di Andrea Giostra.
Arriva
in libreria (e sulle principali piattaforme digitali) “Lo schermo e la mente.
Note di cinema, psicologia e psichiatria per studenti e operatori della salute
mentale” di Massimo Lanzaro (Mimesis Editore, 14,00 euro). Lo psichiatra e
scrittore parte da un film per raccontare le tante tematiche della psiche ed
esemplificare il processo diagnostico, un lavoro degno di nota per gli addetti
ai lavori e, al tempo stesso, interessante e di facile lettura per chi si
affaccia per la prima volta alla materia e per i familiari dei pazienti con
disturbi psichiatrici. In più, sono pagine ricche di spunti insoliti per gli
appassionati di cinema. È un libro da sfogliare tutto d’un fiato o da
consultare all’occorrenza, visto che, come scrive Gilberto di Petta nella Presentazione,
“nelle sue centocinquanta pagine non trascura veramente alcun angolo della
psicopatologia”.
Biografia
Gia
Primario del Royal Free Hospital di Londra, Massimo Lanzaro è responsabile del
Settore Prevenzione del Dipartimento di Salute Mentale Asl Na 2 Nord. È autore
di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche a livello nazionale ed
internazionale.
dalla
Prefazione
Quando
e come mi sono appassionato di cinema? Come molti fin dai tempi
dell’adolescenza. C’è tuttavia un momento che ricordo particolarmente: quando
ho visto per la prima volta il film “Ricomincio da capo” (“Groundhog Day”) nel
lontano 1993. Mi colpì il fotogramma in cui c’è̀ Phil Connors (Bill Murray), il
protagonista, che ha lo stesso nome della marmotta, cioe Phil. Pensai che forse
poteva essere una coincidenza, però visto che la tradizione dice che la
marmotta deve vedere la sua ombra per predire futuri giorni d’inverno o meno,
mi venne in mente il costruttto di “ombra” secondo Jung e, mi dissi, la storia
ha in fondo a che vedere con un narcisista che ignora (non vede) la sua
“ombra”. Per diletto allora sviluppai questa idea e scrissi un pezzo sulla Carl
Gustav Jung Page di San Francisco, intitolato “sull’archetipo dell’ombra nel
film Groundhog Day”. Le mie osservazioni furono inaspettatamente riprese con un
certo entusiasmo da uno sceneggiatore americano, Scott Meyers, che scrisse sul
suo blog personale della mia analisi: sebbene un po’ overblown, un po’
pretenziosa, esagerata, in conclusione avvalorava la mia “tesi”, perché “Phil
il protagonista e Phil la marmotta intenzionalmente o no hanno lo stesso nome e
questa probabilmente non è una coincidenza”. Questa sorta di conferma mi
incoraggiò non poco, ma ancor di più mi colpì l’intervista con il regista del
film, Harold Ramis che a quanto pare, venni a sapere, non era a digiuno di
psicologia analitica. In essa (facilmente reperibile su Youtube) dice una cosa
interessantissima: che moltissimi gruppi di persone si sono “rispecchiati nel
suo film”: buddhisti, cristiani, ebrei, persino gli psicoanalisti avrebbero
detto che “il film è una metafora della loro disciplina”. Quindi forse il suo
costrutto ha qualcosa di universale, come gli archetipi intesi in senso
“Junghiano”; un costrutto in cui tante ideologie diverse si erano comunque
univocamente identificate.