Fino a domenica 8 settembre 2019 al Cifa di Bibbiena è possibile visitare la mostra fotografica “Il Mondo nell’obiettivo. I fotografi delle Ong” curata da Claudio Pastrone in collaborazione con Giovana Calvenzi e Giuseppe Frangi. L'esposizione vede coinvolte più Ong e fotografi tra cui Tanino Musso con il progetto "I create my self: Annitwe Tabitha". Fattitaliani lo ha intervistato.
Tanino, come ti presenteresti ai lettori di Fattitaliani come persona e fotografo?
Ho sempre avuto una grande passione per la fotografia, ho lavorato 40 anni come inviato al TG della RAI, adesso ho 67 anni, sono in pensione, e metto a disposizione le mie competenze in varie attività sociali. Da diversi anni collaboro con una scuola di italiano per stranieri a Milano, nell’ambito della rete scuole coordinate dall’ufficio per la Pastorale dei Migranti. Questa rete comprende circa un centinaio di scuole, che offrono lezioni di italiano gratuite e occasioni di incontro, solidarietà, Integrazione. Personalmente vi collaboro come insegnante e documentarista fotografico. Negli ultimi 15 anni ho sperimentato il valore del ritratto fotografico, in particolare in quegli ambiti dove le persone vivono una condizione di marginalità e anonimato Nella mia vita professionale ho visto di tutto in giro per il mondo, dalle guerre alle firme per la pace, paesaggi straordinari e altri desolanti, il mio sguardo non è mai rimasto indifferente verso l’Altro.
Quali elementi hai tenuto costantemente presenti nel tuo percorso umano e professionale?
Pur mantenendomi fedele alla realtà che avevo di fronte, ho scelto di non indugiare mai sul sangue o sul dolore dei volti delle persone colpite da eventi tragici. Anche laddove sembrava non esserci alcuna possibilità di speranza, ho cercato un elemento capace di dare uno spiraglio alla luce.
Ci puoi raccontare la storia di "I create my self: Annitwe Tabitha"?
Nel 2018 con mia moglie ed una collega della RAI abbiamo realizzato un progetto condiviso con la ONG AVSI, in una scuola situata in una enorme slum nella periferia di Kampala. Progetto dal titolo “I create myself” sviluppato attorno al tema dell’identità attraverso il ritratto fotografico. Il progetto oltre a sviluppare le capacità percettive e creative tramite l’utilizzo di attività manuali e pittoriche, ha introdotto l’uso della fotografia. Obiettivo è stato quello di dare lo spunto ad un lavoro sulla valorizzazione dell’identità, la riflessione sulla propria unicità e irripetibilità partendo dall’immagine di sé.
I bambini hanno mostrato entusiasmo, curiosità, stupore per il fatto di essere protagonisti di quel momento nuovo e dell’intento in esso contenuto. Scopo del progetto è stato quello di avviare lavoro sull’identità che potesse essere proseguito liberamente e creativamente durante l’anno, integrandolo alle consuete attività didattiche.
Il workshop voleva essere un punto di partenza e si è rivelato una concreta conferma dell’intuizione che per i bambini il possedere una proprio foto, la bozza di un “libro” che parla di loro, rappresenta l’opportunità concreta di riflettere sul proprio valore, determinato dal fatto che sono veramente unici e irripetibili.
Annitwe Tabitha (nella prima foto) è il nome di uno dei bambini coinvolti, i bambini di questa scuola dello slum di Kireka, Kampala, riescono a frequentare grazie all’adozione a distanza.
Come vivi le recenti notizie sulle ONG spesso trattate con toni polemici e violenti?
Il clima che è stato creato attorno alle ONG, lo vivo con molto dissenso. Ho visto al lavoro in giro per il mondo le ONG e i miracoli che fanno per rendere la vita più umana a persone che hanno bisogno o hanno perso tutto per la follia della guerra, delle carestie, dei cambiamenti climatici, delle politiche contro le minoranze.
Quanto e quando riesci a registrare e immortalare un evento controllando eccessivo coinvolgimento ed emozione?
Controllare l’emozione documentando quello che vedi, è un esercizio che richiede esperienza. Anche quando si è imparato a farlo rimane il coinvolgimento umano, perché il coinvolgimento è una questione di cuore. Molti anni fa ho girato uno sterminato campo profughi ai confini della Somalia ed Etiopia, avvolto da una polvere rovente, alcune mamme e bambini avevano delle taniche gialle per l’acqua desolatamente vuote, vorresti aiutarli ma non puoi, quegli sguardi mi sono rimasti impressi per sempre.
Quanto dà in più o di diverso una fotografia rispetto a un articolo, un editoriale, un saggio
Credo per esperienza che anche una sola immagine o una ripresa video si imprime nella memoria molto più qualunque articolo e tuttavia la parola talvolta si rende necessaria.
Ci sono altri soggetti che ami particolarmente ritrarre?
Nelle mie ricerche fotografiche il paesaggio urbano è quello che ha maggiore spazio, le ombre e i contrasti di luce mi hanno sempre coinvolto.
Sei d'accordo con questa citazione? ti piace? "Delle volte arrivo in certi luoghi proprio quando Dio li ha resi pronti affinché qualcuno scatti una foto". (Ansel Adams)
Conosco bene il lavoro di Ansel Adams, condivido pienamente questa riflessione. Vi sono paesaggi di infinita bellezza che ti obbligano a cercare una risposta al di fuori di te. Giovanni Zambito.