Fotografia, Valentina Tamborra a Fattitaliani: il mio ruolo è quello di essere testimone dando voce a chi non ce l'ha. L'intervista

"Chokorà - Il barattolo che voleva suonare" è il progetto fotografico e narrativo di Valentina Tamborra e Mario De Santis presente alla mostra “Il Mondo nell’obiettivo. I fotografi delle Ong” curata da Claudio Pastrone in collaborazione con Giovana Calvenzi e Giuseppe Frangi, in esposizione al CIFA (Via delle Monache 2, Bibbiena) fino al 9 settembre. Fattitaliani l'ha intervistata.

Buongiorno: come ti presenteresti ai lettori di Fattitaliani come persona e come fotografa?
Al centro del mio lavoro pongo sempre le persone. Racconto storie, quelle più vicine e quelle più lontane, ma sempre storie che forse altrimenti avrebbero poca voce. Lavoro sull'identità e sulla memoria, certa che per guardare costruttivamente al futuro si debba conoscere il passato e vivere, fortemenente,il presente. Come persona: sono curiosa e ho uno sfrenato amore per la vita.
Quali elementi hai tenuto costantemente presenti nel tuo percorso umano e professionale?
Le persone, come dicevo prima. Non posso prescindere dal rispetto e dalla considerazione dell'altro. Quando fotografo, è come se mi guardassi allo specchio in un certo senso. Il ritratto è uno scambio - è un dono che il soggetto fa al fotografo e il fotografo deve averne cura, e rispetto, sempre.
Un bambino raccoglie i rifiuti che poi rivenderà per acquistare 
cibo o, purtroppo, della colla da sniffare. La colla viene utilizzata 
come droga per non sentire fame, dolore.
Ci puoi raccontare la storia della foto "Chokorà - Il barattolo che voleva suonare"?
Chokora è un progetto nato per Amref Healt Africa con il giornalista e scrittore Mario De Santis. Abbiamo raccontato i bambini che vivono e lavorano nella più grande discarica del Kenja, Dandora. Chokora in lingua kiswahili significa proprio "rifiuto" e questa parola si usa per definire i bambini di strada che vivono appunto in discarica. La nostra storia è una storia però di riscatto e speranza: 
grazie ad Amref infatti questi bimbi possono avere una vita normale, tornare alla propria infanzia. E quei rifiuti che raccoglievano per rivenderli e comprarsi del cibo, diventano strumenti musicali.
Bambine che raccolgono i rifiuti nella discarica di 
Dandora
Come vivi le recenti notizie sulle ONG spesso trattate con toni polemici e violenti?
Ho lavorato con molte ONG. In generale, un attacco generalista e generalizzato è sempre sbagliato. Le ONG sono composte da persone, persone che si trovano a affrontare situazioni difficili e spesso inimmaginabili. Fanno del loro meglio, a volte riuscendoci, a volte con qualche difficoltà. Penso dovremmo comunque ringraziare persone che scelgono di dedicare la vita agli altri. Non è da tutti.
Quanto e quando riesci a registrare e immortalare un evento controllando eccessivo coinvolgimento ed emozione?
Sono sempre coinvolta. Sono coinvolta perché mi interessano le storie che raccolgo e che racconto, perché mi innamoro delle mie storie, delle vite degli altri che poi diventano parte della mia anche se per un breve tratto magari. Sono coinvolta ma non perdo lucidità: il mio ruolo è quello di essere testimone, di raccontare. Per farlo devo lasciarmi coinvolgere, certo, ma rimanendo fedele a ciò che è il mio obiettivo finale: dare voce a chi non ce l'ha o ricordare tradizioni, usanze, mondi antichi che non dovremmo perdere. Spesso solo dopo, a posteriori, mi concedo di elaborare davvero ciò che ho vissuto e non è sempre facile ma fa parte del gioco, e lo accetto. Ogni persona che ho incontrato mi ha lasciato qualcosa, e io spero, davvero, di aver lasciato a quella persona un senso profondo di ascolto e rispetto. E se questo ha delle "conseguenze" ben venga - l'empatia è una fra le cose più belle al mondo.
Una vista della discarica di Dandora, in Kenja
Quanto dà in più o di diverso una fotografia rispetto a un articolo, un editoriale, un saggio? 
Fotografia e parola possono essere complementari: io amo mescolare immagine e narrazione. Quindi per me è un modo per amplificare il messaggio. Non parlerei dunque di "più" o di "meno" ma di un mezzo di comunicazione più articolato e in alcuni casi necessario per raccontare una storia.
Ci sono particolari soggetti che ti interessa fotografare?
Non ho soggetti in particolare, come dicevo il mio lavoro è quello di raccontare storie. Ma posso dire una cosa: in quasi tutte le mie foto, anche quando non presente, l'elemento umano si intuisce.
Sei d'accordo con questa citazione? Non fai solo una fotografia con una macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito, e le persone che hai amato. (Ansel Adams)
Questa citazione di Ansel Adams la utilizzo spesso, è un mio mantra. E la propongo ai miei studenti quando tengo corsi o workshop. Non esiste solo la fotografia: c'è un mondo intero da esplolare e conoscere fatto di letteratura, storia, filosofia, pittura, cinema...vita, insomma. Quanto più conosci, tanto più le immagini che produrrai saranno ricche e piene di senso. Giovanni Zambito.
Fattitaliani

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