Francesco Loliva, fotografo e cardiologo… «non è la macchina bella e costosa che fa lo scatto perfetto; ma siamo noi, con le nostre emozioni e capacità a catturare l’immagine perfetta.»

Intervista di Andrea Giostra.
Ciao Francesco, benvenuto e grazie per la tua disponibilità. Se volessi presentarti ai nostri lettori cosa racconteresti di te quale artista della fotografia?
Ciao, grazie a te per questa intervista. Mi piace definirmi un Cardiologo con la passione per la fotografia. Sì, è una vera passione che ho iniziato a coltivare negli anni dell’Università (ormai molto lontani) ed ho alimentato negli anni successivi quando, nonostante la mia impegnativa professione di cardiologo ospedaliero, non perdevo occasione per trascorrere un po' di tempo con la mia macchina fotografica.
In questi giorni stai partecipando ad una importantissima bipersonale ad Amburgo, presso la Galleria Werkkunst, dal titolo “CAOS: L’Aquila dieci anni dopo”, che si tiene dal 26 marzo al 26 aprile 2019, insieme alla pop artist italiana Francesca Falli. Come è nato questo progetto e quali sono i temi che affrontate e affronti tu nello specifico?
Il progetto è nato per la ricorrenza del decennale della tremenda tragedia che ha colpito L’Aquila. A settembre 2018 sono stato invitato dalla Pop Artista aquilana Francesca Falli ad interagire con lei per redigere una sorta di verbale di quella che è la situazione oggi nella sua città. Le domande che ci siamo posti sono state: Può l'Arte lenire il dolore? Può rappresentare la catastrofe generata da un terremoto di magnitudo 6.5? Può raffigurare il senso di impotenza di fronte a centinaia di morti e ad una città distrutta? È ciò che prova a fare questo progetto “CAOS: L’aquila dieci anni dopo” in cui due artisti di generi completamenti diversi fondono le loro opere. Questa bipersonale non fotografa solamente lo stato della città ma vuole offrire al fruitore della mostra lo spunto per una riflessione profonda sul dramma che hanno vissuto e che continuano a vivere gli abitanti di questa che è diventata una città fantasma. Il decennale deve essere l’occasione per fare il punto su quello che è già stato fatto di buono e del tanto che c’è ancora da fare per la ricostruzione!
Come è nata la tua passione per la fotografia e quale il percorso artistico che hai seguito?
Ormai non ricordo più come e perché mi sono trovato ad avere in mano, negli anni 70, una Lubitel 2 (biottica russa), ma ricordo benissimo che dopo i primi scatti ho capito che quello sarebbe stato il mio vero ed unico hobby! Sono stato un autodidatta, ho imparato quest’arte a mie spese, leggendo le riviste specializzate, osservando i lavori dei maestri, facendo errori dapprima grossolani per successivamente correggerli.
Come definiresti il tuo stile artistico? C’è qualche fotografo al quale ti ispiri?
Mi sono appassionato sin da subito ai paesaggi perché sono cresciuto avendo il paesaggio come risorsa, la mia terra, la Puglia “Montagnosa e rurale nel Subappennino dauno, rocciosa e arcaica nel promontorio garganico, si stende in una piana frumentosa nel Tavoliere, si fa siccitosa sulla Murgia, olivicola e mercantile sul mare, per diventare di sughero e neve a sud del capoluogo e tornare friabile e aspra nel Salento. (Raffaele Nigro)”. Ansel Adams è sicuramente il più importante paesaggista mai vissuto. La sua ricerca sulla luce è ancora oggi insuperata e i suoi scatti sono quasi impossibili da ricreare con la stessa potenza naturale e sincera. Ebbe la grande idea di immergersi nei grandi parchi nazionali americani che erano allora sconosciuti al grande pubblico. Così facendo, generò un grande interesse anche popolare nei confronti della natura e, proprio questo, secondo me, ha contribuito notevolmente a divulgare la fotografia paesaggistica.
Chi sono secondo te i più bravi fotografi nel panorama internazionale e perché?
È difficile rispondere a questa domanda perché il panorama internazionale è molto vasto. Provo a fare qualche nome. Di Ansel Adams   ho già accennato e mi piace far mia una sua celebre frase: “delle volte arrivo in certi luoghi proprio quando Dio li ha resi pronti affinché qualcuno scatti una foto”. Sebastião Salgado è considerato il più grande fotografo a livello mondiale. Il suo portfolio raccoglie soprattutto foto critiche e di denuncia. In un’intervista lui dice: "Non sono spinto dall'idea di fare foto belle o di diventare famoso ma da un senso di responsabilità: io scrivo con la macchina  fotografica, è la lingua che ho scelto per esprimermi e la fotografia è tutta la mia vita.” Henri Cartier-Bresson, probabilmente il fotografo più famoso della storia. È stato il precursore della street photography.
