Nadia
Terranova, “Addio fantasmi”,
Einaudi Ed, Torino, 2019 - RECENSIONE di
Paola Milicia
A
coloro che folgorati dalle promettenti aspettative del titolo - una
garanzia, o forse più una speranza, che le paure, le delusioni, la
solitudine, i dolori di cui tutti siamo afflitti, possano
definitivamente congedarsi - va l’ammonimento di diffidare della
semplicità con cui liquidiamo le escrescenze della vita. Sì, perché
il libro, scritto con una voce scavante capace di suscitare un
effetto ipnotico nel lettore, compie una ricostruzione dolorosa e
minuta di quell’apparato VITA,
a volte scivoloso e intangibile, di cui siamo prigionieri o
rifugiati, perché ancorati più alla infelicità che non alla
felicità, più alle forme statiche e rassicuranti di certi modelli
di vita che non alla trasformazione di cui siamo pure capaci. Con
essa, alla liquidazione, appunto, di certe esperienze che trattiamo
come fossero le Sacre
Scritture.
Il commiato col passato, che si svela nelle ultimissime battute, dopo
che il personaggio ha attraversato la dura prova della maturazione, è
ritardato da una sequenza descrittiva, e quasi animata, di ricordi.
L’umanizzazione collettiva degli oggetti (anche gli oggetti hanno
una vita, un destino preciso nella storia di Ida), ai quali si
conferisce una presenza parlante e rivelatrice, invece di esorcizzare
i fantasmi, sembra volerli portare in vita con una precisione
maniacale che ci viene in soccorso con la stessa amarezza di una
medicina. Tutto si anima fino a comporre una memoria del dolore
eterna e palpabile: le solitudini sono “abitate”,
le voci fanno “esistere
tutti, compresi il portaombrelli e l’inginocchiatoio in noce”,
le ore hanno un colore, le cose hanno un volume e un peso specifico.
È qui, in questa risalita che si svela il valore curativo del
romanzo: nelle pagine che pure abbondano di riflessioni
sull’incomunicabilità, sull’ineluttabilità del tempo,
sull’inafferrabilità degli altri c’è anche la vita, quella vera
e forse quella più bella. Se fosse un bugiardino: lasciare fuori la
portata dei bambini.
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Paola
Milicia