Philharmonic Orchestra e il
meraviglioso Quinto Concerto di Beethoven “Imperatore”,
pagina che eseguirò molto in questa stagione concertistica, anche in Italia
nel 2020, anno delle celebrazioni beethoveniane. Passerò il mese di
novembre in tournée negli Stati Uniti e a dicembre sarò in India
dove per la prima volta visiterò il paese anche in veste di concertista, sia
suonando musica classica, per esempio a Nuova Delhi e a Jaipur
(per il famoso festival dell’arte e della letteratura), sia esibendomi in un
progetto che unisce l'Est e l’Ovest, con le trascrizioni di Alain Daniélou
dei canti di Tagore Rabindranath per voce e pianoforte. Ho da poco
ideato un nuovo workshop di creatività musicale per giovani musicisti che si
chiama See Sharp e che sto portando in giro per il mondo
per offrirlo agli studenti che devono affrontare situazioni di grande stress
psicofisico come esami, concorsi e concerti: vedo che insegnar loro ad avere un
metodo per affrontare le tensioni e i momenti più complessi li aiuta a “vedere
oltre” e quindi a mettere meglio a fuoco le situazioni, “sharp” appunto.
Un’ultima domanda Gloria,
immaginiamo che hai di fronte una numerosa platea di adolescenti di una scuola
secondaria della tua città. Il tema del simposio è la musica. Cosa diresti loro
per catturare l’attenzione? Quali i tre temi principali che secondo te
andrebbero affrontati per appassionare giovani menti all’arte della musica
classica, non solo da ascoltare, ma anche da suonare?
Direi semplicemente che la musica è vibrazione, energia vitale, e
quindi amore puro. E che ci vuole un ‘cuore buono’ per trasmetterla ed
accoglierla nel modo giusto, perché anche la negatività ha una sua vibrazione.
Quindi bisogna cercare attraverso la musica di elevare il proprio spirito per
raggiungere livelli sempre più alti di sensibilità e consapevolezza. Userei
parole chiave per me molto importanti come gentilezza e rispetto, ma
soprattutto direi che la musica comincia e finisce nel silenzio, che è l’unica
cosa che dobbiamo veramente imparare ad ascoltare senza mai dimenticarci di
respirare. Perché nel silenzio possiamo riconoscere il ritmo musicale più
importante che abbiamo, ovvero il battito del nostro cuore.
Gloria Campaner
Andrea Giostra
Foto copertina: Andrea Basile