Chi sono stati i tuoi maestri?
I miei maestri virtuali sono stati tutti i più grandi fotografi italiani ed internazionali, mi sono nutrito delle loro opere ed ho cercato di carpirne i segreti.
Perché secondo te oggi, nel Ventunesimo secolo, l’arte della fotografia è importante?
Bisogna farsi un’altra domanda: cos’è che rende la fotografia differente da un dipinto, da una scultura o da una poesia? La risposta è che la fotografia riesce a catturare istantaneamente la realtà, catturandone la luce e le sensazioni che fanno da contorno alla scena rendendo l’immagine viva; perciò la fotografia è e rimarrà importante.
A proposito dell'arte della fotografia Alberto Moravia sosteneva che: «Il fotografo non guarda la realtà, ma la fotografa. Poi va in camera oscura, sviluppa il rullino e solo allora la guarda.» A quel punto la realtà non c'è più, ma c'è la rappresentazione della realtà che ne ha fatto il fotografo. Se è vero quello che dice Moravia, è come se il fotografo alterasse la realtà creandone una tutta sua, una realtà parallela, quella che sa creare con la sua arte, una sorta di realtà “distorta” ma al contempo “artistica”. Cosa ne pensi in proposito? Secondo questa prospettiva cos'è la fotografia per te?
Non condivido questa affermazione del grande Moravia perché una delle più importanti regole della fotografia è la composizione ed è intuitivo che per poterla applicare devi guardare bene la realtà, anche più di una volta; poi magari potrai manipolarla, modificarla e renderla artisticamente coerente con te stesso.
Gianni Berengo Gardin sostiene invece che: «Il problema è che a gran parte dei fotografi non interessa la fotografia, ma solo la loro fotografia. Non s’interessano assolutamente della fotografia degli altri. Non s’interessano minimamente di avere una cultura fotografica.» Secondo te è vero che i fotografi sono autoreferenziali e narcisisti – traduciamo così la frase di Gardin! – ed al contempo hanno poca cultura fotografica? Se sì, perché secondo te? Tu cosa ne pensi di questa affermazione?
Purtroppo penso che questa affermazione di Gardin corrisponda al vero per molti fotografi; certamente vi è una sorta di autoreferenzialità, il lavoro degli altri merita al massimo uno sguardo veloce e, magari, un like sui social; questo sguardo veloce sui lavori degli altri determina, certamente, un impoverimento del proprio bagaglio culturale. Voglio pensare che questo chiudersi in sé stessi sia figlio dell’estasi che colpisce il fotografo quando lavora alla propria opera.
Ci parli dei tuoi ultimi lavori e dei tuoi prossimi progetti?
Del mio ultimo lavoro avente per oggetto il Caos che regna a L’aquila a dieci anni dal terremoto, abbiamo già parlato. In precedenza ho fatto un altro grosso lavoro: “la Puglia dalla città ai paesaggi” un viaggio lungo 480 Km che si è materializzato in 40 opere presentate a settembre 2018 presso la Inarte Werkkunsten Gallery di Bergamo, riscuotendo un importante successo di pubblico. Per il futuro ho in programma alcune collettive a Vicenza, Stoccolma e Milano ed una personale a Caserta.
Immagina una convention all’americana, Francesco, tenuta in un teatro italiano, con qualche migliaio di adolescenti appassionati di arti visive e di fotografia. Sei invitato ad aprire il simposio con una tua introduzione di quindici minuti. Cosa diresti a tutti quei ragazzi per appassionarli al mondo della fotografia? Quali secondo te le tre cose più importanti da raccontare loro sulla tua arte?
Queste sono, secondo me, le cose più importanti da dire a questi ragazzi: ANDATE E FOTOGRAFATE! Non importa con quali strumenti, ma fotografate! Liberate il vostro spirito di osservatori, uscite per strada andate alla ricerca del mare, dei monti, dell’alba o del tramonto; fotografare vi riempirà di gioia e serenità; soprattutto fotografate per voi stessi e non per i likes che riuscirete a strappare! STUDIATE, leggete le storie dei grandi fotografi, divorate le loro immagini, vi aiuteranno moltissimo e faranno crescere in voi la passione per la fotografia. STAMPATE, altro momento importante della fotografia è la stampa, non dobbiamo accontentarci di avere le nostre foto sul PC e nel cloud; Il poter toccare la vostra opera con le mani vi darà una grande soddisfazione. Chiuderei dicendo che non è la macchina bella e costosa che fa lo scatto perfetto; ma siamo noi, con le nostre emozioni e capacità a catturare l’immagine perfetta.”

Francesco Loliva

Andrea Giostra
https://business.facebook.com/AndreaGiostraFilm/
Fattitaliani

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